Senza sosta l’inchiesta sulla diffusione di quotidiani, riviste e libri su Telegram

Rispuntano i giornali pirata, stop a 114 canali

BARI – Per ogni canale Telegram che viene chiuso, se ne apre un altro con un nome diverso ma la stessa attività illecita di diffusione di pdf pirata di migliaia di libri, giornali e riviste. Fino ad oggi sono 114 quelli scoperti e sequestrati dalla Procura di Bari. Un numero che aumenta di giorno in giorno.
Dopo il primo sequestro d’urgenza eseguito dalla Guardia di Finanza il 27 aprile con la chiusura di 20 canali, in pochi giorni ne sono stati individuati altri 94. All’esito del monitoraggio quotidiano che i finanzieri, coordinati dal procuratore aggiunto di Bari, Roberto Rossi, stanno facendo in collaborazione con la Fieg, vengono segnalati di volta in volta a Telegram i nuovi canali illeciti aperti, e la società di Dubai prontamente li blocca.
Un’inchiesta, quindi, tutt’altro che conclusa, anche perché restano da identificare gli autori dei reati ipotizzati dalla magistratura barese, riciclaggio, ricettazione, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, furto e violazione della legge sul diritto d’autore.
«I riscontri finalizzati all’identificazione del soggetto titolare del canale, al quale ricondurre la responsabilità circa l’illecita immissione del file piratato – spiega la Procura nel provvedimento di sequestro – hanno dato esito negativo, in quanto sia il titolare del canale che gli iscritti non sono identificabili in alcun modo. Né tantomeno è stato possibile identificare il soggetto che ha inserito i contenuti digitali nel canale».
L’inchiesta è stata avviata dopo la denuncia della Federazione italiana editori giornali (Fieg) presentata il 10 aprile all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), che a sua volta si è rivolta alla Procura per l’impossibilità ad agire efficacemente senza un provvedimento dell’autorità giudiziaria.
Gli investigatori hanno, così, ricostruito il meccanismo illecito di pirateria digitale. Gli utenti, ignoti, si “univano” ai canali avendo così accesso ai file, in cambio della “cessione dei dati personali a fine pubblicitario”.
Le indagini hanno accertato che «sulla app Telegram, scaricabile da chiunque senza alcun costo su smartphone, tablet e pc, sono presenti diversi canali che mettono a disposizione degli iscritti, in tempo reale, gratuitamente o pagando pochi euro al mese, quotidiani, settimanali, mensili, riviste periodiche, in formato digitale, normalmente disponibili per gli utenti interessati soltanto dietro il pagamento di un corrispettivo».
Un fenomeno di «proporzioni talmente vaste e preoccupanti» evidenzia la Procura, con un danno stimato al settore dell’editoria attorno ai 670 mila euro al giorno (250 milioni di euro all’anno) e che «presenta una gravità particolare perché incide sulla tutela costituzionale della libertà di pensiero, base di ogni democrazia». (ansa)

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