“Dopo avermi massacrato perché Repubblica non dà notizia della mia assoluzione?”

Verdini bacchetta Calabresi: “Non è giornalismo”

Denis Verdini e Mario Calabresi

Denis Verdini e Mario Calabresi

ROMA – “Il suo giornale ha usato politicamente una vicenda giudiziaria, senza alcun rispetto della presunzione di innocenza”. Lo scrive Denis Verdini in una lettera al direttore del quotidiano “la Repubblica”, Mario Calabresi.
“In un crescendo rossiniano – rimprovera Verdini a Calabresi – mi ha dipinto per giorni, settimane, mesi ed anni come un autentico mostro di Firenze circondato, guarda caso, da compagni di merende. Eppure, sarebbe bastato seguire qualche udienza di due anni di dibattimento, farsi un’idea diversa. Ma sono un uomo di mondo, e so da tempo che, non solo nei miei confronti, per una inveterata abitudine della stampa italiana le accuse delle Procure diventano sentenze preventive, anzi definitive, di condanna, e i processi si svolgono sui giornali prima che nelle aule di tribunale. Questa è purtroppo la regola, e non mi scandalizzo. Ma, caro direttore, quello che invece mi indigna è che oggi sul suo quotidiano non ho trovato una sola riga sulla mia assoluzione dall’infamante accusa di aver fatto parte attiva delle trame di una loggia segreta”.
“È stato riconosciuto da una sentenza – sottolinea Verdini – che avete scritto una montagna di spazzatura e non avete avuto il coraggio di scrivere che io con la P3 non c’entro nulla e che – semmai fosse esistita – è stata composta da tre signori, uno dei quali peraltro deceduto. Credevo di avere il diritto di leggerlo su un quotidiano che ha speso fiumi di inchiostro quando si trattava di descrivere minuziosamente, con articoli e commenti, le accuse che mi venivano rivolte e che usava quelle accuse per fare politica. Credevo che voi aveste il dovere di farlo”.
“Scrivo questo a lei, e lo farò anche con altri direttori – ammonisce l’ex senatore di Ala – che se la sono cavata confinando la notizia della mia assoluzione in un trafiletto. Mi chiedo che modo sia questo di fare giornalismo: non ricoprendo più un ruolo pubblico mi permetto perfino, pensi, di essere indignato”.
“Lei sa perfettamente – rammenta Verdini a Calabresi – che l’inchiesta sulla P3 ha condizionato in modo decisivo, molto più degli altri processi che riguardavano soltanto le mie precedenti attività, la mia vita politica fino a decretarne surrettiziamente la fine. E dunque, è semplicemente inaccettabile ignorare, dopo anni e anni di fango sparso evidentemente sbagliando, un fatto di cronaca che non era solo giudiziaria ma anche, appunto, ‘politica’’. Considero quanto accaduto una vergogna inaccettabile. E da libero cittadino, da quasi ex senatore, non posso non rilevarlo”. (giornalistitalia.it)

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