Su Rossana Caccavo il Tribunale premia la linea Fnsi. Sentenza storica per l’art. 34

Giornalista licenziata: 2ª condanna per Esperia TV

Rossana Caccavo

CROTONE – Sentenza storica del Tribunale di Crotone che, confermando in primo grado il giudizio a favore della giornalista Rossana Caccavo, brutalmente messa alla porta dall’emittente Esperia TV di Crotone, mette anche ordine all’interpretazione dell’art. 34 della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti n. 69 del 3 febbraio 1963 in materia di iscrizione del Registro dei Praticanti. Ovvero sottolinea il “valore disgiuntivo della congiunzione «o» che consentirebbe di individuare nella disposizione quattro ipotesi distinte, e pertanto quelle relative ai giornali quotidiani ed ai servizi giornalistici della radio e della televisione non comporterebbero ai fini dello svolgimento della pratica il rispetto dei limiti numerici riferibili esclusivamente alle ipotesi residue (agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale e con almeno quattro giornalisti professionisti redattori ordinari; periodico a diffusione nazionale e con almeno sei giornalisti redattori ordinari)”.
“Quel che è certo – sottolinea il segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, componente della Giunta Esecutiva Fnsi – è che oltre due anni dopo il licenziamento ‘in tronco e con effetto immediato’ (avvenuto il 13 aprile 2013) e un anno dopo l’ordinanza emessa nella fase sommaria del rito Fornero, che l’ha reintegrata sul posto di lavoro (mai ottemperata dall’azienda), Rossana Caccavo incassa un’altra vittoria nel ricorso in opposizione ex art. 1 comma 51 Legge n. 92/2012, contro l’emittente televisiva Esperia TV con una sentenza che, ancora una volta, premia la linea dell’Ufficio Legale del Sindacato Giornalisti della Calabria rappresentato dall’avv. Mariagrazia Mammì e conferma la pretestuosità di un licenziamento avvenuto appena cinque giorni dopo la sua elezione a Fiduciario di Redazione, evento storico nel Gruppo Marrelli di Crotone che, fino a quel momento, non aveva mai avuto una rappresentanza sindacale. Pretestuosità grossolane, prontamente smentite dai fatti, come chiaramente osservato dal Tribunale di Crotone nella sentenza”.
“Del resto – aggiunge Carlo Parisi – non avevamo dubbi sull’esito della sentenza che, ancora una volta, rende giustizia ad una giornalista seria e preparata, cacciata da un’azienda che, avendo mal digerito la sua elezione a Fiduciario di redazione, credeva, forse, di poter gestire con arroganza e prepotenza la vita e la dignità delle persone. La stessa azienda – ricorda il segretario del Sindacato dei giornalisti – che con una mail firmata dall’attuale amministratore delegato, Lorenzo Marrelli, nei giorni scorsi è arrivata persino a «sospendere con effetto immediato» dal servizio e dallo stipendio i giornalisti «in attesa e fino a formale provvedimento di licenziamento o risoluzione consensuale» del rapporto di lavoro”.
All’epoca dei fatti, invece, amministratore della società era un’altra rampolla della famiglia Marrelli, Fabiola, cugina di Lorenzo e nipote del presidente del Gruppo e socio di maggioranza, Massimo Marrelli, marito dell’ex vice presidente della Giunta regionale della Calabria, Antonella Stasi.
Dunque, adesso, confermando il primo verdetto, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Crotone, dott. Antonio Barbetta, in totale accoglimento delle tesi difensive dell’avvocato Mariagrazia Mammì del Sindacato Giornalisti della Calabria, ha rigettato il ricorso proposto il 7 agosto 2014 da Esperia TV e condannato l’azienda al pagamento delle spese processuali liquidate in 2300 euro. Oltre ad Iva e Cpa.

