Scuse di Pierluigi Roesler Franz a Fabrizio de Jorio, Pierangelo Maurizio e Nicola Borzi

“Inpgi-Sopaf, ho fatto la figura del peracottaro”

Pierluigi Roesler Franz

Pierluigi Roesler Franz

Fabrizio de Jorio

Fabrizio de Jorio

Pierangelo Maurizio

Pierangelo Maurizio

ROMA – Circa 10 mesi fa si tenne a Roma una conferenza stampa sulla vicenda Sopaf cui non partecipò il presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, che vi era stato invitato per chiarire i termini dell’operazione che gravava sulle casse dell’Istituto. Ad organizzare l’incontro erano stati i colleghi Fabrizio de Jorio (Rai) e Pierangelo Maurizio (News Mediaset) della corrente sindacale romana di “Giornalisti in movimento”. Il resoconto fu riportato nell’articolo di Marco Chinicò, pubblicato su chinicsnews.it, dal titolo “Caso Sopaf: Inpgi parte lesa, Giornalisti in Movimento attende spiegazioni dal Presidente Camporese”.
Nel corso della conferenza stampa furono rivolte all’Inpgi le seguenti 4 domande alle quali, ovviamente, nessuno dette allora una risposta ufficiale. Eccole: 

«1) E’ vero che il 23 febbraio 2009 il presidente Camporese per conto dell’Inpgi firmava un contratto con la Sopaf per l’acquisto di quote Fip, “pari ad euro 30 milioni” a prezzo “immodificabile”, senza che nel contratto vi fosse “alcuna indicazione del valore della quota”, ma solo con l’indicazione dell’ammontare complessivo dell’investimento? 2) È vero che il 31 dicembre 2008 la Sopaf aveva stipulato un contratto con la società austriaca Immowest per l’acquisto di quote Fip al valore di 100 mila euro ciascuna? 3) È vero che il 6 marzo 2009 l’Inpgi anticipava alla Sopaf 30 milioni di euro in unico bonifico per l’acquisto delle quote Fip che la Sopaf, di fatto, ancora non deteneva? 4) È vero che solo pochi giorni dopo, cioè il 12 marzo 2009, la Sopaf con la somma anticipata dall’Inpgi perfezionava l’acquisto da Immowest delle quote Fip a 100 mila euro ciascuna rivendendole all’Inpgi ad un prezzo di circa 130 mila euro ciascuna?»

