Volto noto e amatissimo nella città dello Stretto, è morto all’improvviso a 73 anni

Addio a Mino Licordari, papà della tv di Messina

Mino Licordari

Mino Licordari

MESSINA – È stato un infarto a stroncare la vita dell’avvocato e giornalista Mino Licordari, 73 anni, pioniere della televisione made in Messina. In particolare della RTP, la prima tv privata della città, a cui ha legato gran parte della sua carriera come cronista sportivo.
Le sue cronache del Messina calcio, a cui si era dedicato dopo anni di passione per il basket, come ricordano i colleghi, hanno segnato un’epoca.
Licordari ha legato il suo nome anche a trasmissioni di approfondimento e talk show, specie negli ultimi anni, e ad altre emittenti televisive locali, oltre a Rtp, quali Televip, Tremerai e Tcf. Collaborò anche con il Corriere dello Sport.
Profondo Cordoglio viene espresso dal segretario provinciale dell’Assostampa Messina, Giuseppe Gulletta, e dal componente del Comitato amministratore dell’Inpgi, Orazio Raffa.
Volto amatissimo e tra i più noti della tv messinese, Mino Licordari era il papà di Maurizio, anche lui giornalista. Che sulla sua pagina Facebook ha scritto una lettera indirizzata al papà, scomparso poche ore prima:
“Due giorni fa era la festa del papà. Leggevo divertito le parole di tanti figli orgogliosi dei propri padri. Lodati ed elogiati, come forse nessuno degli scrittori improvvisati, di quelle giornate, aveva fatto capire a loro, al momento giusto. I loro eroi.
Ho avuto la tentazione di scrivere qualcosa anch’io. Ma poi ho resistito. Perché a casa nostra le ricorrenze “istituzionali” non erano mica poi così sentite.
Mi hai insegnato che l’affetto e la stima si dimostrano ogni giorno. E ho provato a farlo, con te. Al netto dei litigi e delle incomprensioni che due uomini con quarant’anni di differenza fronteggiano ogni giorno.
Il destino è stato beffardo. Era forse l’ultima occasione per scriverti con la certezza che saresti riuscito a leggermi. Lo facevi sempre, quasi sempre di nascosto. A volte, però, qualcuno faceva la spia. E scoprivo se e quanto avessi apprezzato ciò che facevo.
Raramente mi hai detto che eri orgoglioso di me. Non perché non accadesse, intendiamoci. Solo perché non volevi che mi fermassi.
Il tuo insegnamento più grande è sempre stato questo. Corri. Non fermarti. Non guardare cosa hai fatto di buono, guarda ciò che potresti far meglio.
Lavora. Quanto e più degli altri. Perché non serve esser bravi se c’è qualcuno che lavora più di te.
Avrei voluto darti un millesimo di ciò che tu hai dato a me. Avrei voluto dirti grazie per essere stato padre, amico, maestro. Eroe.
Perché – lo sai – non ho mai provato a imitarti, consapevole, forse, che non ci sarei riuscito. Ho sempre cercato la mia strada e continuerò a farlo.
Però il mio eroe lo sei sempre stato.
E mi hai insegnato che quando si affronta un grande dolore bisogna trovare un modo per andare avanti.
Ci proverò, anche stavolta. Ma è dura, pa’.
Ora ti saluto. Vado a fare la barba. Che tanto lo so che mica l’hai mandata giù davvero.
Fai bei sogni. E sappi che, se e quando toccherà a me, proverò a essere un padre straordinario. Proprio come lo sei stato tu”.

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