Per il quotidiano sardo si profila lo stesso destino de Il Centro e La Città di Salerno

Cessione in vista, sciopera La Nuova Sardegna

La Nuova SardegnaCAGLIARI – Per la terza volta nell’ultima settimana “La Nuova Sardegna” non è in edicola.
Lo sciopero che oggi ha impedito la pubblicazione del quotidiano è stato proclamato ieri dall’assemblea dei redattori dopo la conferma delle “trattative sulla cessione o l’affitto – spiegano i giornalisti – che i vertici del gruppo Espresso hanno confermato di avere intavolato in forma preliminare su La Nuova Sardegna, che potrebbe dunque uscire dal perimetro del gruppo dopo ‘Il Centro’ e ‘La Città di Salerno’.
Oggi è prevista un’assemblea plenaria dei redattori per analizzare la situazione e decidere eventuali altre forme di protesta. È quanto comunicano i giornalisti del quotidiano sardo.
L’assemblea dei giornalisti e il Cdr della Nuova Sardegna, infatti, denunciano e respingono con forza l’annuncio pubblico da parte dei vertici del Gruppo l’Espresso-Finegil «di avere in corso ragionamenti» sulla possibile vendita o affitto della testata La Nuova Sardegna a soggetti terzi non ancora definiti. Vendita o affitto, sempre secondo l’azienda, si renderebbero necessari per rispettare le quote del 20 per cento delle tirature nazionali dei giornali quotidiani stabilite dalla legge 416/81, in seguito alla decisione di fondere il gruppo l’Espresso con la società editrice Itedi. La risposta della redazione a qualunque delle due ipotesi prospettate dall’amministratore delegato Monica Mondardini è un no secco e senza appello.
I motivi della ferma opposizione sono diversi. Il quotidiano La Nuova Sardegna non può essere messo al centro di operazioni finanziarie senza che in via preliminare sia assicurata l’indipendenza del giornale, finora garantita anche grazie all’imparzialità dimostrata in questi anni dallo stesso gruppo editoriale. Indipendenza di cui la redazione è da sempre custode intransigente e continuerà a esserlo. I nuovi possibili scenari prospettati dai vertici di Espresso-Finegil aprono una grave e inaspettata situazione d’incertezza sul futuro de La Nuova Sardegna. Incertezza inammissibile e oggi scaricata in maniera immotivata su un giornale che, negli ultimi decenni, ha contribuito al successo editoriale dell’intero gruppo, anche grazie ai suoi importanti utili. E ancora l’ipotesi di cessione della Nuova Sardegna a società editoriali diverse è per l’assemblea e il Cdr anche un palese tradimento degli impegni presi a suo tempo, nel 1980, dall’editore Caracciolo al momento dell’acquisto delle azioni dall’ex società Sir e ribadite anche nel 2013 dai vertici del Gruppo nell’atto di incorporazione dell’editoriale La Nuova Sardegna nel gruppo Finegil. Impegni che possono essere riassunti in alcune delle frasi contenute nell’accordo di appena tre anni fa: «La Nuova Sardegna è patrimonio storico del sistema d’informazione di una regione autonoma speciale», e in virtù di questo riconoscimento allora l’azienda si impegnava – testuale – a «salvaguardare le condizioni per sviluppare, anche attraverso specifici investimenti, un giornale con forte caratterizzazione identitaria». Impegni oggi disattesi non solo nei confronti della redazione, ma soprattutto della Sardegna e della Regione Autonoma della Sardegna, che è stata garante del primo acquisto, quello del 1980. È stata disattesa anche la promessa che la successiva incorporazione non avrebbe provocato alcun contraccolpo.
L’assemblea dei redattori della Nuova Sardegna ha proclamato l’immediato stato di agitazione, con il blocco delle dirette Facebook, delle dirette sportive e degli inserti, affidando al Cdr un pacchetto di 5 giorni di sciopero. La stessa assemblea resterà convocata durante tutte le fasi del confronto sul futuro della Nuova Sardegna che l’ad Monica Mondardini ha assicurato di voler aprire con il Cdr, assistito dalla Fnsi.
I giornalisti della Nuova Sardegna si impegnano a coinvolgere in quella che è una vertenza non solo loro ma dell’intera isola, le forze sociali e politiche perché un patrimonio storico e intellettuale non sia trattato come una mera partita finanziaria che non ha nulla a che fare con la funzione di un giornale: informare.

 

 

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