Ciulli (Google): “All’inizio eravamo contrari, ma la direttiva approvata sembra che funzioni”

Moles: “Il copyright afferma un principio sacrosanto”

Giuseppe Moles, sottosegretario all’informazione e all’editoria

MILANO – «Quello che abbiamo voluto affermare con la legge sul copyright è un principio sacrosanto, il diritto di ricevere un giusto compenso per un prodotto editoriale. Avrei potuto optare per una formulazione normativa molto simile al modello australiano e, invece, ho scelto insieme a tutto il governo di introdurre non l’obbligo di arrivare a un contratto, ma l’obbligo di negoziazione in buona fede». Lo ha dichiarato il sottosegretario all’informazione e all’editoria, Giuseppe Moles,  intervenendo al convegno “Il nuovo diritto connesso degli editori nella direttiva copyright (2019/790)”, oggi pomeriggio a Milano, nella Sala Pirelli del Consiglio regionale della Lombardia, su iniziativa della Camera Avvocati Industrialisti.
«Ritengo – ha spiegato Moles – che la formulazione italiana possa semplificare il raggiungimento degli accordi tra le parti, ma abbiamo anche previsto che, in caso contrario, ci si possa rivolgere al giudice ordinario. Io sono fiducioso e ritengo che questo accadrà sempre meno perché credo che sia interesse primario dei soggetti coinvolti chiudere l’accordo e farlo nel minor tempo possibile». Dal canto suo, il consigliere di Moles per la definizione delle Politiche di rilancio del sistema editoriale italiano, Angelo Maietta, ha osservato che «l’Italia adotta un modello un po’ diverso rispetto ai modelli di copia conforme e pedissequa delle normative della direttiva sul copyright e questo è un punto di orgoglio per il governo italiano. Siamo, evidentemente, in presenza di un nuovo diritto, che è un diritto soggettivo, e deriva per induzione, nel senso che assicura tutela e protezione».

Angelo Maietta

Diego Ciulli di Google Italia ha, invece, sottolineato che «per comprendere bene la direttiva europea sul copyright occorre, innanzitutto, capire in che modo le piattaforme digitali siano competitor e in che modo siano partner del mondo dell’editoria. La verità è che non esiste una risposta univoca, ma tutto dipende dal modello di business di ogni singola piattaforma e dal comportamento degli utenti. Il fatto è che ognuno con i suoi modelli di business deve monetizzare qualcosa, ma in questo caso, essenzialmente, si monetizza attenzione. Pertanto, è evidente che se un modello di business si basa sul fare uno scroll su ciò che pubblicano gli amici, anziché leggere le notizie, si compete sull’attenzione perché in quel momento si potrebbe fare altro».
«Il mestiere di Google – ha spiegato Ciulli –  è far trovare alle persone quello che stanno cercando. Dunque, rispetto alle piattaforme che hanno un modello di business che mira a far rimanere il più possibile online le persone, il nostro compito è completamente all’opposto. E questo è un punto nodale».

Diego Ciulli

A giudizio di Ciulli «noi viviamo bene in un ecosistema in cui l’editoria sta bene. Perché noi abbiamo interesse affinché il sistema dell’editoria funzioni bene online, anche perché se non abbiamo niente da linkare le persone non vengono su Google. E portando le persone a leggere notizie e contenuti, portiamo traffico agli editori. Basti pensare che ogni mese, più o meno, portiamo 24 miliardi di visite ai siti degli editori».
Entrando nel merito della direttiva europea sul copyright, Ciulli ha affermato che «è stata approvata e, elemento di stupore, sembra che funzioni. Ci si aspettava una fase post-direttiva di terribile contenzioso, ma nei Paesi in cui è stata implementata ha portato nei rapporti una certa serenità, a parte qualche eccezione. Quel che è più importante, è che oggi Google ha chiuso oltre 300 accordi con gli editori nei Paesi in cui è stata implementata e dunque, obiettivamente, la direttiva sta portando dei frutti». Ciulli ha ammesso che «nella fase iniziale abbiamo aspramente criticato la direttiva, dando vita anche a un confronto acceso in sede europea, che ha portato a risultato che non ci convinceva, ma ormai tornare su quell’argomento credo sia abbastanza inutile».
«L’Italia ha adottato una implementazione particolare non strettamente allineata con la lettera della direttiva europea. E all’Agcom è stata assegnata una grande responsabilità, nel senso che molti aspetti concreti vengono demandati al regolamento con cui l’Autorità dovrà definire e chiarire alcuni aspetti fondamentali dell’attuazione pratica della direttiva. Noi vogliamo essere parte attiva di questo processo, partecipando alla consultazione pubblica che verrà attuata, con lo spirito di chi vuole contribuire a far uscire un regolamento che favorisca gli accordi tra piattaforme e editori». (giornalistitalia.it)

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