La grande lezione del Papa e l’analisi di Gottlob a Giornalisti Italia: “Governerà il futuro”

Giornalismo e Intelligenza Artificiale: quo vadis?

Papa Francesco e George Gottlob

COSENZA – «L’uso dell’intelligenza artificiale potrà contribuire positivamente nel campo della comunicazione, se non annullerà il ruolo del giornalismo sul campo, ma al contrario lo affiancherà; se valorizzerà le professionalità della comunicazione, responsabilizzando ogni comunicatore; se restituirà ad ogni essere umano il ruolo di soggetto, con capacità critica, della comunicazione stessa».

Pino Nano

Lo afferma Papa Francesco e ormai non si parla d’altro. La cosa che più ci meraviglia è che ne parlino grandi e piccoli, come se il mondo oggi ruotasse esclusivamente attorno al concetto-chiave di “Intelligenza Artificiale”.
Per capire meglio questo mondo immaginifico dell’Intelligenza Artificiale sono andato a cercare in questi giorni il massimo esperto al mondo di algoritmi, il prof. Georg Gottlob, che ha insegnato per tutta la vita all’Università di Oxford. Lui è il ricercatore austriaco chiamato in questi mesi dall’Università della Calabria a dirigere una piattaforma di ricerca sul rapporto ombelicale che potrebbe esistere tra Intelligenza Artificiale e mondo della medicina, e che proprio per questo ha lasciato Oxford per trasferirsi definitivamente in Calabria.
Dopo una lunga chiacchierata con lui mi sono convinto che a “governare il futuro” saranno sempre di più le macchine intelligenti, e mi sono riservato di tornare a trovarlo sulle colline del Campus Universitario di Arcavacata per chiarire ancora una volta e ulteriormente meglio con lui i lati oscuri delle sue avanzatissime tesi scientifiche.
Ma una cosa il grande guru dell’AI mi ha ripetuto più volte nel corso della nostra lunga chiacchierata.
«Vede – spiega lo scienziato – l’intelligenza artificiale applicata alla medicina ci permetterà di avere in futuro delle diagnosi assolutamente ineccepibili e perfette, perché l’intelligenza artificiale è in grado di mettere a confronto 5 milioni di lastre radiografiche diverse e stabilire alla fine con assoluta certezza matematica di che tipo di tumore si tratti o di che tipo di malformazione il paziente deve essere operato. Ma alla fine se lo ricordi sempre, in sala operatoria ci sarà sempre bisogno del medico. Alla fine, è il chirurgo, e lui soltanto, a dover decidere – sulla base della diagnosi fatta dalle macchine intelligenti – dove incidere, come intervenire, come tagliare, e soprattutto che angolazione dare al bisturi elettronico per risolvere il problema di fondo».
Ecco, dunque, il richiamo e il ritorno ai nastri di partenza.
L’uomo e la sua intelligenza, l’uomo e la sua saggezza, l’uomo e la sua capacità di decidere per il meglio.
Passa qualche giorno – dopo aver sentito il grande scienziato austriaco – ed ecco che mi ricapita di risentire parlare ancora una volta di Intelligenza Artificiale e dei rischi immanenti che potrebbero derivare da un uso smisurato e incontrollato delle macchine intelligenti.
Da San Giovanni in Laterano, la Grande Basilica del vescovo di Roma, mercoledì 24 gennaio scorso, viene diffuso il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

