O un magistrato, secondo la norma al vaglio del Senato. Insorgono Fnsi e Ordine

9 anni al giornalista che diffama un politico

SenatoROMA – Il giornalista che diffama a mezzo stampa un politico o un magistrato rischia il carcere fino a 9 anni. Chi invece scrive cose sbagliate su un cittadino viene condannato a 6 anni di reclusione. Lo prevede una norma approvata all’unanimità dalla Commissione Giustizia e che l’Aula del Senato sta ora per esaminare.
Si tratta, per la precisione, dell’articolo 339 bis che verrebbe inserito nel codice penale nel caso in cui venisse approvato il disegno di legge contro le intimidazioni agli amministratori locali.
“Non stupisce più di tanto – interviene la Federazione nazionale della stampa – che, nel tentativo di tutelare se stessa, la classe politica abbia espresso un voto ‘quasi unanime’ in commissione Giustizia del Senato sul ddl per il contrasto alle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, prevedendo, tra gli altri provvedimenti, un inasprimento delle pene a carico dei giornalisti che dovessero essere giudicati colpevoli di diffamazione ai danni di magistrati o politici eletti a livello nazionale o locale”.
“Quel che stupisce – sottolineano Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi – è che si tenti di affermare l’esistenza di una categoria di cittadini più uguali degli altri, e ancora più grave è che il Parlamento lavori ad inasprire le sanzioni a carico dei giornalisti, mentre nessuna risposta è stata ancora data al problema delle cosiddette ‘querele temerarie’ né alla richiesta di cancellare il carcere per i giornalisti, armi improprie utilizzate sempre più spesso contro i cronisti, in particolare contro quelli che per svolgere il proprio dovere fanno i conti ogni giorno con le minacce e le intimidazioni della criminalità”.
Anche il Comitato esecutivo dell’Ordine dei giornalisti, riunitosi a Roma, osserva che “da un lato si sbandiera come già realizzata (ma di fatto insabbiata) l’abolizione del carcere per la diffamazione a mezzo stampa, dall’altro, con un blitz, si inaspriscono le pene determinando una disparità di trattamento tra politici e magistrati – che vengono considerati cittadini di serie A – e tutti gli altri”.
Per l’Ordine dei giornalisti “non può essere giustificabile la motivazione secondo cui il provvedimento nasce da una presunta tutela degli amministratori pubblici da intimidazioni, violenze o minacce finalizzate a bloccarne il mandato. Anzi, in realtà si accentua il tentativo di intimidire i giornalisti limitando il diritto dei cittadini ad essere informati”.

 

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