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A queste 4 domande ha ora risposto affermativamente l’avvocato Andrea Marani, legale esterno di fiducia dell’Inpgi. Insomma, sarebbe tutto vero (vi é solo un piccolo – ma ulteriormente peggiorativo lapsus per l’Istituto perché la data esatta sulla 3ª domanda é il 3, e non il 6, marzo 2009). Pertanto, secondo quanto riportato nella Relazione di 19 pagine dell’avv. Marani, i colleghi Fabrizio de Jorio e Pierangelo Maurizio avrebbero perfettamente ragione. Ma avrebbe pienamente ragione e gliene dò ora pubblicamente atto, scusandomi molto con lui per averlo persino duramente e ingiustamente contestato, anche il collega Nicola Borzi, de “Il Sole 24 Ore”, che ben prima ancora, il 17 febbraio 2012 ed esattamente in vista delle elezioni per l’Inpgi cui si era candidato con il n. 8 nella lista ”Professionisti per l’Inpgi”, sostenuta dalla corrente sindacale milanese di Senza Bavaglio, aveva scritto un articolo intitolato: “Quell’affare (per chi?) delle quote di Fip vendute tre anni fa all’Inpgi”.
Vi si legge, tra l’altro: “Scopriamo, soprattutto, che nelle prime settimane del 2009, appena prima della cessione di quote di Fip a Inpgi, Sopaf aveva acquistato dalla società austriaca Immowest del gruppo Immofinanz (troverete allegati i bilanci) 800 quote del fondo Fip (una partecipazione pari al 6% del totale del Fondo) al valore di 80 milioni di euro, con un prezzo unitario per quota di 100mila euro.
Operazione stranissima, questa, perché il gruppo austriaco Immofinanz aveva comprato quella stessa partecipazione del 6% di Fip, anni prima, per 100 milioni. Com’è che la vendette a inizio 2009 a Sopaf con uno “sconto” (cioè, per gli austriaci, una perdita secca) di 20 milioni? E com’è che Sopaf vendette subito dopo le quote all’Inpgi? A quale prezzo? Al prezzo di carico delle quote acquisite all’avvio del Fip (126.667 euro l’una) o a quello a cui le aveva avute “a sconto” dagli austriaci (100mila euro l’una).
Se Sopaf le avesse vendute su una base di carico nel proprio bilancio di 100mila euro l’una, avrebbe realizzato, su 30 milioni di ricavi, ben 7 milioni e mezzo di utile, cioè un profitto del 33% pagato ovviamente dall’Inpgi e da tutti i suoi iscritti.
Allora com’è che nella delibera di acquisto del presidente Camporese si presenta l’affare come lucroso per l’istituto, si parla di “sconto” del 4,39% e si dice che il valore unitario certificato delle quote Fip era di oltre 140mila euro l’una? Non pare essere sicura questa valutazione se si considera che il valore unitario della quota del Fondo, pubblicato ufficialmente da Fip, al 31 dicembre 2008 era pari a 138.552,563 euro.
Perché, nonostante la stampa economica e internazionale ne avesse parlato diffusamente (vedi gli articoli del Sole 24 Ore e di altre testate internazionali), nessuno a quanto pare dentro l’Inpgi si dedicò a capire come mai, appena poche settimane prima di cedere quote di Fip a Inpgi, Sopaf avesse acquistato dal gruppo austriaco quote di Fip per un valore inferiore del 20% a quello pagato dagli austriaci e comunque inferiore di oltre il 33% al prezzo pagato dall’Inpgi a Sopaf solo pochi giorni dopo? Dunque nell’acquisto di quote di Fip per 30 milioni, il 19 febbraio 2009, con una delibera firmata dal presidente Camporese, chi ha fatto l’affare: l’Inpgi o la Sopaf che avrebbe guadagnato 7,5 milioni su 30 di ricavi?
Due anni dopo, il 13 maggio 2014, all’indomani dell’arresto a Milano dei fratelli Magnoni, Nicola Borzi scrisse: “L’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi) ha la sfrontatezza di dire che non si sente truffato (come, invece, affermano i magistrati) dai fratelli Magnoni e dai loro soci di Sopaf (sette arresti e un mazzo di avvisi di garanzia) per l’acquisto delle quote del Fondo immobili pubblici (Fip) avvenuto nel febbraio 2009.
La motivazione per cui Inpgi non si sente truffato? «Perché l’investimento ha prodotto un rendimento positivo», rispondono. La risposta è risibile, rivolta a un pubblico, quello dei giornalisti (che versano la loro pensione all’Inpgi), trattato come se fosse composto da imbecilli. Perché? Perché Sopaf acquistò le quote Fip pochi giorni prima di rivenderle all’Inpgi pagandole il 30% in meno della somma che sborsò l’Istituto previdenziale dei giornalisti. Il quale continua a dire di aver fatto un affare.
Dunque, facciamo un esempio: se io compro una casa che vale 100 mila euro – diciamo un valore a caso – e invece la pago oltre 130 mila – sempre a caso –, poi la affitto e incasso ogni mese la pigione e nel frattempo il valore della casa sale, io posso continuare a ritenere di aver fatto «un affare», perché il rendimento combinato dell’affitto e della rivalutazione della casa é positivo.
Ma la verità è e resta il fatto che io quella casa l’ho strapagata (oltre il 30% in più). Se non l’avessi pagata così tanto, coi soldi risparmiati (30mila euro) avrei potuto magari comprare anche un box e affittare pure quello, oppure dei Bot, o metterli in un conto di deposito. Ora, se l’avessi fatto, il rendimento del mio investimento – e il mio patrimonio – sarebbero assai più alti. Ho scritto 100 mila e 130 mila euro non a caso. Sono i valori ai quali Sopaf acquistò (100mila euro) ciascuna quota del Fip e la rivendette (a 130 mila e rotti euro) a Inpgi. Su 250 quote Sopaf lucrò in pochi giorni un guadagno di 7,5 milioni di euro a spese dell’Inpgi.

Perché l’Inpgi si chiude a riccio e non ammette l’errore? Ci sono due spiegazioni plausibili: 
1 – dolo: secondo i magistrati (che vogliono verificare la condotta dei vertici dell’Inpgi stesso), l’Istituto previdenziale dei giornalisti è stato truffato, cioé raggirato, indotto a credere falsamente che l’operazione di acquisto delle quote Fip (per un valore totale di 30 milioni di euro) fosse «un affare», mentre é dimostrato che il vero affare lo fece Sopaf, lucrando per pochi giorni di compravendita ben 7,5 milioni (su 30!);
 2 – incompetenza: gli organi dirigenti e di controllo dell’Inpgi del 2009 (quelli in carica all’epoca dell’operazione Fip) non si accorsero della antieconomicità dell’investimento.

In entrambi i casi, l’Inpgi (cioé tutti i giornalisti italiani che versano all’Istituto i loro fondi previdenziali) hanno subito un danno. E i vertici dell’Inpgi sanno che, una volta acclarato il danno, la Procura della Repubblica è tenuta a inviare una segnalazione di questo danno alla Corte dei Conti, la quale controlla (solo formalmente) i bilanci dell’Inpgi e può chiedere a tutti i componenti degli organi dirigenziali e di controllo dell’Istituto previdenziale in carica nel 2009 i danni – pro quota – che i loro errori hanno causato all’Istituto stesso.
Ecco perché oggi gli amministratori dell’Inpgi si affannano a dichiarare che «l’Istituto è parte terza» e non «vittima di truffa» (come invece scrivono i magistrati): perché c’é chi teme di essere chiamato a rifondere, pro quota, i 7,5 milioni sborsati in eccesso dall’Inpgi stesso. Alcuni di coloro che erano ai vertici dell’Inpgi nel 2009, quando l’operazione Fip fu fatta (come lo stesso presidente Camporese, che firmò la delibera di investimento) siedono ancora ai vertici dell’Istituto: mi pare chiaro perché minimizzano e parlano di «operazione fruttuosa».  Ma la verità nuda e cruda è questa”.
 
