Nostra intervista al Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni. Al Ghetto tensione e paura

L’antisemitismo che genera violenza su violenza

Riccardo Di Segni, Rabbino capo di Roma

ROMA – È una giornata come tante, nel ghetto di Roma, l’antico quartiere ebraico. La vita quotidiana scorre, quasi come sempre. Ma la tensione è palpabile, mista a tristezza. Dalla strage organizzata da Hamas il 7 ottobre, e soprattutto dopo l’incredibile riesplodere a livello planetario di un odio antisemita, è difficile per gli ebrei vivere giorni “normali”.

Il Tempio Maggiore di Roma

Ho appuntamento nella sinagoga – il Tempio, per essere più precisi – per una intervista col Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, 74 anni, medico in pensione (radiologo); uno dei vicepresidenti del comitato nazionale italiano di bioetica.
Che cos’è un rabbino, intanto: non è l’equivalente ebraico di un sacerdote nel senso cristiano; conduce una vita laica e professionale; è un maestro, esperto della tradizione e della legge ebraica, cura l’educazione della comunità, il corretto comportamento e lo svolgimento dei servizi religiosi. “Rav” è il titolo che spetta ai rabbini.
– Rav Di Segni, come si spiega l’esplodere di un antisemitismo planetario?
«L’ostilità antiebraica in realtà è sempre presente; proteiforme e continuamente cangiante; modifica i suoi tratti in continuazione. Scorre sottoterra, e non aspetta che una occasione per emergere e giustificarsi. Negli ultimi decenni la forma prevalente di antisemitismo è l’ostilità contro lo Stato di Israele: non contro un particolare governo, ma contro l’esistenza stessa di Israele.

Il Tempio Maggiore di Roma

Quello che è successo negli ultimi mesi ha messo in evidenza un aspetto particolare, anche se non nuovo: l’idea dell’ebreo come vittima, simbolicamente destinato ad essere sacrificato in riti collettivi. Da vittima viene compatito, perché è utile, ma se si stanca di fare la vittima e prova a difendersi fa saltare questi meccanismi».
– Anche personaggi non ostili allo Stato di Israele richiamano il governo di Gerusalemme ad una risposta “proporzionata” alla strage attuata da Hamas; ma proporzionata rispetto a che cosa?
«Si tratta, in realtà, di uno scenario previsto e perfettamente calcolato; gli organizzatori del 7 ottobre sapevano benissimo che Israele avrebbe reagito, ma nel loro cinismo contavano proprio su questo: volevano vittime, della loro gente non gli interessa niente. C’è un interessante articolo sul sito di Sandro Magister (un giornalista cattolico non tenero con Israele), scritto dal prof. Pietro De Marco che ribalta la questione delle “proporzioni”».

Rav Riccardo Di Segni

– Ma l’estremismo islamista come è riuscito a trasformare in tanta parte di opinione pubblica gli ebrei, non solo israeliani, da aggrediti ad aggressori, fino ad arrivare alla paradossale accusa di genocidio?
«È la forza della propaganda; hanno attuato la lezione di Goebbels (il ministro della Propaganda di Hitler): una menzogna ripetuta all’infinito diventa una verità. Hanno strumenti e capacità di influenza molto potenti. È un piano ben determinato, forte di una grancassa mediatica che non è alimentata solo dagli estremisti, e tende a fare apparire scontati e reali concetti che stravolgono la realtà. L’odio si alimenta di queste ripetizioni martellanti, con convergenze assolutamente allarmanti anche in Europa e in America: all’antico odio razzista di matrice nazista e fascista si unisce paradossalmente quello di movimenti che si definiscono libertari e “di liberazione”, e che predicano l’antirazzismo, tranne quando si parla di ebrei».
– Come si può fronteggiare questa propaganda?
«Speriamo intanto che il tempo sia galantuomo. Nella nostra storia ci sono stati momenti molto bui, che hanno fatto danni enormi; poi la gente ha ricominciato a ragionare. Dobbiamo certamente insistere, con la forza della ragione, per far passare qualche idea diversa, che incrini l’immagine distorta degli ebrei veicolata dai “devoti alla causa” antiebraica».
–  Che rapporto c’è fra gli ebrei nel mondo ed Israele?
«Gli ebrei non sono un corpo uniforme. Hanno variegata identità e visione del mondo. Ma tutti vediamo Israele come un’ancora di salvezza e la realizzazione di un auspicio millenario. Fatto salvo questo, le opinioni sono molto diverse sui governi e sulle politiche dei governi di Israele».
– Come stanno vivendo gli ebrei italiani l’ondata di antisemitismo?
«La strage del 7 ottobre ha provocato una reazione che non mi aspettavo, di forte preoccupazione, anche da parte di ebrei lontani dalla vita delle comunità e magari critici nei confronti del governo di Israele. È tornata, anche negli ebrei italiani, l’angoscia ancestrale di essere ammazzati. In quanto ebrei».
– Ma chi sono gli ebrei?
«Gli ebrei esistono da 35 secoli; le definizioni di popolo, nazione, religione sono limitanti ed imprecise rispetto ad una realtà che si è definita 35 secoli fa.

La Stella di David cucita dai nazisti sugli abiti degli ebrei con più di 6 anni dal 6 settembre 1941

È una identità definita sia da usanze e storia che da una parte religiosa, una fede, che peraltro ciascuno vive a modo suo. Ci sono tanti modi differenti per vivere questa realtà».
– Domanda provocatoria e paradossale: gli ebrei italiani sono italiani?
«Be’, sa che a Taranto c’è un sepolcreto ebraico di V secolo, e che gli ebrei ci arrivarono molto prima, deportati nel I secolo dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. E a Roma una comunità ebraica si installò molto prima della diaspora, nel II secolo a.C. Diciamo che gli ebrei vivono in Italia da molto prima di quasi tutti gli italiani. Nel parco archeologico del Celio, che espone reperti archeologici, c’è un cippo funerario ebraico datato 1572. Il defunto si chiamava Di Segni. Non credo che siano molti romani con una ascendenza così lunga…».
– Il focolare ebraico in quello che fu il mandato britannico di Palestina, ovvero l’odierno Stato di Israele, per gli estremisti islamici deve essere distrutto, perché gli ebrei sono abusivi in quella terra;

Rav Riccardo Di Segni

nel frattempo però si scatena un odio generalizzato verso gli ebrei ovunque vivano, di qualsiasi nazionalità, quali che siano le loro condizioni sociali o le loro convinzioni politiche, perché sono abusivi anche in tutte le altre terre; insomma, gli ebrei devono scomparire?
«Per quanto riguarda l’essere “abusivi” in Israele, il cantautore Herbert Pagani definiva il “colonialismo” ebraico come l’unico nel quale i colonizzatori ovunque dissodino la terra scoprono tombe di lontani antenati. E no, gli ebrei non devono scomparire. E credo che la questione non riguardi solo loro». (giornalistitalia.it)

Giuseppe Mazzarino

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