Recapitato oggi a Stoccolma dopo oltre un mese dall’interrogatorio ecuadoriano

Wikileaks, in Svezia il verbale del caso Assange

Julian Assange sorvegliato a vista da Scotland Yard

Julian Assange sorvegliato a vista da Scotland Yard nell’Ambasciata dell’Ecuador a Londra

STOCCOLMA (Svezia) – Dopo oltre un mese e mezzo è stato recapitato oggi dalle autorità ecuadoriane a quelle svedesi il verbale definitivo dell’interrogatorio cui Julian Assange fu sottoposto il 14 e il 15 novembre scorsi presso l’ambasciata del Paese sud-americano a Londra, dove il fondatore di Wikileaks vive asserragliato dal giugno 2012. Lo hanno annunciato fonti dell’ufficio del pubblico ministero presso la Procura di Stoccolma, secondo cui occorreranno diverse settimane per tradurre il testo, tra le quattrocento e le cinquecento pagine redatte per la maggior parte in lingua spagnola.
Una volta che la documentazione sarà stata studiata adeguatamente, gli inquirenti “decideranno sull’eventuale prosecuzione delle indagini preliminari”, hanno precisato le fonti. Il 45enne hacker australiano era stato sentito alla presenza del procuratore aggiunto Ingrid Isgren e dell’ispettore di polizia Cecilia Redell, che dal 2010 conducono un’inchiesta per reati di natura sessuale a carico dello stesso Assange ma che non erano potute intervenire in prima persona.
Una complicata trattativa diplomatica tra Quito e Stoccolma era, infatti, sfociata in un accordo che prevedeva fosse il ministero della Giustizia dello Stato scandinavo a fornire l’elenco delle domande da sottoporre all’inquisito, ma che a formularle materialmente e a raccogliere le risposte fosse unicamente il magistrato ecuadoriano Wilson Toainga, presente al colloquio per tutto il tempo insieme all’ambasciatore Carlos Ortiz e a uno degli avvocati di Assange, loro connazionale. Non era, invece, stato autorizzato nemmeno ad ascoltare il legale svedese del leader di Wikileaks, Per Samuelsson, il quale ha nel frattempo impugnato la propria esclusione.
Assange deve, ormai, rispondere di una sola delle quattro accuse mossegli a suo tempo, le altre essendo cadute per sopravvenuta prescrizione. Si tratta, però, della più grave, per la quale rischia una condanna a dieci anni di carcere. Si è, inoltre, sempre rifiutato di recarsi in Svezia, adducendo come giustificazione il timore di finire con l’essere estradato negli Stati Uniti, che lo vogliono processare per spionaggio dopo la ben nota divulgazione di un’enorme quantità di documenti e file secretati, anche sulle guerre in Iraq e in Afghanistan: addebito, almeno sulla carta, punibile persino con la pena capitale. (agi/efe)

 

 

 

 

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