A “Crescere tra le righe” i consigli dei direttori dei quattro più importanti quotidiani Usa

Ma quali scuole, il giornalismo è una missione

Martin Baron, direttore del Washington Post

Martin Baron, direttore del Washington Post

BORGO LA BAGNAIA (Siena) – Dopo gli interventi nella giornata inaugurale, i quattro direttori dei grandi giornali americani invitati al convegno “Crescere tra le righe”, a Borgo La Bagnaia, sono stati protagonisti di un confronto sul palco, moderato dal direttore de La Stampa, Mario Calabresi, nel corso del quale hanno parlato del futuro del giornalismo in epoca di social network e delle qualità del giornalista del XXI secolo.
“Il giornalista – ha sostenuto Martin Baron del Washington Post – oggi deve saper realizzare video, capire i codici informatici. Per la formazione ci sono tante strade. Nel nostro quotidiano c’è chi si è laureato in giornalismo e chi no. Abbiamo bisogno di gente che abbia confidenza con l’informatica. Negli Stati Uniti c’è un programma finanziato da una grande fondazione che incoraggia gli informatici a entrare nel mondo del giornalismo”.
“Ci vuole – ha affermato Dean Baquet, direttore del New York Times – un senso di missione. Serve capacità di scrittura, ma anche propensione alla riflessione. Non credo che sia necessario studiare giornalismo. Se si è curiosi, se si legge molto, si ha già un piede nelle redazioni”.
“Non è un male studiare giornalismo – ha convenuto Gerard Baker, direttore del Wall Street Journal – ma non è necessario. Io non ho studiato giornalismo. Abbiamo bisogno di gente capace di leggere i codici, che abbia competenze informatiche. Sono generalmente colpito dalla qualità di chi viene in redazione e vuole fare il giornalista. Sanno che quella del giornalista è anche una missione”.
“Per fare il giornalista – ha affermato Davan Maharaj, direttore del Los Angeles Times – bisogna sapere scrivere, conoscere i social network, fare molta pratica, leggere molto. Le redazioni stanno cambiando, tra 5 o 10 anni si saranno completamente trasformate. Già oggi tecnici e giornalisti sono seduti alla stessa scrivania, domani lo saranno ancora di più”. (Ansa)

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