Roberto Sergio parla del nuovo Re di Napoli. Centro di produzione Rai: fiore all’occhiello

Così Giovanni Minoli ha rivoluzionato il giornalismo

Giovanni Minoli

NAPOLI – «La Rai, gioca un ruolo determinante nel tessuto sociale e culturale del nostro Paese, incarnando i principi di universalità, pluralismo e indipendenza. Attraverso la sua azione la Rai contribuisce a rafforzare i valori democratici, sostenendo la libertà di espressione e la diffusione del sapere.

Roberto Sergio

In un’era caratterizzata da una rapida evoluzione dei media e da una crescente frammentazione dell’informazione, la Rai rappresenta un punto fermo, un luogo dove le differenze si incontrano e dove il valore della comunità viene celebrato, promuovendo un senso di unità e appartenenza che va ben oltre il semplice consumo di contenuti».
Auditorium di Viale Marconi. Si apre con questa dichiarazione di principio, dell’amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, la manifestazione che Napoli riserva al giornalista Giovanni Minoli, ora anche cittadino onorario di Napoli, e a cui la città dedica una cerimonia solenne e davvero unica nella storia della Rai.
«La cittadinanza onoraria a Giovanni Minoli – afferma il sindaco di Napoli, Giovanni Manfredi – è anche un grazie corale alla grande Rai». In sala ad applaudire Giovanni Minoli ci sono anche la sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni, il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, gli ex ministri Dario Franceschini e Marianna Madia. Sul palco, invece, una delegazione degli attori veterani di “Un posto al sole”. La “Laudatio” è affidata a Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale che lo descrive come “uno sciamano”. Minoli ringrazia: «Ma lo sciamano è lui. Vedrete come guiderà questa istituzione di pace tra culture e religioni».

Giovanni Minoli riceve la cittadinanza onoraria di Napoli dal sindaco Giovanni Manfredi

«Quando la Rai dei professori – racconta Giovanni Minoli – voleva chiudere Napoli per fare cassa, Elvira Sellerio, consigliere del sud, mi chiamò una notte dicendomi che non poteva permetterlo. E mi chiese un’idea. Quell’idea era “Un posto al sole”, attualmente alla 28ª stagione, 6.445 episodi prodotti (debuttò il 21 ottobre 1996), un girato pari a 1500 film, 8,3 di share medio su Rai 3 in prime time con due milioni di spettatori. Io stavo studiando da tempo la lunga serialità, che è come un grande romanzo popolare, non chiamatela soap opera.

Elvira Sellerio

Misi insieme professori universitari, ricercatori del Censis, giornalisti per dare le linee guida per gli sceneggiatori, chiesi il radicamento sociale. E così il centro fu salvato, anche se avevamo tutti contro e ci sentivamo come nel Far West. In seguito, dopo quel genio della Sellerio, mi aiutò un’altra donna, Letizia Moratti».
Ma perché questa festa in onore di Giovanni Minoli? Cosa è stato realmente Giovanni Minoli per la storia della Rai? Roberto Sergio non conosce mediazioni, e dedica gran parte del suo intervento proprio a lui, il fondatore di Mixer.
«Giovanni Minoli rappresenta una figura emblematica nel panorama televisivo italiano, avendo rivoluzionato il modo di fare televisione con un approccio visionario e innovativo che ha lasciato un segno indelebile nella storia della Rai. Le sue iniziative hanno segnato l’evoluzione del broadcasting italiano, mescolando sapientemente intrattenimento, cultura, e informazione e stabilendo nuovi standard di eccellenza».

Massimo Giletti, Giovanni Minoli, Nicola Gratteri, Roberto Sergio, Giovanni Manfredi e Dario Franceschini al Centro di Produzione Rai di Napoli

Qual è la prima cosa che viene in mente quando si parla di Minoli in Rai? Per Roberto Sergio è “Mixer”.
«Non ho nessun dubbio, la creazione di Mixer. Sotto la sua guida, è stata un’operazione di pionierismo assoluto. Minoli ha trasformato questo news magazine in un laboratorio di sperimentazione televisiva, dove la ricerca della qualità e l’innovazione tecnologica si sono fuse con una varietà unica di stili di giornalismo».
Ma fu davvero un’operazione culturale così importante quella di Mixer? Molto di più spiega qui a Napoli l’amministratore delegato.
«Mixer ha elevato il livello del dibattito pubblico in Italia, trattando temi di rilevanza nazionale e internazionale con un approccio mai superficiale e dando voce a personalità di spicco del mondo politico, culturale e scientifico. Questo programma non è stato solo un contenitore di informazione, ma un vero e proprio spazio di riflessione per gli spettatori, educandoli a una comprensione più profonda della realtà che li circonda».

