I “Lineamenti di diritto di lavoro giornalistico” spiegati dal massimo esperto di contratti

Il giornalismo moderno di Giancarlo Tartaglia

Giancarlo Tartaglia

ROMA – Giancarlo Tartaglia, fra gli eminenti storici del giornalismo, è anche, forse soprattutto, uno dei massimi esperti di contrattualistica giornalistica e, in senso più ampio, di diritto del lavoro giornalistico.

Giovanni Rossi e Franco Siddi

Segretario della Fondazione per il giornalismo Paolo Murialdi, e a lungo direttore generale della Fnsi, la Federazione nazionale della stampa italiana, già coautore, con l’avv. Bruno Del Vecchio, di un pregevole commentario al Contratto nazionale di lavoro giornalistico Fieg-Fnsi (aggiornato al 2005, tuttora molto utile, anche perché in seguito c’è stata una sola rinnovazione contrattuale, quella del 2013, segretario della Fnsi Franco Siddi, presidente Giovanni Rossi, presidente della Fieg Giulio Anselmi, che ha in gran parte confermato l’impianto del contratto precedente), Tartaglia ha appena dato alle stampe un agile ed utile volumetto, “Lineamenti di diritto di lavoro giornalistico” (Edizioni All Around, pagine 146, euro 16), che ricapitola, insieme con cenni sulla storia degli organismi di categoria del giornalismo e sulla contrattualistica, i principi essenziali che informano i principali contratti sottoscritti dalla Fnsi, esplorandone i punti essenziali sotto l’aspetto del diritto.
Uno strumento utile anche perché decritta aspetti dei contratti che, per essere stati redatti in gergo sindacale e magari dopo estenuanti trattative con la controparte su aggettivi, virgole, aggiunte o sottrazioni di termini, risultano oscuri per il comune lettore, quand’anche giornalista non alle prime armi.
Uno strumento indispensabile per le centinaia di giornalisti che, a rotazione per il solito veloce, si trovano ad essere eletti nei comitati di redazione o a ricoprire l’incarico di fiduciari di redazione nei giornali, nelle radio e tv, nelle agenzie, nelle testate Internet, negli uffici stampa, e che non hanno cognizioni generali di diritto del lavoro e di diritto sindacale, e meno che mai particolari conoscenze dei contratti giornalistici. E che troppo spesso devono affrontare da autodidatti controparti scaltre e comunque più forti.
Un problema che si trascina dagli anni in cui il confronto, per quanto vivace, con gli editori aveva tratti di maggiore civiltà, tanto sulla normativa quanto, con qualche maggior resistenza, sui complicati meccanismi delle retribuzioni (va anche detto che erano anni di espansione tanto delle vendite quanto, complessivamente, della pubblicità). In molti ponemmo, fin dalla fine degli anni Ottanta, la questione della necessità di una scuola quadri.

Giorgio Santerini

Giorgio Santerini cercò di ovviare intensificando (e magari spalmando su più giorni) le assemblee dei comitati di redazione. Il problema cominciò a diventare drammatico col passaggio del Millennio, specie dopo la crisi economica globale innescata dal fallimento Lehman Brothers nel 2008; a partire dal 2009 iniziò una contrazione del mercato pubblicitario, ed iniziarono a calare le copie vendute dei quotidiani e dei settimanali. Crisi aziendali vere o presunte, con la complicità di una normativa sempre più strampalata (fino a consentire ondate di prepensionamenti motivate non da crisi in atto ma da ipotetiche “crisi prospettiche”), misero i comitati di redazione di fronte a situazioni sempre più drammatiche, di fronte ad un padronato sempre più aggressivo e sempre meno imprenditoriale, mentre persino i rinnovi contrattuali diventavano difficili (siamo arrivati a 9 anni senza rinnovo del contratto principale di riferimento); gli svuotamenti delle redazioni, per inciso, diventarono drammatici, tanto da aver portato in pochi anni al collasso dell’Inpgi (gestione principale) ed al suo passaggio all’Inps, per salvare le pensioni in atto e future dei giornalisti.
Un manuale non sostituisce certo una scuola quadri, ma consente un accostamento alla complessa materia della contrattualistica giornalistica; materia ardua anche per gli avvocati lavoristi ed i giudici del lavoro non particolarmente specializzati.
Questo “piccolo Tartaglia” è quindi un ausilio prezioso; auspicando nel tempo una riedizione aggiornata del “grande Tartaglia”, con i contratti di lavoro giornalistico, tutti (anche quelli non stipulati dalla Fnsi, come il contratto Frt-Rna-Anica-Cgil-Cisl-Uil e quello Uspi-Cisal) commentati articolo per articolo ed annotati con la giurisprudenza. (giornalistitalia.it)

