La Corte di Cassazione dà ragione al Corriere Adriatico e condanna il Sigim

Niente corta se non si lavora per 5 giorni

Corte di CassazioneROMA – La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Sindacato Giornalisti Marchigiani (Sigim) avverso la sentenza con la quale, nel 2011, la Corte di Appello di Ancona aveva confermato la decisione con la quale, nel 2009, il Tribunale del capoluogo marchigiano ha escluso la sussistenza di comportamento antisindacale da parte del Corriere Adriatico in merito all’applicazione della settimana corta contenuta nel Contratto nazionale di lavoro giornalistico Fieg-Fnsi.
La vicenda è legata alla vertenza per il rinnovo contrattuale che, nel 2006, registrò 17 giornate di sciopero per le quali il quotidiano marchigiano non riconobbe ai giornalisti la giornata di riposo infrasettimanale che, a giudizio del Sigim, configurava una condotta antisindacale da parte dell’azienda.
La decisione si fondava essenzialmente sul mancato riconoscimento ai giornalisti della giornata di riposo settimanale per non aver lavorato l’intero orario settimanale, a seguito di astensione collettiva dal lavoro, che a giudizio del Sigim si configurava come lesione del diritto alla ulteriore giornata di riposo (fermo quello in coincidenza naturale con la domenica). L’azienda, invece, ha agito considerando che la “corta” matura soltanto in conseguenza dell’osservanza dell’orario di lavoro settimanale, articolato su cinque giornate (ciascuna per 7 ore e 12 minuti, mentre la sesta a zero ore).
Corriere AdriaticoLa Sezione Civile della Suprema Corte (Vincenzo Di Cerbo presidente, Federico Balestrieri relatore), confermando i precedenti gradi di giudizio, ha osservato che «in primo luogo il caso di specie non riguarda il diritto al riposo (settimanale) costituzionalmente tutelato, ma solo la richiesta di non lavorare egualmente il sesto giorno, giornata lavorativa a zero ore, e solo impropriamente denominata “riposo compensativo” (comunque aggiuntivo e non oggetto di tutela costituzionale). In secondo luogo deve considerarsi che … l’azienda non trattenne agli scioperanti l’intera retribuzione giornaliera (7h e 12′), bensì la sola retribuzione (non dovuta per sciopero) di 6 ore connessa all’orario di 36 ore su sei giorni; nella nota in questione infatti si lamenta che “considerati i 17 giorni di sciopero fatti nel 2006, ci risulta un totale di 3,4 giornate lavorative trattenute per ogni persona”.
SigimIn sostanza
– osserva la Suprema Corte – l’azienda trattenne (o non valutò per i fini in questione) solo 1h e 12′ di lavoro (non svolto), come deriva dal calcolo 1h e 12′ moltiplicato per 17 (giorni di sciopero), diviso 6 (l’orario teorico giornaliero senza settimana corta), con conseguente trattenuta di retribuzione pari esattamente a 3,4 giornate lavorative. Non sussiste dunque alcun comportamento antisindacale, diretto in sostanza a disincentivare l’attività sindacale, ma la corretta applicazione di principi in tema di sciopero e della disciplina contrattuale collettiva in tema di riparto dell’orario di lavoro (e delle connessa retribuzione). In questa ottica anche la Corte di merito ha evidenziato che in base all’art. 7, comma 11, cnlg, la retribuzione giornaliera si ottenne considerando sei giornate lavorative a settimana e cioè la retribuzione giornaliera rapportata a quella mensile diviso 26 e poi divisa per 6». In sostanza, il Corriere Adriatico «non ha fatto altro che applicare i principi sull’orario di lavoro previsti dal contratto».
In accoglimento delle richieste del sostituto procuratore generale Rita Sanlorenzo, la Corte di Cassazione ha, pertanto, condannato il Sigim al pagamento delle spese liquidate in 200 euro per esborsi e 4500 euro per compensi, oltre alle spese generali nella misura del 15% più Iva e Cpa. (giornalistitalia.it)

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