Giovanni Minoli

«Naturalmente non solo Mixer», precisa Roberto Sergio ad una sala stracolma di giovani…
«Come non ricordare anche Linea Verde. Innovando i contenuti e la forma del programma, Minoli ha saputo rendere l’agricoltura e le tematiche ambientali argomenti di grande interesse per il pubblico generale, combinando reportage di viaggio, approfondimenti scientifici, e intrattenimento. Il successo di Linea Verde testimonia la capacità di Minoli di avvicinare il pubblico a temi complessi attraverso un linguaggio accessibile e coinvolgente».
Minoli, insomma, parte fondamentale della crescita della Rai moderna. Per il giornalista premiato è una continua standing ovation.
«Credo che la direzione di Raidue e la successiva creazione di Format hanno permesso a Minoli di esplorare e sperimentare nuove forme di televisione, contribuendo all’evoluzione del medium con format originali che hanno spaziato dall’indagine sociale al reality, dall’approfondimento culturale alla serialità drammatica. Il suo lavoro in questi anni ha dimostrato come sia possibile coniugare la ricerca e l’innovazione con il successo di pubblico, producendo programmi che certamente sono diventati punti di riferimento nel panorama televisivo italiano».
C’è anche Rai Storia…
«La fondazione di Rai Storia e il suo impegno per la valorizzazione del patrimonio storico e culturale del Paese attraverso il mezzo televisivo sottolineano il ruolo di Minoli come educatore e divulgatore. Rai Storia è diventata una finestra indispensabile sul passato, offrendo ai telespettatori una chiave di lettura del presente attraverso la comprensione degli eventi storici».
Per Roberto Sergio, Minoli passerà alla storia della Rai come un vero grande innovatore della televisione moderna.
«Giovanni Minoli ha tracciato una strada maestra nella televisione italiana, mostrando come l’innovazione, unita a un impegno costante per la qualità e l’approfondimento, possa elevare il livello culturale e informativo del servizio pubblico. Il suo lascito è un patrimonio di conoscenza, bellezza e consapevolezza che continua a influenzare le generazioni di professionisti del settore e il pubblico degli spettatori e che deve continuare a essere parte integrante del Dna della nostra Azienda».

Giovanni Minoli

E qui l’esaltazione del Centro di Produzione Rai di Napoli, ma non poteva non essere così. Roberto Sergio descrive l’esperienza napoletana come una storia di grande eccellenza nazionale.
«Il Centro di Produzione Rai di Napoli è una vera e propria fucina di creatività e innovazione che testimonia l’impegno della radiotelevisione di Stato nel promuovere e valorizzare le ricchezze regionali italiane, arricchendo così il dialogo culturale nazionale. Il Centro di Produzione di Napoli, con la sua storia e le sue produzioni, riflette la dedizione della Rai al servizio pubblico, evidenziando come il mandato di informare, educare ed intrattenere possa essere realizzato con un occhio di riguardo per le specificità e le esigenze locali. Napoli, con la sua straordinaria eredità culturale, storica e artistica, diventa attraverso la Rai una finestra aperta sul mondo, mostrando le sue molteplici sfaccettature e raccontando storie di vita, tradizione e innovazione».

L’Auditorium del Centro di Produzione Rai di Napoli

Toni carichi di entusiasmo nelle parole di Roberto Sergio per questa sorta di isola produttiva che anche all’estero è motivo di confronto continuo tra le grandi reti televisive straniere. Ma lui lo spiega bene così.
«Il ruolo del Centro di Produzione Rai di Napoli è fondamentale nell’esaltare il valore della diversità culturale e della coesione sociale. Attraverso programmi che spaziano dalla fiction al documentario, dalla cultura all’informazione, il centro partenopeo ha saputo creare, grazie alla sapiente guida dei suoi direttori, fra i quali mi preme citare Mazzetti prima, poi Pinto e Parlati ora, contenuti che non solo intrattengono ma stimolano la riflessione, educano al bello e promuovono un’immagine della città e della regione campana che supera stereotipi e pregiudizi, mostrando la ricchezza e la complessità della realtà locale».
Naturalmente, come si fa a parlare della Rai di Napoli e non parlare di Biagio Agnes? E nessuno meglio di Roberto Sergio lo sa, lui che ha attraversato a testa alta le fasi più esaltanti e più complesse della storia di questa grande azienda di Stato.

Biagio Agnes

«Come non ricordare, infatti, che Biagio Agnes fu anche lui direttore qui a Napoli, prima di diventare il grande direttore generale che tutti conosciamo e che è passato alla storia come il manager dell’“età dell’oro” della nostra Azienda? Lui, insieme ad Ettore Bernabei, altro straordinario top manager Rai, la cui figlia, Matilde, oggi qui presente saluto con affetto, sono stati i due Dg, al cui operato mi sono umilmente ispirato, tanto perché hanno rappresentato due fari-guida per la gestione geniale ed illuminata d’impresa, quanto perché ne condivido la visione ispirata a valori cattolici e democratico-cristiani».
Dietro ogni leader c’è sempre una squadra che merita di essere citata e Roberto Sergio lo fa con la stessa enfasi dedicata un attimo prima a Biagio Agnes e Ettore Bernabei.
«Lasciatemi dire un grazie sentito anche ai nostri tecnici di produzione, alle maestranze tutte, che da sempre costituiscono l’ossatura del sistema radiotelevisivo e che svolgono un ruolo cruciale all’interno dell’ecosistema mediatico italiano, fungendo da veri e propri artefici del dietro le quinte che rendono possibile la magia della televisione.

