Salgono così a 106 i reporter uccisi nel Paese, 43 nel 2017. E vige l’impunità

Assassinata la giornalista Miroslava Breach

Miroslava BreachCHIHUAHUA (Messico) – Non c’è pace per i giornalisti messicani. Miroslava Breach Velducea, 54 anni, corrispondente del quotidiano La Jornada di Città del Messico, è stata assassinata nella città di Chihuahua mentre, a bordo della propria auto, stava accompagnando il figlio a scuola.
Uscita di casa, era appena salita sulla sua Renault Duster rossa quando è stata affiancata da un’altra autovettura dalla quale sono stati esplosi numerosi colpi di pistola calibro 38, otto dei quali hanno colpito a morte la giornalista. Fortunatamente il bambino, che si trovava sull’auto con la madre, è rimasto illeso.
Davanti all’abitazione della giornalista gli assassini hanno lasciato una lettera intimidatoria, il cui contenuto non è stato reso noto dal governatore Javier Corral per non compromettere le indagini, ma che conferma la matrice professionale dell’omicidio.
Breach Velducea, che aveva alle spalle oltre trent’anni di carriera giornalistica, è stata, tra l’altro, direttore editoriale di El Norte de Ciudad Juarez ed ha scritto numerosi articoli sulla corruzione politica, la violazione dei diritti umani, gli attacchi alle comunità indigene e le violenze commesse dai cartelli della droga. È stata, insomma, una giornalista coraggiosa, pertanto scomoda per i cartelli della droga e le grandi multinazionali finanziarie in mano alla criminalità organizzata che fanno affari grazie alla complicità di esponenti politici corrotti.
Miroslava Breach Velducea, a parte una parentesi lavorativa in un giornale di Baja California Sur, nel nord-ovest, ha lavorato quasi sempre a Chihuahua – città perennemente presidiata dalle forze militari – per il quotidiano La Jornada, che l’aveva assunta nel 1997. Ha scritto contro i frequenti abusi contro le comunità etniche Rarámuri; il taglio illegale delle foreste delle comunità indigene, con i relativi omicidi dei suoi dirigenti e sostenitori; la guerra contro il narcotraffico dell’ex presidente Felipe Calderón; la scoperta, ai primi di marzo, di tombe clandestine nella zona alta della città di Chihuahua.
Una carriera caratterizzata da numerose minacce di morte, contro di lei e la sua famiglia, soprattutto quest’anno, nel corso del quale la giornalista ha documentato l’aumento della violenza e la guerra tra bande criminali che ha causato decine di morti.
Per l’omicidio di Miroslava, il governatore Corral ha decretato tre giorni di lutto nello Stato di Chihuahua sottolineando la recrudescenza delle violenze nei confronti dei giornalisti che, nel solo mese di marzo, hanno registrato tre omicidi: oltre quello di Miroslava Breach, quelli di Monluí Ricardo Cabrera a Veracruz e quello di Cecilio Pineda Guerrero a Pungarabato.
Salgono, così, a 106 i giornalisti uccisi in Messico dal dicembre 2012 (43 solo nel 2017), ovvero da quando il presidente Enrique Peña Nieto è a capo del Governo. Un numero impressionante, reso ancor più inquietante dal fatto che il  99,75% dei casi è rimasto irrisolto.
Indignazione e rabbia per l’ennesimo collega ammazzato, è stata espressa dal Sindacato dei giornalisti che, denunciando i “la vulnerabilità della professione giornalistica”, chiede alle autorità “un completo cambiamento di atteggiamento, passando dalla negligenza o, ancora peggio, dalla complicità ad un vero e proprio impegno che porti all’identificazione degli esecutori e dei mandanti dei delitti” e “una stretta protezione della polizia per i giornalisti che si occupano degli stessi problemi trattati da Miroslava e che, per questo, hanno ricevuto minacce”.
Un durissimo editoriale è stato pubblicato su La Jornada Baja California in ricordo di Miroslava: “Nel degrado di chi esercita il potere – scrive il quotidiano messicano –  le pallottole che uccidono i giornalisti hanno un nome: Impunità. L’impunità figlia dell’imperante ingiustizia di uno Stato fallito che rode le istituzioni, corrode i giudici, svilisce lo Stato di diritto, sottomette alla schiavitù con la complicità oltraggiosa e vile dei responsabili delle istituzioni democratiche”.
“Una condizione di estremo degrado – denuncia la Jornada – che sta condannando il giornalismo asservito al potere e compiacente trasformandolo in una volgarità che non ha niente di etico, che non può portare alla verità, che non è giornalismo”.
“Oggi, ancora una volta, – incalza La Jornada – è un giorno nero per il giornalismo: Miroslava Breach è stata ammazzata, ma il giornalismo, il vero giornalismo non è caduto, non cadrà mai con 8 colpi esplosi a distanza ravvicinata. La generosità della nostra collega richiede giustizia: i proiettili che hanno ucciso il suo, come tutto nella vita, data, nome e indirizzo: NO impunità”.

I commenti sono chiusi.