Papa Francesco

E allora ho ripensato alle domande nuove da porre al grande Gottlob, ma scopro però che questa volta Papa Francesco ha lavorato per noi.
«Come tutelare – scrive il Papa nel suo messaggio – la professionalità e la dignità dei lavoratori nel campo della comunicazione e della informazione, insieme a quella degli utenti in tutto il mondo? Come garantire l’interoperabilità delle piattaforme? Come far sì che le aziende che sviluppano piattaforme digitali si assumano le proprie responsabilità rispetto a ciò che diffondono e da cui traggono profitto, analogamente a quanto avviene per gli editori dei media tradizionali? Come rendere più trasparenti i criteri alla base degli algoritmi di indicizzazione e de-indicizzazione e dei motori di ricerca, capaci di esaltare o cancellare persone e opinioni, storie e culture? Come garantire la trasparenza dei processi informativi? Come rendere evidente la paternità degli scritti e tracciabili le fonti, impedendo il paravento dell’anonimato? Come rendere manifesto se un’immagine o un video ritraggono un evento o lo simulano? Come evitare che le fonti si riducano a una sola, a un pensiero unico elaborato algoritmicamente? E come invece promuovere un ambiente adatto a preservare il pluralismo e a rappresentare la complessità della realtà? Come possiamo rendere sostenibile questo strumento potente, costoso ed estremamente energivoro? Come possiamo renderlo accessibile anche ai paesi in via di sviluppo?». Papa Francesco non ha alcun dubbio.
«Dalle risposte a questi e ad altri interrogativi capiremo – spiega Papa Francesco – se l’intelligenza artificiale finirà per costruire nuove caste basate sul dominio informativo, generando nuove forme di sfruttamento e di diseguaglianza; oppure se, al contrario, porterà più eguaglianza, promuovendo una corretta informazione e una maggiore consapevolezza del passaggio di epoca che stiamo attraversando, favorendo l’ascolto dei molteplici bisogni delle persone e dei popoli, in un sistema di informazione articolato e pluralista. Da una parte si profila lo spettro di una nuova schiavitù, dall’altra una conquista di libertà; da una parte la possibilità che pochi condizionino il pensiero di tutti, dall’altra quella che tutti partecipino all’elaborazione del pensiero».
E qui il discorso del Papa si allarga a macchia d’olio.
Per il Santo Padre spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore.
«Senza il quale non si cresce nella sapienza. Questa sapienza matura facendo tesoro del tempo e abbracciando le vulnerabilità. Cresce nell’alleanza fra le generazioni, fra chi ha memoria del passato e chi ha visione di futuro. Solo insieme cresce la capacità di discernere, di vigilare, di vedere le cose a partire dal loro compimento. Per non smarrire la nostra umanità, ricerchiamo la Sapienza che è prima di ogni cosa, che passando attraverso i cuori puri prepara amici di Dio e profeti: ci aiuterà ad allineare anche i sistemi dell’intelligenza artificiale a una comunicazione pienamente umana».

Georg Gottlob

Mi riprometto di chiedere al padre dell’Intelligenza Artificiale se è d’accordo con Papa Francesco, ma sono sicuro dalle cose che mi ha già detto nei giorni scorsi che il grande Georg Gottlob mi dirà più o meno la stessa cosa.
È la prima volta che il Papa affronta un tema così difficile come lo è l’Intelligenza Artificiale applicata al mondo della comunicazione e del giornalismo, ma devo riconoscere che lo fa con la consapevolezza di chi prende atto che il problema esiste, e che soprattutto va trattato con estrema cautela.
L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta «intelligenza artificiale, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile. Si tratta di un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti. L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi – riconosce il Santo Padre – suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?

Papa Francesco incontra i direttori dei settimanali cattolici e dirigenti di Fisc, Uspi, Corallo, Aiart e Figec Cisal nella Sala Clementina del Vaticano (Foto Vatican Media)