Giuseppe Mazzarino

INTERVISTA A GIANCARLO TARTAGLIA
“Cambiano i tempi, e con i tempi cambiano anche i modi di pensare”

“Lineamenti di diritto di lavoro giornalistico” è il titolo di un saggio appena fresco di stampa, 126 pagine, edito da All Around per la Fondazione sul Giornalismo Paolo Murialdi, e firmato da Giancarlo Tartaglia, uno dei padri del giornalismo moderno, storico direttore della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e oggi segretario generale della Fondazione Murialdi. È l’uomo che di questo mondo della comunicazione sa davvero tutto.
Nessuno meglio di Giancarlo Tartaglia avrebbe mai potuto scrivere un saggio così completo, e anche così veloce ed efficace sui temi fondamentali della professione giornalistica, di cui tanti in giro danno l’idea e forse anche l’illusione di sapere più degli altri, ma in realtà si tratta di temi e di problemi così specifici da meritare sempre e comunque una lettura severa e soprattutto informata e puntuale. E il nome dell’autore, Giancarlo Tartaglia, ci dà oggi per intero questa garanzia assoluta.
Quale è la differenza tra Ordine e sindacato dei giornalisti? Quanti sono i contratti collettivi di lavoro dei giornalisti? Quale è la differenza tra “professionisti” e “pubblicisti”? Quali sono le tutele contrattuali dei lavoratori autonomi? Come funziona la previdenza e l’assistenza sanitaria. Esiste anche un sistema di previdenza complementare?
Bene a tutte queste domande sul complessivo sistema del welfare del mondo giornalistico troverete le risposte di Giancarlo Tartaglia che trasforma, e solo lui poteva farlo, un manuale di diritto dell’informazione in un testo ideale e indispensabile per i colleghi giornalisti praticanti, che devono ancora sostenere gli esami per l’accesso alla professione. Ma soprattutto un manuale necessario per i rappresentanti sindacali, fiduciari e comitati di redazione, e utile per chi esercita la professione e per tutti coloro che vogliono conoscere il giornalismo attraverso l’articolazione delle sue strutture e i meccanismi contrattuali.
Insomma, “Istruzioni per l’uso” in un mondo come quello della comunicazione dove non tutto è sempre scontato e aderente ai principi fondamentali della giurisprudenza.
Lo ammette lo stesso Giancarlo Tartaglia nella prefazione che fa al suo saggio.
«L’esercizio della professione giornalistica – scrive l’autore – sia in regime di subordinazione che in regime di autonomia, ha una sua specificità nell’ambito del diritto del lavoro in considerazione del particolare ruolo sociale che il giornalismo è chiamato a svolgere in una società democratica”.
Ma Tartaglia va oltre questo concetto di fondo e dimostra perchè “il giornalismo ha oggi rilievo costituzionale».
«Si tratta di una professione – spiega il segretario generale della Fondazione Murialdi – che trova, peraltro, una sua legittimazione legislativa nella legge istitutiva dell’Ordine professionale, che pone in capo al giornalista non solo il diritto, che hanno tutti i cittadini, alla libertà di informazione e di critica, ma anche e soprattutto i doveri inerenti alla deontologia professionale, l’obbligo di tutelare la personalità altrui e di rispettare la verità sostanziale dei fatti, nonché di rettificare le notizie inesatte e di riparare eventuali errori».
Questo vuol dire anche – osserva Giancarlo Tartaglia che «la giurisprudenza ha confermato che nel lavoro giornalistico l’elemento della subordinazione non va inteso in senso assoluto, ma consente margini di autonomia derivanti dal contenuto professionale della prestazione e che sono in generale configurabili gli estremi della subordinazione, tenuto conto del carattere creativo del lavoro, ove vi sia lo stabile inserimento della prestazione resa dal giornalista nell’organizzazione aziendale».
– Direttore ma è vero che non esiste una definizione giuridica dell’attività giornalistica nella legge professionale, o negli stessi contratti collettivi di lavoro?
«Questa carenza è stata colmata dalla giurisprudenza di Cassazione che più volte è intervenuta per individuare i requisiti che consentono di definire come giornalistica una specifica prestazione».
– In che senso?
«Basti pensare alla sentenza del 20 febbraio 1995 n. 1827, con la quale la Suprema Corte ha chiarito che “per attività giornalistica deve intendersi la prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento e all’elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione».

