Nel luglio del 2014 Michele Inserra scrive che a San Procopio la statua del santo...

“Libera” solidarietà. Ma il sindaco è indagato

Michele Inserra

Michele Inserra

Il TempoSAN PROCOPIO (Reggio Calabria) – «Libera» senza pace. Dopo il siluramento, via sms, di Franco La Torre, figlio del leader del Pci siciliano Pio, ammazzato dalla mafia 33 anni fa, che ha rotto con l’associazione antimafia accusando il suo fondatore, don Luigi Ciotti, di autoritarismo, ecco che in Calabria il referente regionale di Libera, Mimmo Nasone, dà la sua solidarietà, con tanto di sperticato elogio, a un sindaco sotto inchiesta per calunnia aggravata dall’aver favorito la mafia.
Per raccapezzarsi sulla nuova vicenda che vede coinvolta la «creatura» di don Ciotti occorre fare un passo indietro. È il luglio del 2014 quando Michele Inserra, giornalista del Quotidiano del Sud, scrive che a San Procopio (Reggio Calabria), nel corso della festa patronale, la statua del santo si ferma davanti casa di Grazia Violi, moglie di Nicola Alvaro, ritenuto dagli investigatori elemento di spicco dell’omonima cosca. La donna fa la sua offerta e va via.
Il caso non passa inosservato e la procura reggina apre un’inchiesta. L’articolo di Inserra, però, risulta indigesto al sindaco di San Procopio, Eduardo Lamberti Castronuovo, il quale spiega che alla processione, insieme a lui, c’era il maresciallo dei carabinieri, al quale aveva chiesto «se c’erano problemi e mi ha risposto di no, altrimenti avrei sospeso tutto». Per il primo cittadino, dunque, quelle di Inserra sono «baggianate».
Convinzione che lo induce a denunciare il cronista per diffamazione e a convocare un consiglio comunale per chiedere alla comunità di sottoscrivere la querela.
Ma in pochi giorni la Dda di Reggio Calabria scopre che la storia raccontata da Inserra è vera e indaga il sindaco per aver calunniato il giornalista, ipotizzando l’aggravante mafiosa in quanto, negando quei fatti, Castronuovo avrebbe avvantaggiato il clan Alvaro.
L’inchiesta si allarga fino all’iscrizione nel registro degli indagati anche del maresciallo della Stazione di San Procopio, Massimo Salsano, per l’ipotesi che abbia dichiarato il falso nel verbale, e di don Benedetto Rustico, parroco del piccolo centro reggino, accusato di non aver detto la verità al magistrato.
Fin qui l’antefatto. Il seguito prende le mosse da un incendio appiccato da ignoti alla biblioteca della scuola del paese. Il gesto, infatti, induce il rappresentante di Libera in Calabria a mettere nero su bianco l’elogio del sindaco, tanto da far dire allo stesso Inserra che «Nasone non si è limitato a condannare l’episodio, ma ha esaltato l’amico sindaco elevandolo a presunto paladino della legalità».
Su ReggioTv, di proprietà dello stesso Lamberti Castronuovo, il referente regionale dell’associazione di don Ciotti, in effetti, scrive: «Carissimo Eduardo (…), sai quanto ti stimo e quanto apprezzo il tuo competente e coraggioso servizio alla nostra terra (…). Il loro obiettivo (degli attentatori, ndr) è fare in modo che le persone perbene e oneste, e tra questi gli amministratori incorruttibili e facitori tenaci e ostinati del bene comune, lascino il campo e si arrendano». E l’inchiesta? «Libera» dimenticanza! (Il Tempo)

Luca Rocca

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