La risposta per il Papa è scontata, e ci riporta come d’incanto al vecchio mantra di sempre «Và dove ti porta il cuore».
In quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità, la nostra riflessione –  aggiunge il Papa – non può che partire dal cuore umano.
«Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo e riscoprire la via per una comunicazione pienamente umana. Il cuore, inteso biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio. La sapienza del cuore è perciò quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi».
La grande certezza che ha Papa Francesco, e che dichiara con grande determinazione dal cuore della grande Basilica di Roma davanti a tutti e come solo lui sa fare senza peli sulla lingua, è che «Non possiamo pretendere questa sapienza del cuore dalle macchine».
Benché il termine intelligenza artificiale abbia ormai soppiantato quello più corretto, utilizzato nella letteratura scientifica, machine learning, l’utilizzo stesso della parola “intelligenza” è fuorviante. Le macchine – spiega il Papa – «possiedono certamente una capacità smisuratamente maggiore rispetto all’uomo di memorizzare i dati e di correlarli tra loro, ma spetta all’uomo e solo a lui decodificarne il senso. Non si tratta quindi di esigere dalle macchine che sembrino umane. Si tratta piuttosto di svegliare l’uomo dall’ipnosi in cui cade per il suo delirio di onnipotenza, credendosi soggetto totalmente autonomo e autoreferenziale, separato da ogni legame sociale e dimentico della sua creaturalità».
Dunque, almeno questo ci pare di capire dalla lezione magistrale di Papa Francesco, non sempre è vero che Intelligenza Artificiale e Mondo della comunicazione possano andare perfettamente d’accordo insieme.
Anzi, su questo il Papa va giù duro, e sottolinea che i sistemi di intelligenza artificiale possono contribuire al processo di liberazione dall’ignoranza e facilitare lo scambio di informazioni tra popoli e generazioni diverse. Possono ad esempio rendere raggiungibile e comprensibile un enorme patrimonio di conoscenze scritto in epoche passate o far comunicare le persone in lingue per loro sconosciute.

Papa Francesco

«Ma possono al tempo stesso essere strumenti di “inquinamento cognitivo”, di alterazione della realtà tramite narrazioni parzialmente o totalmente false; eppure, credute – e condivise – come se fossero vere. Basti pensare – precisa il Papa – al problema della disinformazione che stiamo affrontando da anni nella fattispecie delle fake news e che oggi si avvale del deep fake, cioè della creazione e diffusione di immagini che sembrano perfettamente verosimili ma sono false (è capitato anche a me di esserne oggetto), o di messaggi audio che usano la voce di una persona dicendo cose che la stessa non ha mai detto. La simulazione, che è alla base di questi programmi, può essere utile in alcuni campi specifici, ma diventa perversa là dove distorce il rapporto con gli altri e la realtà».
Una ambivalenza, anche pericolosa, da una parte mille opportunità, ma dall’altra anche mille rischi e mille patologie diverse. Sta a noi interrogarci sullo sviluppo teorico e sull’uso pratico di questi nuovi strumenti di comunicazione e di conoscenza.
A giudizio del Papa «grandi possibilità di bene accompagnano il rischio che tutto si trasformi in un calcolo astratto, che riduce le persone a dati, il pensiero a uno schema, l’esperienza a un caso, il bene al profitto, e soprattutto che si finisca col negare l’unicità di ogni persona e della sua storia, col dissolvere la concretezza della realtà in una serie di dati statistici».
Ma, Santo Padre, come se ne esce?
La risposta del Papa non si fa attendere: «È importante avere la possibilità di comprendere, capire e regolamentare strumenti che nelle mani sbagliate potrebbero aprire scenari negativi. Come ogni altra cosa uscita dalla mente e dalle mani dell’uomo, anche gli algoritmi non sono neutri. Perciò è necessario agire preventivamente, proponendo modelli di regolamentazione etica per arginare i risvolti dannosi e discriminatori, socialmente ingiusti, dei sistemi di intelligenza artificiale e per contrastare il loro utilizzo nella riduzione del pluralismo, nella polarizzazione dell’opinione pubblica o nella costruzione di un pensiero unico. Rinnovo dunque il mio appello – ripete Francesco- esortando «la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme».
Per quanto riguarda tutti noi, cronisti, comunicatori, giornalisti, influencer, operatori dell’informazione, la rivoluzione digitale può renderci più liberi, ma non certo se ci imprigiona nei modelli oggi noti come echo chamber, perché “In questi casi – dice ancora il Santo Padre – anziché accrescere il pluralismo dell’informazione, si rischia di trovarsi sperduti in una palude anonima, assecondando gli interessi del mercato o del potere”.
L’analisi del Papa si fa quanto mai impietosa, anche se nello stesso tempo rimane profondamente rispettosa del lavoro degli scienziati, che come Georg Gottlob hanno tracciato la “via maestra”.

