Le ragioni del No allo sciopero del 6 maggio. Bufera sulla domanda fuori luogo di Zanchini

UniRai: “Asfissiante è chi non tollera il pluralismo”

La delegazione UniRai Figec Cisal che ha firmato il protocollo con la Rai: Sara Verta, Andrea Romoli, Antonella Gurrieri, Elisabetta Abbate, Lorenzo Lo Basso, Carlo Parisi, Francesco Palese, Pierluigi Roesler Franz, Pilar Ottoz e Sergio De Nicola

ROMA – «A poche settimane dal rinnovo dei vertici e in piena campagna elettorale per le elezioni europee viene annunciato uno sciopero dei giornalisti. Questo dopo mesi di polemiche, in moltissimi casi strumentali, sulla Rai. UniRai ha deciso di non aderire allo sciopero del 6 maggio perché non vuole prestarsi alle varie operazioni esclusivamente politiche in atto intorno all’azienda».
Il Consiglio direttivo di UniRai – Figec Cisal, guidato dal segretario Francesco Palese, annuncia così la presa di distanza dallo sciopero indetto da Usigrai – Fnsi sottolineando che «di asfissiante c’è chi non si rassegna al pluralismo in Rai e insieme a qualche partito soffre la fine del monopolio».
UniRai Figec Cisal, nel confermando di «non aderire allo sciopero politico», ribadisce la propria azione sindacale sui temi del lavoro e della professione: «Siamo contrari al piano aziendale di accorpamento di alcune testate. Per questo motivo non abbiamo esitato a scioperare lo scorso 25 marzo, con un’adesione di oltre il 90% tra i nostri iscritti del Giornale Radio».

Francesco Palese, segretario UniRai

«Siamo e saremo – sottolinea UniRai Figec Cisal – in prima linea per la stabilizzazione dei precari e per un giusto contratto per chi opera nei programmi, così come saremo vigili perché il nuovo accordo sul premio di risultato, oltre ad avvantaggiare l’azienda con il ricorso a strumenti a tassazione agevolata, non penalizzi nessuno dei giornalisti, indipendentemente dal reddito. Tutte rivendicazioni serie, come la richiesta di apertura delle trattative per il rinnovo del contratto integrativo, che uno sciopero evidentemente politico e strumentale rischia solo di svilire e depotenziare».
Il Consiglio direttivo di UniRai Figec Cisal ha, intanto, convocato per venerdì 3 maggio, alle ore 15, la seconda Assemblea Generale degli iscritti alla quale parteciperà il rappresentante dei dipendenti nel Cda della Rai, Davide Di Pietro, ricandidato a ricoprire questo ruolo.

Davide Di Pietro, Cda Rai

«Di Pietro – evidenzia Unirai – si è sempre dimostrato rispettoso delle nostre posizioni e disponibile al dialogo. Per noi sarà un piacere confrontarci, anche in futuro».
Infine, sulle polemiche suscitate dalla domanda (“Lei è ebrea?”) del giornalista Giorgio Zanchini, conduttore di “Radio Anch’io” su Radio Rai, alla senatrice di Fratelli d’Italia, Ester Mieli, nella puntata del 24 aprile, UniRai rileva che è la prova che «non c’è nessun controllo asfissiante su nulla e ognuno è libero di fare quello che vuole, comprese le domande totalmente fuori luogo. C’è invece la tecnica, ormai abusata, di montare casi e polveroni sul nulla come le censure immaginarie, mentre si attuano vere e proprie ronde mediatiche, politiche, sindacali, nel tentativo di limitare la libertà di espressione e pensiero anche rispetto a personali obiezioni di coscienza».

Ester Mieli (FdI)

«Ci rattrista – aggiunge UniRai Figec Cisal – vedere in queste ore qualcuno che anziché guardare ai propri guai interni cerca di delegittimare un sindacato che ha tutte le carte in regola per far sentire la sua voce. Piaccia o meno, si chiama pluralismo. La firma del protocollo di relazioni industriali e sindacali dello scorso 19 aprile ci permetterà di avere voce in capitolo su tutte le questioni aperte in azienda, dal rinnovo dell’accordo sullo smart working, alle trattative per il nuovo accordo sul premio di risultato. Passando per la fase 2 e la carenza degli organici».
A condannare “l’inopportunità” della domanda di Zanchini anche la politica e non solo del centrodestra.

Barbara Floridia (M5S)

La sen. Barbara Floridia (M5S), presidente della Commissione di vigilanza Rai, «a nome di tutta la commissione di vigilanza, all’unanimità», ha espresso «piena solidarietà alla senatrice Ester Mieli per quanto accaduto in una trasmissione radiofonica della Rai. Sentirsi rivolgere una domanda diretta sulla propria fede religiosa rappresenta una violazione della sfera più intima, resa ancora più grave dall’intenzione, da parte del giornalista, di connettere l’opinione della collega al suo credo religioso».
Solidarietà anche dal leader di Azione, Carlo Calenda, che trova «insensato, illogico e inaccettabile che per esprimere la propria opinione sia necessario precisare il proprio credo» e dall’on. Maria Elena Boschi (Italia Viva), vicepresidente della commissione di vigilanza Rai, la quale ricorda che «un parlamentare della Repubblica giudica le proteste nelle università e nelle piazze sulla base della politica e della legge, nulla c’entra la religione che si professa. Stupisce pertanto la richiesta del giornalista di esplicitare la propria confessione prima di commentare i fatti di questi giorni».

Carlo Calenda (Azione), Maria Elena Boschi (Italia Viva) e Francesco Verducci (Pd)

Anche il sen. Francesco Verducci (Pd), componente della Commissione di Vigilanza Rai, esprime «piena vicinanza e solidarietà alla senatrice Ester Mieli, a nome mio personale e a nome di tutto il gruppo del Partito Democratico, per quanto accaduto in una trasmissione radiofonica Rai. Catalogare una persona in base al proprio credo religioso è qualcosa di pericoloso e inaccettabile, verso qualunque persona e qualunque credo religioso.

Giorgio Zanchini

Nel clima che viviamo, di continua stigmatizzazione che alimenta pregiudizi, disinformazione e discriminazioni è fondamentale avere un linguaggio di rispetto, che non sia e non appaia contundente. Per questo abbiamo chiesto che la Commissione di Vigilanza svolga una sessione di lavoro su linguaggio inclusivo e non discriminatorio, tanto più importante in occasione delle campagne elettorali».
Dal canto suo, Zanchini, interpellato dal quotidiano Il Foglio, ha chiesto scusa alla senatrice Ester Mieli, respingendo le accuse di antisemitismo: «Ho vissuto quattro anni a casa di ebrei, sono stato inviato, embedded, con l’esercito israeliano. Sono un amico di Israele. Lo rimango e lo sarò sempre». (giornalistitalia.it)

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