Nel processo su Credito Cooperativo Fiorentino e contributi al Giornale della Toscana

Crac e truffa: chiesti 11 anni per Denis Verdini

Denis Verdini

Denis Verdini

FIRENZE – I pubblici ministeri del Tribunale di Firenze, Luca Turco e Giuseppina Mione, hanno chiesto 11 anni di reclusione per il senatore Denis Verdini, 9 anni per i costruttori Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei, 6 anni per il deputato Massimo Parisi (Ala) e pene minori per gli altri imputati a vario titolo nell’inchiesta che ha visto il senatore di Ala accusato di associazione a delinquere, bancarotta e truffa ai danni dello Stato per i contributi pubblici illegittimamente ricevuti dal quotidiano “Giornale della Toscana”.
Le richieste dei pm sono arrivate al termine della requisitoria del processo sul crac della banca Credito Cooperativo Fiorentino e sulle presunte truffe allo Stato per i contributi all’editoria. La sentenza è prevista a fine febbraio.
Il processo è, appunto, relativo al crac del Credito Cooperativo Fiorentino, fallito nel 2010 e del quale il senatore Verdini è stato presidente dal 1990 al 2010, e alla bancarotta della Ste, la società editrice del Giornale della Toscana venduto in abbinamento con Il Giornale dal 1998 al 2014, nonché della società Sette Mari e di altri “service” collegati.
“Una costellazione di società di servizi, specializzate in grafica, pubblicità, agenzia stampa, radio e altro, – ha detto in aula il pm Giuseppina Mione – che costituivano un gruppo societario di fatto il quale faceva riferimento a Verdini e dove le società service operavano quasi esclusivamente per la Ste e la Sette Mari”.
“Costellazione”, è la tesi dell’accusa, che si concretizzava in una “conduzione unitaria per raggiungere fini più importanti, economici, finanziari, fiscali sia con una specie di «fatturazione circolare» infragruppo per prestazioni e servizi fra le società, sia per rappresentare all’esterno una base con cui giustificare la richiesta di contributi per l’editoria”.
Nell’ambito della presunta truffa allo Stato per i contributi pubblici all’editoria è stata, inoltre, chiesta la confisca di beni per un valore di 22,9 milioni di euro. (giornalistitalia.it)

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