Il 26 gennaio 1979 salutò per l’ultima volta gli “uomini del Colorado”: fuori c’era Bagarella

Mario Francese: 41 anni dopo vive il suo esempio

Mario Francese

ROMA – “Uomini del Colorado, vi saluto e me ne vado”. Era questo il modo di salutare i colleghi della redazione del “Giornale di Sicilia” prima di tornare a casa dopo la giornata di lavoro. Mario Francese li salutò così anche la sera del 26 gennaio del 1979, quando, nel tornare a casa, Leoluca Bagarella lo aspettava per ucciderlo con un colpo di pistola. Una vita spezzata, come quella di tanti colleghi giornalisti, il cui anniversario della morte ripropone temi scottanti riguardanti la professione, soprattutto di chi ha dentro il valore della verità in una notizia.
Una storia tristemente analoga a quella di Cosimo Cristina, Giovanni Spampinato, Mauro De Mauro, Pippo Fava, Mauro Rostagno, Giuseppe Alfano, Peppino Impastato, Giancarlo Siani, Carmine Pecorelli e tanti altri e a quella di coloro che sono stati uccisi dalle BR, come Carlo Casalegno e Walter Tobagi o mentre documentavano assurdi conflitti, come Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Maria Grazia Cutuli, Antonio Russo, Marcello Palmisano, tanto per citarne alcuni.
Il mondo del giornalismo italiano ha pagato e continua a pagare a caro prezzo la libertà d’informazione e non c’è giorno in cui non si legga di aggressioni e minacce per decine e decine di colleghi, e molti vivono nel terrore e sotto scorta. I numeri di questi ultimi anni sono impressionanti, la categoria viene difesa strenuamente dalla Fnsi, ma ancora non basta.
Mario Francese aveva 54 anni, tanta gavetta alle spalle, aveva lasciato un posto di lavoro tranquillo all’Ufficio Stampa dell’Assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Sicilia per fare il giornalista “di strada”, quello della cronaca, e in seguito si era occupato di mafia, della Strage di Ciaculli, dell’uccisione del collega Cosimo Cristina, del processo ai corleonesi del 1969 a Bari, dell’omicidio del Colonnello dei Carabinieri Giuseppe Russo ed era stato l’unico giornalista a intervistare la moglie di Totò Riina, Antonietta Bagarella.
Attraverso le sue inchieste era riuscito ad approfondire i meccanismi della sofisticata macchina dell’organizzazione mafiosa, le famiglie, l’evoluzione del fenomeno e i legami con il mondo finanziario.
Andava fatto fuori, e quella sera salutò gli “uomini del Colorado” per l’ultima volta, andandosene, per sempre, ma rimanendo un mattone importante per il mondo dell’informazione, oltre che un esempio di onestà intellettuale. (giornalistitalia.it)

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