Il presidente de La7 a Prima: “Togliere la pubblicità a una rete Rai e limitare gli spazi”

Il metodo Cairo per fare utili in tempo di crisi

Prima Comunicazione

MILANO – “Bisogna togliere la pubblicità a una rete e limitare gli spazi pubblicitari di Viale Mazzini”, dice Urbano Cairo, presidente di Cairo Communication ed editore di La7, in una lunga intervista sull’ultimo numero di Prima comunicazione (in edicola da oggi a Milano e da martedì a Roma e nel resto d’Italia).
Urbano Cairo racconta le sue politiche editoriali sulla carta stampata, che lo hanno portato a essere l’editore capofila per copie vendute in edicola, con ricavi di 73,5 milioni di euro, vantando una marginalità positiva di 14 milioni. E anche le scelte fatte nel settore televisivo dove La7 srl segna, alla fine del secondo anno della gestione, un Ebitda in attivo di 9 milioni rispetto a una perdita di 24,4 milioni nei dodici mesi del 2013.
“In edicola abbiamo ricavi per 73,5 milioni di euro, nel 2008 erano 70,5 e nel frattempo il mercato è sceso del 41%”, dice Cairo. “E questo perché investiamo in tutti i settori di attività di un editore di periodici”, e spiega: “Abbiamo tenuto i prezzi a un livello competitivo mantenendo un euro come prezzo di copertina. Investiamo nelle tirature delle nostre testate per fare in modo che i lettori le trovino dappertutto”.
Inoltre insiste: “Credo di poter dire che siamo l’unico editore che mantiene le foliazioni sempre a un livello importante: quella redazionale non scende mai sotto le 105 e le 110 pagine a cui si aggiungono le 40/60 pagine di pubblicità”. Per quanto riguarda La7, Cairo ribadisce l’importanza di difendere la qualità del prodotto. “È vero, abbiamo dovuto tagliare i costi, soprattutto gli sprechi e le inefficienze, ma abbiamo mantenuto tutti i conduttori e giornalisti più prestigiosi, Enrico Mentana, Lilly Gruber, Michele Santoro, Corrado Formigli, oltre al formidabile Maurizio Crozza. E non voglio dimenticare le instancabili e bravissime Tiziana Panella e Myrta Merlino. E ne abbiamo ingaggiati di nuovi come Giovanni Floris”.
L’orgoglio di Cairo è di aver lavorato sui “sui costi generali, chiudendo programmi che non funzionavano, ma tutelando la forza lavoro, tant’è che non abbiamo mandato a casa nessuno né siamo ricorsi a cassa integrazione o a prepensionamenti. Stiamo parlando di 420 persone più alcune figure (poche) a tempo determinato con un costo complessivo di 34 milioni, pari al 30% del fatturato. Sempre per dare un’idea di che ordine stiamo parlando, ricordo che a Mediaset il personale pesa il 17%”.
Mentre l’editore sta pensando a nuovi canali da lanciare utilizzando le frequenze acquistate nel 2014 – allo studio c’è il Toro Channel, utile sponda per il Torino calcio, la squadra di cui è presidente dalla stagione 2004-2005 –, Cairo è impegnato nella battaglia per conquistare nuovi spazi alle sue televisioni sul fronte pubblicitario, un mercato in cui la competizione si è fatta durissima anche per la guerra degli sconti che si è aperta tra Rai e Mediaset. Un tema su cui Cairo va giù durissimo accusando la Rai “di fare una politica di sconti esagerata deprezzando tutto il mercato”.
“Tutti sappiamo della grande anomalia italiana: una Rai che incamera un miliardo e 600milioni di euro di canone, ma anche 700 milioni di pubblicità. Una cosa impensabile in Paesi come la Francia o la Germania dove per le televisioni pubbliche ci sono regole molte restrittive (possono mandare in onda la pubblicità solo fino alle 20 di sera) o in Inghilterra dove la Bbc vive solo di canone”, dice Cairo, che alla domanda di che cosa pensa del progetto governativo di togliere la pubblicità a una delle tre reti Rai, considerato da alcuni un aiutino a Mediaset, risponde netto: “Ma quale aiutino? Io dico che oltre a togliere pubblicità a una rete Rai si dovrebbero limitare gli spazi pubblicitari a disposizione di Viale Mazzini. Togliere la pubblicità alla Rai non è un favore a Mediaset ma a tutto il mercato, stampa compresa. Il tema vero è quello di avere un costo contatto, un costo grp adeguato alla qualità di ascoltatori o di contatti. Il costo contatto in Italia è il più basso che ci sia in Europa. La metà di quello tedesco, il 40% in meno di quello francese e quasi la metà di quello inglese”.

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