Pier Paolo Petino chiede l’annullamento delle elezioni, Enzo Colimoro parla di “clientelismo da manuale Cencelli”

Odg Campania nel caos tra veleni e ricorsi

Enzo Colimoro

Pier Paolo Petino

NAPOLI – Ordine dei giornalisti della Campania nel caos. Dopo l’insediamento del Consiglio regionale, che ha proceduto al rinnovo delle cariche – tranne quella del vicepresidente per l’assenza annunciata dei tre consiglieri di “Stampa Libera e Indipendente” guidati da Mimmo Falco – il giornalista professionista Pier Paolo Petino, ha inviato al Consiglio nazionale un ricorso urgente nel quale chiede l’annullamento delle elezioni.
“Prendo atto – scrive Petino nel ricorso – che, malgrado la mia formale richiesta di attendere i tempi tecnici previsti dal regolamento del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, solo cinque consiglieri su nove, in sprezzo delle più elementari norme di correttezza e sensibilità istituzionale, hanno voluto procedere, con una velocità degna di miglior causa, ad una votazione forzata per l’elezione di presidente, segretario e tesoriere per il prossimo triennio.
Cinque consiglieri su nove – denuncia Petino – non possono governare serenamente il terzo Ordine professionale d’Italia. Se si considera, poi, che il mio ricorso è stato inoltrato mettendo in evidenza una serie di circostanze anomale seppur da verificare, tra cui una differenza di soli due voti tra me e l’ultimo degli eletti, ritengo che non avrebbe causato alcun nocumento rinviare di qualche giorno l’elezione della governance, atteso che l’ordinaria amministrazione dell’ente sarebbe stata, comunque, assicurata dal presidente uscente, come previsto dalla legge”.
“Una velocità, meglio un atto di tracotanza istituzionale – conclude Petino – che nel mortificare l’intera categoria, finisce con dividere drammaticamente la professione in un momento in cui la direzione dovrebbe essere esattamente opposta”.
Sulla vicenda si registra anche l’intervento di Enzo Colimoro, l’unico consigliere regionale professionista di minoranza escluso dalle cariche. Colimoro,che è anche presidente dell’Assostampa Campania e fiduciario regionale dell’Inpgi, contestando il comunicato stampa diffuso dall’Odg Campania afferma che “se, in linea di principio, si fosse trattato solo del Regolamento e della Legge ordinistica per le elezioni delle cariche 2013-2016, non avrei avuto nulla da obiettare. Invece, rispetto a quanto riportato nel comunicato dell’Ordine della Campania, ci troviamo di fronte ad una spartizione senza precedenti di deleghe che non hanno alcun riscontro nella Legge e nel suo Regolamento: Giuseppe De Martino, segretario (delega alla multimedialità e all’innovazione) Paolo Mainiero, tesoriere (delega ai rapporti istituzionali e legge 150), Rossana Russo (delega ai rapporti con le TV regionali, pari opportunità, progetto istituzioni  e media per la diffusione della cultura e della legalità), Vincenzo Esposito (delega scuola di giornalismo Suor Orsola Benincasa, progetto giovani e nuovi giornalismi). Al presidente Lucarelli le deleghe alla disoccupazione, precariato e rapporti con il Sindacato”.
A giudizio di Colimoro “siamo di fronte al palese tentativo di tenere con la colla del clientelismo una maggioranza che altrimenti non esisterebbe, regalando incarichi che nella legge ordinistica non esistono. Siamo di fronte ad un manuale Cencelli riveduto e corretto da Ottavio Lucarelli. Nascondersi dietro ai colleghi che attendono l’esito delle loro istanze è pretestuoso e fuorviante perché il Consiglio avrebbe potuto e può decidere, in attesa delle decisioni sul ricorso, con l’ordinaria amministrazione l’esito delle stesse”.
Per Colimoro “aver dispensato deleghe solo a cinque consiglieri su nove è la dimostrazione chiara ed inequivocabile di una gestione familistica e privatistica, altro che legalità e trasparenza. Non voglio dare giudizi in merito, questo compito lo lascio ai colleghi giornalisti della Campania che hanno intelligenza, professionalità e competenza per capire che si intende guidare l’Ordine della Campania, il terzo ordine d’Italia, con un solo voto di maggioranza in Consiglio e con soli 2 voti di differenza in una contestatissima urna elettorale (circostanza per la quale pende il ricorso del collega Petino al Consiglio Nazionale)”.

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