L’avv. Mariagrazia Mammì

L’avv. Mariagrazia Mammì

Un licenziamento che il sindacato dei giornalisti aveva subito ritenuto “palesemente nullo sotto ogni aspetto” affidando al proprio Ufficio Legale il compito di dimostrare, ancora una volta, che “l’arroganza si batte alzando la testa per rivendicare la propria dignità, umana e professionale, e continuando a credere fermamente nella legalità e nella giustizia”.
Nella prima tappa processuale, l’8 luglio 2014, il giudice del lavoro Federica Colantonio, accogliendo pienamente la tesi difensiva dell’avv. Mammì, aveva dichiarato la nullità del licenziamento impugnato “per causa di matrimonio – art. 35 del decreto legislativo 198/2006 – nonché perché ritorsivo in quanto intimato dall’azienda in seguito all’elezione della giornalista a fiduciario di redazione di Esperia TV”.
“Il dato normativo non lascia spazio ad alcun dubbio interpretativo”, aveva, infatti, osservato il Tribunale di Crotone ordinando all’azienda di reintegrare Rossana Caccavo e di riconoscerle “il risarcimento del danno subito attraverso la corresponsione di una indennità parametrata alla retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino al giorno della riammissione in servizio, oltre interessi e rivalutazioni”.
Il Tribunale di Crotone aveva, inoltre, condannato Marrelli al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo ed alle spese legali quantificate in 2800 euro, oltre ad Iva e Cpa. Esperia TV, invece, nonostante l’esecutività della sentenza di primo grado, non ha mai reintegrato la giornalista nel posto di lavoro.
Nell’opposizione all’ordinanza, Esperia TV, difesa dagli avvocati Arnaldo Tacus e Germana Villirillo, sosteneva che “il rapporto di lavoro tra le parti era viziato da violazione di legge in quanto la lavoratrice – assunta in qualità di giornalista praticante – non avrebbe avuto i requisiti richiesti dalla legge” per essere inserita nel Registro dei praticanti dell’Ordine dei giornalisti e, di “conseguenza, il contratto sottoscritto dalle parti sarebbe nullo per violazione di legge”.
“Invero – osserva, invece, il giudice del lavoro del Tribunale di Crotone – la resistente ha effettuato un regolare periodo di tirocinio presso la redazione della Esperia…utile per l’iscrizione nel Registro dei Praticanti”.
“Infatti – a parere del giudice Barbetta – i principi giurisprudenziali offerti da parte ricorrente nell’interpretazione della norma descritta nell’art. 34 della legge n. 69/1963, non tengono conto del valore disgiuntivo della congiunzione «o» che consentirebbe di individuare nella disposizione quattro ipotesi distinte, e pertanto quelle relative ai giornali quotidiani ed ai servizi giornalistici della radio e della televisione non comporterebbero ai fini dello svolgimento della pratica il rispetto dei limiti numerici riferibili esclusivamente alle ipotesi residue (agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale e con almeno quattro giornalisti professionisti redattori ordinari; periodico a diffusione nazionale e con almeno sei giornalisti redattori ordinari)”.

Carlo Parisi

Carlo Parisi

Sul punto, il segretario del Sindacato dei giornalisti, Carlo Parisi, osserva che “al di là dell’interpretazione dell’art. 34, è stata alquanto singolare la richiesta dell’azienda per la nullità del contratto da praticante, regolarmente sottoscritto e per mesi onorato dalla stessa Esperia TV, per mancanza di requisiti che non tocca certamente al dipendente conoscere in quanto riferiti ad altri colleghi. Una decisione contraria – sottolinea Parisi – avrebbe, infatti, conferito al procedimento elementi di rilevanza penale, in quanto avrebbe messo in capo all’azienda priva del requisito di legge la facoltà di assumere praticanti e licenziarli a proprio piacimento”.
Esperia TV sosteneva, inoltre, “l’incolpevole ignoranza del matrimonio della sua dipendente, la quale avrebbe dovuto informare il datore di lavoro delle nozze imminenti” e che “il recesso sarebbe ascrivibile ad un intervento di programmata riorganizzazione aziendale mediante il quale la lavoratrice avrebbe rifiutato di effettuare il servizio nella zona di Cosenza e non più in quella di Crotone, tanto da far discendere il provvedimento di recesso da parte della società”.
“Sul licenziamento a causa di matrimonio – osserva il Tribunale di Crotone – Esperia TV ha dedotto di aver legittimamente assunto il provvedimento espulsivo della dipendente, motivato da un giusto motivo dovuto alla crisi economica che l’azienda ha attraversato in quel periodo e dall’asserito rifiuto della dipendente di prestare il servizio nella zona di Cosenza in luogo della zona di Crotone, e non a causa di matrimonio – come motivato dal Tribunale nella fase cautelare – in quanto circostanza sconosciuta al datore di lavoro. Dalla documentazione in atti emerge con certezza – sottolinea il giudice Barbetta – che la Esperia (anche se è sufficiente il criterio presuntivo ex art. 1 L. n.7/1963 e art. 35 D.lgs n. 198/2006) ha avuto conoscenza delle imminenti nozze della Caccavo con mail, indirizzate a Marrelli Massimo azionista di maggioranza del gruppo di cui fa parte la ricorrente, già all’inizio del febbraio 2013 e ribadito nel marzo 2013. Pertanto, in ossequio alla normativa richiamata, la ricorrente non avrebbe dovuto procedere al licenziamento della dipendente a causa di matrimonio (dissimulando un licenziamento per giusto motivo oggettivo) proprio nel periodo in cui aveva avuto conoscenza del matrimonio della lavoratrice o comunque avrebbe potuto avere già notizia delle nozze alla luce delle pubblicazioni avvenute il 4 aprile 2013 e della loro celebrazione del 20 giugno 2013. Ne discende l’illegittimità del provvedimento di recesso – adottato dal datore di lavoro fuori dai casi espressamente previsti dalla legge – in applicazione al principio di presunzione assoluta richiamato nella fase cautelare, in aderenza alla linea tracciata dalla giurisprudenza di legittimità in materia, dinanzi alla presenza sia del requisito della conoscenza del potenziale matrimonio che della sua effettiva celebrazione, avvenuta il 20 giugno 2013”.
Infine, per il Tribunale di Crotone “la paventata crisi aziendale non è idonea a giustificare l’allontanamento della lavoratrice, condividendo gli argomenti utilizzati dal primo giudice; inoltre, il dedotto rifiuto della dipendente di non volere spostare il suo servizio in una zona differente dalla provincia di Crotone non facendo parte del giusto motivo oggettivo posto a base del licenziamento, unitamente a ragioni che avrebbero potuto giustificare un licenziamento per giusto motivo soggettivo (incapacità nell’esercizio della professione), non saranno oggetto di valutazione”.(giornalistitalia.it)