La Corte di Cassazione al “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma (Foto Giornalisti Italia)

– E questo basta?
«Vede, il giornalista – ha aggiunto la Corte – si pone come mediatore intellettuale fra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso, nel senso, cioè, che sua funzione è quella di acquisire esso stesso la conoscenza dell’evento, valutarne la rilevanza in funzione della cerchia dei destinatari dell’informazione e confezionare quindi il messaggio con apporto soggettivo e creativo».
– Ma lei nel suo saggio parla soprattutto non solo di contenuti ma anche di comportamenti temporali mi pare?
«Ai requisiti di contenuto devono aggiungersi anche quelli legati alla temporalità, nel senso che per definire un’attività come giornalistica assumono rilievo la continuità o la periodicità del servizio, del programma o della testata, nel cui ambito il lavoro è utilizzato, nonché l’attualità delle notizie trasmesse, in ordine alle quali si rinnova quotidianamente l’interesse della generalità dei lettori».
– Per essere riconosciuto come tale il lavoro giornalistico deve essere legato a dei requisiti specifici?
«Per quanto riguarda il mezzo attraverso il quale si può espletare l’attività giornalistica, sempre la Cassazione ha stabilito che costituisce attività giornalistica qualsiasi forma di manifestazione del pensiero con finalità di informazione, che si esprima mediante la scrittura, la parola o l’immagine». Vale la pena di leggere a questo proposito la sentenza della Corte del 18 marzo 2013 n. 5456.
– Cosa cambia rispetto al passato?
«Cambia molto. Sulla base di questa definizione giurisprudenziale nel corso degli anni sono stati allargati i confini della prestazione giornalistica, facendo rientrare in essa figure professionali precedentemente escluse».
– Per esempio?
«È il caso, per esempio, del “grafico”, che deve essere considerato giornalista quando mediante l’espletamento di attività inerenti la progettazione e la realizzazione della pagina di giornale, esprime, con la collocazione del singolo pezzo giornalistico, come pure mediante la scelta dei caratteri tipografici con il quale lo stesso viene riportato sulla pagina, una valutazione sulla rilevanza della notizia, valutazione rapportata ad un giudizio sull’idoneità del fatto ivi riferito ad incidere sul convincimento del lettore».
– Parliamo anche qui di una sentenza specifica?
«La sentenza è del 18 marzo 2016 febbraio 1996 in cui la Corte di Cassazione spiega in maniera chiarissima che. il grafico nel sottolineare la rilevanza o la preminenza della notizia, incide per un verso, sulla qualità e sul valore della comunicazione e, peraltro, concorre a quella rappresentazione complessiva della realtà che è il risultato ultimo, quanto incessante, dell’attività informativa».
– È lavoro giornalistico anche quello di un vignettista?
«Assolutamente sì. I criteri di valutazione della natura giornalistica della prestazione valgono anche nel caso del “disegnatore”, del “vignettista”, del “segretario di redazione”, in quanto regolatore del flusso di notizie, del “telecinefotoreporter”, figura giornalistica riconosciuta per legge, quando eserciti in autonomia decisionale la propria attività per organi di informazione attraverso immagini che completano o sostituiscono l’informazione scritta».
Cosa succede oggi con l’avvento dei social e la diffusione dei mezzi di informazione on-line?
«Accade che rientrano a buon diritto nel perimetro del lavoro giornalistico figure come il web editor, il redattore digitale, il videomaker, il web imagine editor, il social media e community manager, il web delevoper, il web designer e tutte quelle altre figure professionali che non hanno uno specifico riconoscimento legale, ma che sono state riconosciute, in accordi contrattuali e che devono essere considerate giornalistiche quando posseggano i requisiti individuati dalle richiamate definizioni della Cassazione».
– Questo principio vale anche per un blog?