Come sindaco Inpgi gli risposi che l’Inpgi 2, avendo sempre sostenuto di aver pagato un prezzo per le 225 quote Fip inferiore a quello di mercato e di aver tratto un buon guadagno da questa operazione (circa il 38% di rendimento netto in 5 anni), non avendo subito un danno, non poteva costituirsi parte lesa.

 Ma mi replicò subito Borzi: “Il fatto che Inpgi 2 abbia acquistato le quote Fip «sotto il loro valore di mercato» non toglie che la Sopaf le avesse acquistate pochi giorni prima pagandole 7,5 milioni in meno, dunque con un valore ancora più basso: non era un valore «di mercato», essendo quello pagato per una compravendita, anche quello? Il fatto che le quote Fip abbiano reso non cancella quei 7,5 milioni con i quali Inpgi avrebbe potuto acquistare e far rendere, magari, altri investimenti, magari proprio un numero maggiore di quote Fip”.
Quanto al fatto che io sostenessi che l’Inpgi 2 non era stato truffato mi contestò: “Spiegalo ai magistrati, perché sono loro a ritenere che truffa ci sia stata e ad avere usato questo termine, indicativo di un’ipotesi di reato ben precisa”.
Cari Consiglieri Generali Inpgi, la Relazione del 5 marzo 2015 dell’avv. Marani, legale esterno di fiducia dell’Inpgi smentisce del tutto le precedenti affermazioni dell’Inpgi. In pratica sarei stato completamente depistato e tratto in inganno, perché proprio sulla base di quelle tranquillizzanti affermazioni avevo difeso l’operato dell’Istituto prendendo apertamente posizione a suo favore. Pertanto – anche se in perfetta ed assoluta buona fede e con la coscienza a posto – avrei, invece, sbagliato facendo comunque la cosiddetta figura del “peracottaro”. Me ne rammarico molto, chiedendo di nuova scusa ai colleghi Fabrizio de Jorio (Rai), Pierangelo Maurizio (News Mediaset) e Nicola Borzi (Plus24 – Il Sole 24 Ore).
In conclusione, sarei stato bellamente preso in giro e turlupinato dagli Uffici Inpgi, essendomi fidato delle sole carte che mi sono state mostrate e delle rassicurazioni verbali avute (molte altre carte mi sono state, invece, nascoste, come la Relazione dell’avv. Marani).
Poiché, però, c’é in ballo, soprattutto, l’immagine di un Istituto previdenziale prestigioso, come l’Inpgi, che ha alle spalle una gloriosa storia di quasi un secolo e che rischia di uscire a pezzi da questa brutta storia, è tassativamente necessaria l’assoluta trasparenza e chiarezza verso tutti gli iscritti che hanno pieno diritto di sapere, per filo e per segno, come sono andate realmente le cose e se vi siano state eventuali responsabilità gestionali ed amministrative. Insomma, é necessaria una ricostruzione, esatta al mille per mille, della delicata vicenda.
Per questo invito cortesemente a voler richiedere, ai sensi dell’art. 11, primo comma, dello Statuto Inpgi, la convocazione motivata di una seduta straordinaria del Consiglio generale (bastano solo 18 firme).
Ricordo, peraltro, che il Consiglio Generale si sarebbe già dovuto riunire tra breve per modificare lo Statuto Inpgi (fra appena 3 giorni, martedì 24 marzo, come forse saprete, si terrà la riunione forse finale dell’apposita Commissione) al fine di contenere i costi di gestione, riducendo il numero dei consiglieri generali e ammettendo la possibile rielezione del Presidente Camporese nella primavera 2016 per altri 4 anni fino al 2020 (sarebbe così questo il suo terzo mandato quadriennale, mentre oggi é vietato perché lo Statuto ammette la rielezione del Presidente solo per 2 mandati consecutivi).

Pierluigi Roesler Franz


Sindaco Revisore dei Conti Inpgi

http://www.chinicsnews.it/notizie-di-attualita/602-caso-sopaf-inpgi-parte-lesa-giornalisti-in-movimento-attende-spiegazioni-dal-presidente-camporese.html

Un commento

  1. Carissimo Pierluigi, ho letto tutto molto attentamente e ho maturato la convinzione che, alla base di questi comportamenti poco chiari, vi sono interessi di più persone che hanno potuto prendere decisioni liberamente. Ho piena fiducia in te, ben conoscendo la tua onestà e la tua competenza straordinaria. Sono sicuro che potrai presto scoprire i retroscena e sono a tua disposizione. Auguri e un abbraccio.

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