Chi è Rossana Caccavo
Giornalista pubblicista dal 2007, ha lavorato nell’emittente crotonese dal 2011 senza regolare contratto e dal 10 luglio 2012 con contratto di lavoro giornalistico Fnsi-Aeranti-Corallo, full time a tempo indeterminato, con la qualifica di praticante. Eletta fiduciario di redazione l’8 aprile 2013, appena cinque giorni dopo l’elezione è stata licenziata in tronco dalla rampolla della famiglia Marrelli, nonostante le pubblicazioni, il 4 aprile, del matrimonio, celebrato il 20 giugno successivo.
Licenziata oralmente, “con effetto immediato”, il 13 aprile 2013 e, due giorni dopo, con una lettera di dieci righe, consegnata a mano, “per giustificato motivo oggettivo” con un’assurda motivazione: “riduzione dei costi generali di impresa per lenire le costanti perdite d’esercizio”.
Il 17 novembre 2014 è stata eletta consigliere regionale del Sindacato Giornalisti della Calabria e dal 15 giugno scorso è giornalista professionista dopo aver superato brillantemente l’esame di Stato per l’idoneità professionale. (giornalistitalia.it)

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2 commenti

  1. Complimenti a Rossana e al sindacato.

  2. Filippo Diano - Consigliere regionale Ordine Giornalisti della Calabria

    Auguri alla collega Rossana Caccavo, che ha avuto il coraggio di difendere la propria dignità, e non solo quella professionale. Complimenti all’avvocato Mariagrazia Mammì che svolge il suo lavoro con molta puntigliosità e passione, visti i frequenti risultati positivi.
    I complimenti a Carlo Parisi, per avere costruito una “piccola macchina da guerra”, un’efficace struttura di servizio e di riferimento per i giornalisti calabresi, non sono….necessari, ma li merita comunque.
    Infine, una brevissima riflessione: c’è un attacco generalizzato a tutto il sistema contrattualistico che regola il lavoro dipendente. La tendenza di tutti i governi è di spezzettare definitavamente i Contratti collettivi nazionali di lavoro per spingere il più possibile verso accordi diretti tra dipendenti e datori di lavoro, nel nostro caso, gli editori. Gli editori hanno ormai un peso politico ed economico da strapotere, fuori dimensione rispetto ai circa 15 mila giornalisti italiani. Molto spesso, contrariamente alla tradizione anglosassone (ma Sky ha molto debilitato questo assunto), non sono “editori puri”, ma bracci armati di autentiche holding multinazionali che utilizzano centinaia di avvocati ultra specializzati contro chi chiede rispetto per il proprio lavoro. Eppure… un Contratto nazionale, la bravura dell’avvocato Mammì e la caparbietà di Carlo Parisi, anche stavolta, hanno avuto la meglio. Chapeau!

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