Papa Francesco (Foto Giornalisti Italia)

Per il Santo Padre non è accettabile che l’uso dell’intelligenza artificiale conduca a un pensiero anonimo, a un assemblaggio di dati non certificati, a una deresponsabilizzazione editoriale collettiva.
«La rappresentazione della realtà in big data, per quanto funzionale alla gestione delle macchine, implica infatti una perdita sostanziale della verità delle cose, che ostacola la comunicazione interpersonale e rischia di danneggiare la nostra stessa umanità. L’informazione non può essere separata dalla relazione esistenziale: implica il corpo, lo stare nella realtà; chiede di mettere in relazione non solo dati, ma esperienze; esige il volto, lo sguardo, la compassione oltre che la condivisione».
Come dargli torto?
«Penso al racconto delle guerre – dice ancora Francesco – e a quella “guerra parallela” che si fa tramite campagne di disinformazione. E penso a quanti reporter sono feriti o muoiono sul campo per permetterci di vedere quello che i loro occhi hanno visto. Perché solo toccando con mano la sofferenza dei bambini, delle donne e degli uomini, si può comprendere l’assurdità delle guerre».
Non soddisfatto delle cose già dette, Papa Francesco torna a parlare ai giornalisti qualche giorno più tardi, lunedì 29 gennaio, questa volta nella sala Paolo VI in Vaticano, incontrando i dirigenti e i dipendenti di TV2000 e di Radio Inblu e a loro spiega il significato di “Responsabilità”.
«Ognuno – ripete Papa Francesco – deve fare la propria parte per assicurare che ogni forma di comunicazione sia obiettiva, rispettosa della dignità umana e attenta al bene comune. In questo modo, potremo ricucire le fratture, trasformare l’indifferenza in accoglienza e relazione. Il vostro è uno di quei mestieri che hanno il carattere della vocazione: siete chiamati a essere messaggeri che informano con rispetto, con competenza, contrastando divisioni e discordie. E sempre ricordando che al centro di ogni servizio, di ogni articolo, di ogni programma c’è la persona: non dimenticare questo. È proprio ciò che dà senso alla comunicazione».
Infine, l’appello finale.
«Vi incoraggio a continuare a creare reti, a tessere legami, a raccontare il bello e il buono delle nostre comunità – con prossimità –, a rendere protagonisti quanti solitamente finiscono a fare le comparse o non vengono nemmeno presi in considerazione. La comunicazione – lo sappiamo – rischia di appiattirsi su alcune logiche dominanti, di piegarsi al potere o addirittura di costruire fake news. Non cadete nella tentazione di allinearvi, andate controcorrente, sempre consumando le suole delle scarpe e incontrando la gente. Solo così potete essere “autentici per vocazione”, come dice un vostro slogan. E non dimenticate mai quanti sono ai margini, le persone povere, le persone sole e, più brutto ancora, le persone scartate».
Ma già una settimana prima, lunedì 22 gennaio scorso, questa volta nella sala Clementina incontrando i Membri dell’Associazione Internazionale dei Giornalisti accreditati in Vaticano, il Santo Padre aveva già spiegato cosa deve essere un giornalista per dirsi tale, cosa deve fare per essere completo, e a cosa deve lavorare per rappresentare un ideale.

Papa Francesco

«Essere giornalista – dice il Papa – è una vocazione, un po’ come quella del medico, che sceglie di amare l’umanità curandone le malattie. Così, in un certo senso, fa il giornalista, che sceglie di toccare con mano le ferite della società e del mondo. È una chiamata che nasce da giovani e che porta a capire, a mettere in luce, a raccontare. Vi auguro – concludeva Francesco quel giorno – di tornare alle radici di questa vocazione, di farne memoria, di ricordare la chiamata che vi unisce in un compito così importante. Quanto bisogno di conoscere e di raccontare da una parte, e quanta necessità di coltivare un amore incondizionato alla verità dall’altra!». (giornalistitalia.it)

Pino Nano

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