“Incredulità” dei 2 giornalisti mentre il tribunale vaticano respinge la nullità del giudizio

Nuzzi e Fittipaldi: “Da cosa dobbiamo difenderci?”

Emiliano Fittipaldi (a sinistra) e Gianluigi Nuzzi stamane in Vaticano (Foto Ansa)

Emiliano Fittipaldi (a sinistra) e Gianluigi Nuzzi stamane in Vaticano (Foto Ansa)

ROMA – È durata circa un’ora e dieci la prima udienza del processo “Vatileaks 2” che si è tenuta questa mattina nel tribunale della Città-Stato del Vaticano. Tutti e cinque gli imputati, mons. Lucio Vallejo Balda, Francesca Immacolata Chaouqui, Nicola Maio, Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi erano in aula.
Al termine della prima udienza, il tribunale vaticano ha respinto l’eccezione di nullità del capo d’imputazione e del decreto di citazione a giudizio, presentata dall’avv. Lucia Musso, difensore di Emiliano Fittipaldi, per la mancata enunciazione dei fatti contestati e quindi per l’impossibilità a difendersi.
“Il Vaticano respinge la mia richiesta di farmi assistere dal mio difensore di sempre, l’avvocato Caterina Malavenda”: lo fa sapere con un tweet il giornalista Gianluigi Nuzzi, tra i cinque imputati del processo sulla diffusione di documenti riservati della Santa Sede.
“Il decreto di citazione a giudizio che mi avete notificato – ha affermato in aula, presentando eccezione, Emiliano Fittipaldi – non mi consente in alcun modo di difendermi, giacché non contiene, nemmeno implicitamente, la benché minima descrizione del fatto che mi viene addebitato. Si dice infatti – ha spiegato – che sono imputato di acquisizione e divulgazione di documenti e notizie riservate, ma non si dice affatto quali siano questi documenti, o quali siano queste notizie”.
“Una condizione di indeterminatezza del tutto inaccettabile – ha proseguito Fittipaldi –, perché pone l’imputato nella condizione di non sapere da cosa doversi difendere, e la Pubblica accusa di poter in ogni momento estendere il riferimento della incriminazione ad uno qualunque dei documenti o delle notizie contenute nel mio libro”.
“Sono dunque comparso per formulare queste eccezioni – ha affermato – e di ciò chiedo che sia dato atto a verbale”.
“Ho deciso di comparire in questa udienza per doveroso rispetto nei confronti di questo tribunale – ha detto anche il giornalista dell’Espresso – che ha ritenuto di dovermi citare”.
“Ma nel comparire – ha continuato – ritengo di dover esprimere la mia incredulità nel trovarmi ad essere imputato di fronte a una Autorità giudiziaria diversa da quella del mio Paese, pur avendo scritto e pubblicato in Italia il libro per il quale si pretende qui di incriminarmi”.
“Nel mio Paese d’altronde – ha anche osservato Fittipaldi – la condotta che qui mi addebitate non sarebbe penalmente perseguibile, non essendomi contestato in alcun modo di aver pubblicato notizie false o diffamatorie, ma semplicemente di aver pubblicato notizie: attività protetta e garantita dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”. (Ansa)

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