2 anni e mezzo e 50 mila euro di multa all’ex direttore che oggi dirige il Quotidiano del Sud

Il Sole 24 Ore: condannato Roberto Napoletano

Roberto Napoletano

MILANO – I giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Milano hanno condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione l’ex direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano imputato per aggiotaggio e false comunicazioni sociali nell’ambito dell’inchiesta per le presunte irregolarità nei conti del gruppo e per le copie “gonfiate”.
La Corte ha riconosciuto la colpevolezza dell’attuale direttore del Quotidiano del Sud, condannato anche a 50mila euro di multa e a risarcire le parti civili – piccoli azionisti e dipendenti – (da liquidare in separata sede). Risarcimenti che in parte spetteranno anche al gruppo quotato, in quanto responsabile civile.
Napoletano è stato assolto solo dall’accusa dalla vendita e riaffitto delle rotative (parte del capo a di imputazione), le motivazioni della sentenza saranno rese note tra 30 giorni. I giudici hanno in sostanza accolto la richiesta dell’accusa: il pm Gaetano Ruta, nella requisitoria del 7 aprile scorso, aveva chiesto una condanna a 4 anni sottolineando l’esistenza «di prove dichiarative e documentali molto significative» e di un danno, non solo legato ai numeri ma soprattutto di reputazione per «il più importante giornale economico italiano».

Il Tribunale di Milano

La decisione di falsificare il numero di copie digitali, a dire del rappresentante dell’accusa, «ha una rilevanza ai fini della rendicontazione (del bilancio 2015, ndr) e soprattutto della rappresentazione esterna», ossia di valore percepito nei confronti del quotidiano di cui Napoletano «era amministratore di fatto o comunque contitolare di un potere tanto da riuscire a ottenere una buonuscita molto significativa qualora fosse stato licenziato, a dimostrazione di una relazione in cui poteva chiedere e ottenere». Tesi respinta dalla difesa: gli avvocati Guido Alleva e Edda Gandossi avevano chiesto di assolvere «con formula piena» il proprio assistito che «non ha mai travalicato» la sua funzione e contro il quale non ci sono elementi «documentali o testimoniali».

La sede del quotidiano Il Sole 24 Ore a Milano

L’obiettivo di Napoletano, per i difensori, «era espandere la base dei lettori, ossia che il proprio quotidiano fosse letto», il suo sostegno al gruppo è «dal un punto di vista editoriale, non nella gestione dei numeri della società. Il sospetto che fosse a conoscenza di questa vergognosa truffa (di DiSource, ndr) è inaccettabile». E a dipingersi come bersaglio era stato lo stesso Napoletano che lo scorso 14 aprile aveva preso la parola in aula per fare delle lunghe dichiarazioni spontanee.

Roberto Napoletano

«Di quella presunta strategia diretta a “taroccare” i numeri diffusionali – ammesso e non concesso che esista davvero a parte l’evidentissima truffa di DiSource che ha ideatori e realizzatori con nomi precisi – io sono estraneo totalmente, anzi ne sono la prima delle vittime perché toccava ai revisori aprire gli occhi non certo a me», le parole con cui si era rivolto ai giudici.
«Se mi si accusa di aver dedicato 14-16 ore al giorno di lavoro sempre, in modo onesto e trasparente per il Sole 24 Ore e per le attività editoriali di questo gruppo multimediale con l’affetto che si riserva a un figlio, se mi si accusa di essermi dedicato con il massimo dell’impegno a questo giornale che mi è stato consegnato sull’orlo del baratro e averlo fatto crescere mentre il mercato andava giù a dirotto, se mi accusa di aver combattuto per evitare i licenziamenti di giornalisti, ebbene sì sono colpevole di aver combattuto come un leone, di essermi ridotto lo stipendio, di aver creato nuovi prodotti e un nuovo sistema editoriale sacrificando, e me ne sono pentito, la mia famiglia», il racconto fatto con la voce rotta dall’emozione.
«Non entravo, non sono mai entrato, né sarei mai potuto entrare su contenuti numerici e contabili» del gruppo, aveva ricordato per difendersi dalle accuse dure come «pietre che arrivano addosso e fanno male», aveva detto Napoletano che oggi ha assistito alla lettura del
dispositivo. «Sono amareggiato, moltissimo. Sono soprattutto innocente e farò appello. Gli atti di questo processo dimostrano in modo inequivoco che sul piano editoriale ho ricevuto un giornale sull’orlo del baratro e ho proseguito con risultati editoriali sempre positivi, in netta controtendenza rispetto al mercato, e soprattutto conseguiti in modo lecito», il commento dopo la sentenza del tribunale di Milano. (afe/adnkronos)

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