È la proposta rivolta alla Rai dal sindaco dell’isola Nicolini: “Quale posto migliore?”

Migranti: “Formiamo i giornalisti a Lampedusa”

LampedusaROMA – Quale migliore terreno operativo dell’isola di Lampedusa, per un giornalista, per capire il fenomeno delle migrazioni e saperlo affrontare e raccontare nel modo più completo e obiettivo possibile? Ne è convinta Giusi Nicolini, il sindaco dell’isola-avamposto italiana nel Mediterraneo, che a margine della conferenza stampa di presentazione della 68^ edizione del Prix Italia, in programma dal 29 settembre al 2 ottobre proprio a Lampedusa, auspica che “la Rai, ma anche gli altri organi di informazione, investano di più su Lampedusa, mi piacerebbe che qui venissero fatti corsi di formazione per giornalisti”. E aggiunge: “Ricordo che non molti anni fa si usava la parola clandestino, anche in tv o sui giornali, in maniera inappropriata e questo contribuisce ad alimentare le false percezioni di cui ora soffre molta parte dell’opinione pubblica nel nostro Paese”.
La parola profugo o richiedente asilo negli ultimi anni ha preso il posto di clandestino: “Ora tutti ragionano su questi termini nuovi. Serve un’informazione che non diventi megafono della propaganda politica”, una informazione “che arrivi arrivare al cervello delle persone, non alla pancia, e neanche al cuore perché le emozioni passano, si dimenticano. Dobbiamo fare in modo – dice il sindaco di Lampedusa – che tutti siano consapevoli di quello che accade e che si eliminino dal tavolo degli scontri politici argomenti così delicati che trattano della vita e della morte delle persone, e che invece ci si sieda tutti a ragionare con coraggio e lucidità su come governare questi processi, su come prepararci ai cambiamenti che richiedono le migrazioni. Fermo restando che le parole come ‘fermiamoli’, ‘muri’, non servono a niente. Non è solo sbagliato, non servono a niente”.
Sugli schermi è in arrivo una fiction dedicata a Lampedusa e ai soccorsi in mare da parte della Guardia costiera. E Nicolini commenta: “La fiction può aiutare ad avere un approccio, credo sia utile raccontare la parte che riguarda il viaggio delle persone nei campi profughi, i soccorsi in mare; trovo un po’ più romanzata la parte che riguarda l’accoglienza. Ma l’importante è che si capisca cosa vuol dire salvare le vite in mare e quali sono le cose da fare per andare incontro a queste persone”. (Agi)

 

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