Era ricoverato all’ospedale di Udine. È il 33° collega vittima del maledetto virus

Covid: morto il giornalista Luciano Mecarozzi

Luciano Mecarozzi

UDINE – Giornalismo friulano in lutto per la scomparsa di Luciano Mecarozzi. È il 33° giornalista italiano morto di Covid. Si è spento a 80 anni all’ospedale di Udine, dov’era ricoverato dopo aver contratto il virus.
Nato a Udine il 17 dicembre 1939, era giornalista pubblicista iscritto all’Ordine del Friuli Venezia Giulia dal 12 ottobre 1979. Personaggio poliedrico, oltre che giornalista, è stato speleologo e subacqueo, ma soprattutto protagonista della stagione d’oro delle radio libere. È stato, infatti, il fondatore di Radio Effe e Radio Effe International, prima di acquisire LT1 Pordenone e Canale 49.
Ha fondato nel 1965 il Centro italiano soccorso grotte lanciando nel 1969, assieme alla Sezione sperimentale ricerche subacquee, l’Operazione Atlantide, «primo esempio al mondo – ricorda il Messaggero Veneto – di cittadella subacquea nel lago dei Tre Comuni. Con il sostegno del ministero degli Interni, coinvolse 12 sub, tra cui una donna: per un mese vissero all’interno di contenitori immersi nelle acque. Fu un evento clamoroso, soprattutto nel Friuli un po’ assopito e diffidente di allora. Mecarozzi, con questo tentativo sperimentale, divenne l’eroe del giorno con tanto di messaggio del presidente della Repubblica Saragat e ricevimento in Regione».
Da non dimenticare anche il ruolo che ebbe dopo il terremoto del 1976: fu tra i primi a raccontare quanto succedeva nelle zone colpite dal sisma e guidò persino un movimento popolare impegnato ad incalzare il potere politico sui drammi e i problemi della gente nelle tendopoli (si mise alla testa di 3.500 persone che, a bordo di 250 pullman, scesero a Roma per farsi sentire).
Nel settore delle radio private Mecarozzi si ricavò un ruolo di spicco, organizzando a Villa Manin il loro congresso mondiale. Poi, il clamoroso cambio di rotta: Luciano si trasferì in Ecuador seguendo l’altra sua grande passione, la speleologia. A Quito fondò, quindi, la società nazionale del mondo sommerso e, assieme ai cosiddetti “soldati della giungla”, cominciò ad esplorare una serie di cavità, una delle quale oggi porta il suo nome. Sulle Ande “il friulano dei due mondi” organizzò anche ricerche per il recupero delle vittime di incidenti aerei.
Tutto ciò senza dimenticare la scrittura: da giornalista pubblicista, scrisse articoli per la stampa italiana sulla tormentata storia sudamericana fino al 2005, quando chiuse la parentesi ecuadoriana e tornò in Friuli, a Martignacco, dove, instancabile, decise di dedicarsi ad un’opera monumentale, un’enciclopedia in 17 volumi sulla musica e sui compositori, raccontati in ben 42 mila voci.
I funerali di Luciano Mecarozzi sono già stati celebrati da monsignor Rizieri De Tina nella cappella del cimitero di San Giovanni al Natisone dove si trova la tomba di famiglia.
Di questo giornalista speleologo giramondo ci resta un’epitaffio. Lo dettò lui stesso – riporta Il Messaggero Veneto – ad un collega, Mario Blasoni, che lo stava intervistando: “Nacqui povero. Ho vissuto. Sono orgogliosamente povero”. (giornalistitalia.it)

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