Lettera del Cdr della Gazzetta del Sud. Parisi (Fnsi): “Ognuno faccia la propria parte”

Professione giornalista, occorre l’impegno di tutti

Gazzetta del SudMESSINA – Le gravi minacce al collega Michele Albanese sono l’inquietante conferma dell’intolleranza mafiosa verso chi esercita il mestiere di giornalista con scrupolo e coraggio professionale. Le contromisure di sicurezza, adottate con tempestività investigativa, sono la prima risposta a una preoccupante escalation intimidatoria. Ma tutto ciò non basta.
Occorre interrogarsi in un’ottica più ampia, con l’obiettivo di creare – in particolare nella categoria dei giornalisti, dentro uno scenario editoriale sempre più vischioso – anticorpi che possano configurare una rete sociale, uscendo – nel rispetto delle regole – da logiche isolazioniste e da rituali convegnistici.
Uno “scudo” protettivo in grado di funzionare anche come deterrente nei confronti di chi vuole condizionare la libertà di stampa. Può essere lo spunto di una riflessione che naturalmente deve estendersi a tutte le forze sane della società.
Una notizia scomoda è, per l’opinione pubblica, un tassello di verità indispensabile a formare una più consapevole coscienza civile. Informare con passione e onestà intellettuale comporta dei rischi, ma in democrazia non si può derubricare il dovere etico in passerella di veline.
Al collega Albanese la nostra sincera solidarietà. Al sindacato dei giornalisti l’invito a farsi promotore di un’analisi in grado di prospettare garanzie più forti per i colleghi che quotidianamente si espongono nel nome di un’informazione senza padrini.


Il Comitato di redazione della Gazzetta del Sud
Antonio Siracusano
Francesco Celi
Max Passalacqua
Paolo Toscano

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Cari Colleghi, prendo spunto dalla vostra lettera – che condivido in toto – per ricordare a tutti noi che ognuno deve fare la propria parte. Il Sindacato dei giornalisti – da anni – la fa quotidianamente (e nelle sedi deputate), ma spesso chi dovrebbe informare “con passione e onestà intellettuale”, come giustamente ricordate, “buca” volutamente le notizie o le ridimensiona o – peggio – ne stravolge il senso, riferendo bianco laddove è chiaramente nero.
 O, ancora peggio, infarcisce – purtroppo spesso anche in buonafede – i giornali di veline e “redazionali” a pagamento, mascherati da articoli, solo perché “bisogna riempire le pagine”.
La strada – è vero – è ancora lunga, ma – come ha riferito appena ieri il collega Lucio Musolino alla Commissione Parlamentare Anfimafia – il Sindacato dei giornalisti è stato sempre al fianco suo e di tutti i colleghi che, in Calabria come nel resto d’Italia, fanno semplicemente il proprio mestiere, senza rendersi servi sciocchi di editori senza scrupoli e senza ossequi e complicità con i poteri forti, gli amici, gli amici degli amici e gli inserzionisti pubblicitari.
“Una notizia scomoda – ricordate giustamente – è, per l’opinione pubblica, un tassello di verità indispensabile a formare una più consapevole coscienza civile”. Sottoscrivo in pieno, ricordando uno degli assiomi del giornalismo: se una notizia non è scomoda per qualcuno, non è una notizia. Purtroppo, spesso, i giornali italiani sono pieni di non notizie e poveri di notizie.
L’invito a “farsi promotore di un’analisi in grado di prospettare garanzie più forti per i colleghi che quotidianamente si espongono nel nome di un’informazione senza padrini”, per il Sindacato dei giornalisti non è altro che un incoraggiamento ad andare avanti per la strada intrapresa. Una strada tortuosa e piena di insidie che tutti noi giornalisti – parliamo, naturalmente, di quelli veri – dobbiamo percorrere insieme, a difesa della professione e della qualità dell’informazione, ma soprattutto nel rispetto della dignità nostra e dei cittadini che ci leggono o ascoltano, credendo ancora nel Giornalismo.

Michele Albanese

Michele Albanese

Ovvio che, casi come quello dell’amico e collega Michele Albanese vanno ben oltre la professione giornalistica. La ’ndrangheta, lo sappiamo benissimo, è una pseudocultura che va sdradicata con massicce dosi di cultura, ma soprattutto con il polso fermo dello Stato che, in una terra come la Calabria, si è rivelato, spesso e per troppo tempo, completamente assente. Salvo, appunto, riversare fiumi di denaro per quei “rituali convegnistici” sui quali gran parte della Stampa dovrebbe recitare un profondo “mea culpa” per l’enfasi e gli spazi concessi.
La ’ndrangheta, come tutte le mafie, si batte con il lavoro e la Fnsi, in questo spirito, ha condotto la trattativa per il rinnovo del Contratto nazionale di lavoro giornalistico Fieg-Fnsi. Un contratto “per tutti” e non per pochi privilegiati che, asserragliati in palazzi dorati senza finestre, non vedono o, peggio, fanno finta di non accorgersi che fuori – in questo umanissimo mondo – la realtà è profondamente diversa perché tutto è radicalmente cambiato. Si poteva, certo, fare di più e meglio, ma si è anche corso seriamente il rischio di perdere inesorabilmente tutto.
La professione ha bisogno di giornalisti veri, come Michele Albanese, che lavorano in giornali veri – come il vostro – e le notizie se le vanno a cercare consumando le suole e i tacchi delle scarpe, non mettendo la firma ad una velina. Giornalisti che la professione la difendono – Michele è componente del Cdr del Quotidiano – lottando, assieme al Sindacato, per i diritti calpestati dei garantiti e per chi i diritti non li ha mai avuti e conosce solo sfruttamento, ricatto e umiliazione. Per difendere la professione giornalistica occorre l’impegno di tutti. Sempre.

Carlo Parisi
Vicesegretario nazionale Fnsi

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