Equo compenso per i giornalisti e ammortizzatori sociali ridotti a chi dà dipendi d’oro

Ddl editoria passa al Senato e torna alla Camera

rotativaSenatoROMA – Con 154 voti favorevoli, 36 voti contrari e 46 astenuti il Senato ha approvato il ddl n. 2271, sulla “Istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti”. Il testo, modificato rispetto alla prima lettura, torna ora all’esame della Camera dei deputati.
“L’approvazione del disegno di legge sull’istituzione del “Fondo per il pluralismo e l’innovazione presso il ministero dello Sviluppo economico e la delega al governo per ridefinire la disciplina sui contributi pubblici, nonché sui prepensionamenti dei giornalisti e sul Consiglio dell’Ordine” è frutto di un buon lavoro di tanti senatori, in primo luogo del Pd e della maggioranza, che in Commissione e in Aula hanno cercato soluzioni condivise per approvare una riforma non più prorogabile”. Così il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda.
“Finalmente – aggiunge Zanda – c’è un testo che interviene in modo organico in un settore che aspettava da troppo tempo di essere riorganizzato. Un testo che detta norme chiare, definisce il prodotto editoriale, unifica i contributi e dispone di far decadere da ogni contributo, diretto o indiretto, le aziende che aggirano i contratti e le norme previdenziali. Quello approvato è un buon testo, dà piena attuazione all’articolo 21 della Costituzione assicurando, a livello sia nazionale che locale, libertà, indipendenza, pluralismo dell’informazione e, al contempo, incentivando l’innovazione dell’offerta informativa e dei processi di distribuzione e di vendita. Una legge che intende sostenere le imprese editoriali attraversate da una crisi gravissima tutelando insieme i giornalisti più giovani, spesso sfruttati e con compensi modesti”.
Palazzo Madama ha approvato, tra l’altro, l’emendamento di Roberto Calderoli al ddl sull’editoria che prevede una riduzione di accesso al Fondo per gli ammortizzatori sociali per quell’azienda editoriale che ha il proprio personale, i propri collaboratori e amministratori con stipendi che superano il tetto dei 240mila euro previsto per la Pubblica Amministrazione che poi è lo stipendio previsto per il presidente della Repubblica. Il testo è stato riformulato rispetto alla versione originaria presentata ieri da Calderoli.
Ad alimentare il Fondo saranno non solo le risorse statali destinate al sostegno dell’editoria quotidiana e periodica, ma anche quelle per le emittenti locali. Previsto l’utilizzo di una quota, fino a 100 milioni di euro annui per il periodo 2016-2018, delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone Rai in bolletta. Ci sarà anche un contributo di solidarietà da parte dei concessionari di pubblicità su tv e stampa (lo 0,1% del reddito complessivo annuo).
Il testo delega il governo a ridefinire l’intera disciplina – entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge – partendo dalla platea dei beneficiari. Tra questi potranno esserci, oltre alle tv locali, le cooperative giornalistiche e gli enti senza fini di lucro, quotidiani e periodici espressione delle minoranze linguistiche, imprese ed enti che editano periodici per non vedenti o ipovedenti, associazioni di consumatori, imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero.
Vengono, invece, esclusi esplicitamente i giornali di partito e le imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa. Contributi ridotti per le aziende che hanno personale, collaboratori e amministratori con stipendi sopra i 240 mila euro. Ulteriori requisiti riguardano la riduzione a due anni dell’anzianità di costituzione dell’impresa editrice, il regolare adempimento degli obblighi derivanti dai contratti di lavoro e l’edizione della testata in formato digitale, anche in parallelo con quella cartacea.
L’ammontare del contributo dipenderà dal numero di copie annue vendute (comunque non inferiore al 30% delle copie distribuite per le testate locali e al 20% per quelle nazionali) e dagli utenti unici raggiunti, oltre che dal numero di giornalisti assunti. Sono previsti “criteri premiali” per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori under 35 e limiti massimi al contributo erogabile (50% del totale dei ricavi dell’impresa).
Il governo dovrà anche semplificare il procedimento per l’erogazione dei contributi, incentivare gli investimenti nell’innovazione digitale, assegnare finanziamenti a progetti innovativi, liberalizzare la vendita dei prodotti editoriali (garantendo il pluralismo delle testate) e gli orari di apertura dei punti vendita, incentivare sul piano fiscale gli investimenti pubblicitari su quotidiani e periodici nonché sulle radio e tv locali.
Il testo delega il governo ad adottare criteri più stringenti per il ricorso ai prepensionamenti dei giornalisti e nuove regole per il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti (il numero dei componenti, ridotto a 36 alla Camera, è stato portato a 60 dal Senato).
Il provvedimento definisce l’erogazione del contributo in due rate (la prima entro il 30 maggio, pari al 50%), i tempi e le modalità di presentazione delle domande, la definizione di testata.
Il provvedimento, oltre al Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, alimentato da risorse statali già destinate all’editoria e all’emittenza locale, istituisce anche un contributo di solidarietà a carico delle società concessionarie di raccolta pubblicitaria e per una parte, fino a un massimo di cento milioni, dalle maggiori entrate del canone Rai. Ed ancora: conferisce deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria e dell’emittenza locale, per riordinare la disciplina pensionistica dei giornalisti, riordino dei contributi alle imprese editrici, attraverso l’introduzione di un riferimento all’equo compenso dei giornalisti e dettando nuove disposizioni per la vendita dei giornali, prevedendo la liberalizzazione degli orari e dei punti vendita. Infine, riduce a dieci anni  la concessione del servizio pubblico.

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