«Assolutamente sì. Rientra nell’ambito del lavoro di natura giornalistica anche quello svolto mediante un blog, che deve essere considerato come una specifica modalità espressiva tramite online di commenti e notizie rivolte al pubblico Interessante leggere a questo proposito la sentenza del Tribunale di Roma 8395 del 2016».
– Lei scrive che chi fa di fatto il lavoro del giornalista, a prescindere dal contratto che ha, alla fine deve essere tutelato come tale?
«Occorre premettere che per l’inquadramento corretto del rapporto di lavoro occorre sempre fare riferimento ai requisiti sostanziali e non a quelli formali. La Cassazione ha, infatti, più volte chiarito che in caso di contrasto tra i dati formali di individuazione del medesimo rapporto e quelli fattuali emergenti dal concreto svolgimento della prestazione, è a questi ultimi che deve darsi la prevalenza».
– Chi stabilisce la differenza tra il lavoro autonomo e il lavoro dipendente?
«In una sentenza del 2006, la Suprema Corte di Cassazione ha esplicitato con riferimento al lavoro giornalistico che si configurano gli estremi della subordinazione qualora ricorrano i requisiti della continuità della prestazione, della responsabilità di un servizio e del vincolo di dipendenza, e cioè qualora si sia in presenza dello svolgimento di una attività non occasionale, rivolta ad assicurare le esigenze informative riguardanti uno specifico settore, della sistematica redazione di articoli su specifici argomenti e di rubriche, e della persistenza, nell’intervallo di una prestazione l’altra, dell’impegno di porre la propria opera a disposizione del datore di lavoro».
– In caso di controversie, direttore, serve dover dimostrare il rispetto di un orario preciso di lavoro?
«Assolutamente no, o almeno non più. Non costituisce requisito della subordinazione l’assenza di un orario di lavoro, né la presenza di autonomia della prestazione. Infatti, in una sentenza del 12 ottobre 2012 la Corte di Cassazione ha sottolineato che sono irrilevanti o scarsamente rilevanti l’assenza di un orario fisso e viceversa la presenza di una notevole libertà di organizzazione del proprio tempo di lavoro. Che poi, in una certa misura, è propria del redattore e ben più estesa nella figura del collaboratore fisso. Ma anche il fatto di non essere destinatario della richiesta di svolgere lavoro straordinario come gli altri redattori, o la mancata partecipazione alle riunioni di redazione, o l’assenza di un obbligo di reperibilità, o anche la mancata partecipazione al c.d. lavoro di cucina redazionale. Non è rilevante neanche l’essere tenuti a comunicare le proprie assenze per malattia o ferie, ma non a giustificare le prime o a concordare le seconde».
– Una vera e propria rivoluzione?
«Cambiano i tempi, e con i tempi cambiano anche i modi di pensare, di operare, e di valutare il proprio lavoro».
Per darvi meglio l’idea di cosa troverete in questo saggio abbiamo provato a sintetizzare l’indice del volume, ed è quanto basta per capire che siamo in presenza di una piccola enciclopedia tascabile delle regole del giornalismo moderno.
Questi sono alcuni dei capitoli fondamentali: Giornalismo: lavoro autonomo o lavoro subordinato? Il welfare di settore; L’ordinamento professionale; Perché un ordine professionale? Le strutture dell’Ordine; L’albo professionale, il registro dei praticanti e gli elenchi speciali; Conseguenze della mancanza di iscrizione all’albo; La deontologia professionale; La formazione; Le sanzioni disciplinari; I Consigli di disciplina; L’organizzazione sindacale dei giornalisti; Le Associazioni Regionali di Stampa; La regolamentazione contrattuale del rapporto di lavoro; E gli uffici stampa? La regolamentazione contrattuale nei quotidiani, nei periodici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive di ambito nazionale; La difesa della professionalità; Le norme per l’accesso dei giovani, il passaggio degli “autonomi” al lavoro subordinato; Risoluzione delle controversie; La regolamentazione contrattuale nei siti e nelle testate online e periodici locali. Ma non solo questo, in questo libro di Giancarlo Tartaglia c’è molto altro ancora. (giornalistitalia.it)

Pino Nano

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