La Corte di Cassazione rigetta il ricorso ai danni del giornalista Giovanni Valentini

La Repubblica non ha denigrato Mediaset

Giovanni Valentini

Giovanni Valentini

ROMA – Nessuna campagna denigratoria né concorrenza sleale vennero messe in atto dal quotidiano la Repubblica contro la società Mediaset con alcuni articoli, pubblicati nel luglio 2003, a firma di Giovanni Valentini. Lo ha stabilito la terza sezione civile della Cassazione, rigettando il ricorso presentato da Mediaset contro la sentenza con cui la Corte d’appello di Roma aveva respinto l’istanza di risarcimento danni avanzata dalla società contro il gruppo editoriale l’Espresso.
La Suprema Corte, con una sentenza depositata oggi, ha confermato la decisione dei giudici di secondo grado, secondo i quali “gli scritti del giornalista Valentini, tutti di critica politica, dovevano essere letti alla luce della costante e violentissima polemica sviluppatasi nel Paese in particolare dall’entrata in politica” di Silvio Berlusconi “in relazione al conflitto di interessi denunciato costantemente dall’opposizione, legato alla proprietà di 3 delle 6 principali stazioni televisive”.
L’accusa di “vampirismo commerciale”, rivolta a Mediaset in uno degli articoli in questione, secondo i giudici d’appello era di “indubbia aggressivita’”, ma “rientrante nel diritto di critica costituzionalmente riconosciuto”. Per la Cassazione, “la sentenza impugnata, con una valutazione di merito correttamente argomentata, ha preso atto e in un certo senso fotografato, una situazione che è stata al centro di una discussione e di una lotta politica protrattasi nel nostro Paese per circa 20 anni”; sicché, aggiungono gli alti giudici, “è chiaro che il contenuto degli articoli è stato correttamente inquadrato nel limite del diritto di critica politica, perché politico era il problema in discussione. La separazione esistente tra gruppo imprenditoriale e persona fisica non giova quindi all’accoglimento del ricorso”.
Quanto alla concorrenza sleale, che, secondo Mediaset, sarebbe stata messa in atto, la Suprema Corte osserva che “l’atto di concorrenza sleale non è configurabile quando manchi il presupposto costituito dal rapporto di concorrenzialità”: in relazione al caso in esame, si legge nella sentenza, “non è giuridicamente concepibile un atto di concorrenza sleale tra una testata giornalistica, sia pure di sicuro rilievo nazionale quale il quotidiano la Repubblica ed inserita in un gruppo imprenditoriale ben definito, ed un gruppo imprenditoriale, quale quello facente capo alla spa Mediaset, la cui attività è estremamente ampia e ramificata e non riconducibile al solo settore dell’informazione”. (Agi)

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