Ettore Bernabei

La loro esperienza e dedizione sono essenziali per la realizzazione di programmi che quotidianamente raggiungono milioni di italiani, contribuendo significativamente alla qualità e all’innovazione del servizio pubblico. Questi professionisti operano in un ambito altamente specializzato, che spazia dalla gestione dell’illuminazione e del suono alla regia, dalla scenografia alla post-produzione, garantendo che ogni aspetto tecnico sia all’altezza delle aspettative del pubblico e degli standard internazionali. Attraverso il loro lavoro, non solo assicurano la fluidità e l’eccellenza tecnica delle trasmissioni, ma contribuiscono anche a plasmare l’esperienza visiva e sonora del telespettatore, arricchendo il contenuto narrativo e informativo».
Napoli, insomma, Napoli, e poi ancora Napoli.
«Le produzioni del Centro di Napoli, frutto del lavoro eccellente di esperti e di queste maestranze di straordinario livello, hanno contribuito a lanciare e consolidare carriere di artisti e professionisti, diventando un punto di riferimento per il talento italiano nel mondo dell’audiovisivo. Questo non solo ha favorito lo sviluppo economico locale, ma ha anche rafforzato l’identità culturale della regione, promuovendo un dialogo fecondo tra le diverse realtà italiane e arricchendo il patrimonio culturale nazionale».
Come dire? L’esaltazione della Rai presente sul territorio, la Rai che arriva dovunque, la Rai che non lascia mai solo nessuno.
«La Rai, attraverso il Centro di Produzione di Napoli, dimostra come il servizio pubblico possa essere al tempo stesso radicato nel territorio e aperto al mondo, valorizzando le specificità locali in un contesto globale. Il centro napoletano è un esempio di come la cultura e l’informazione di qualità possano essere veicoli di inclusione, dialogo e sviluppo, sottolineando il ruolo indispensabile della Rai nel promuovere una società informata, coesa e consapevole del proprio patrimonio culturale».
Questo passaggio permette all’amministratore delegato della Rai di spiegare meglio la sua filosofia aziendale…
«Il Centro di Produzione Rai di Napoli rappresenta un pilastro fondamentale del servizio pubblico, che attraverso la sua opera quotidiana conferma l’importanza di un’informazione accessibile, di un’educazione alla bellezza e di un intrattenimento che sia specchio della società in cui viviamo. Grazie al suo lavoro, il Centro di Produzione di Napoli contribuisce in maniera significativa alla missione della Rai di essere motore di coesione sociale, ponte tra le culture e custode di un’eredità culturale che è patrimonio di tutti».
E qui Roberto Sergio torna a parlare di Giovanni Minoli e della “sua” Napoli, spiegando bene cosa abbia rappresentato in realtà Giovanni Minoli per questa bellissima città meridionale, e per il suo Centro di Produzione.
«Giovanni Minoli, giornalista, autore, conduttore televisivo e radiofonico, e manager della Rai, ha giocato un ruolo chiave non solo nel contribuire a salvare il centro di Produzione Rai di Napoli, ma anche nel riaffermare il suo valore come polo di eccellenza creativa e culturale. Il suo contributo ha rafforzato l’immagine di Napoli, promuovendo la città attraverso le narrazioni di “Un posto al sole”, serie che ha saputo raccontare la complessità e la ricchezza umana del territorio. La sua visione innovativa ha trasformato il Centro di produzione di Napoli in un faro di creatività, riconosciuto a livello nazionale e internazionale, che ha garantito lavoro a centinaia di professionisti».
Il pensiero generale corre a un format che è ormai diventato famoso in tutto il mondo e che è “Un posto al sole”…
«Sotto la sua guida, programmi come “Un posto al sole” non hanno solo riscosso un grande successo di pubblico ma hanno anche contribuito ad affrontare temi di rilevanza collettiva con sensibilità e acume. La sua leadership ha dimostrato come cultura, informazione ed entertainment possano convergere nel promuovere lo sviluppo sociale ed economico di una comunità. Lunga vita al centro di Produzione di Napoli e… viva la Rai!».
Prima di concludere il suo intervento, Roberto Sergio riscopre i toni avvolgenti del vecchio compagno di vita e di squadra nei riguardi di Giovanni Minoli, tracciando di lui, soprattutto giornalista e autore televisivo, un profilo professionale che nessun altro forse avrebbe fatto in questo modo.

Giovanni Minoli

«Il contributo di Minoli alla Rai e al giornalismo italiano è stato infatti immenso. Ha incarnato il ruolo del giornalista come educatore e stimolatore di riflessione critica, elevando il dibattito pubblico e apportando un cambiamento significativo nella maniera di fare informazione in Italia. Le sue interviste, caratterizzate da una profonda capacità analitica e una chiara comprensione delle tematiche affrontate, hanno segnato momenti di vero giornalismo, contribuendo a formare una cittadinanza più informata e consapevole. Il suo esempio continua a ispirare le nuove generazioni di giornalisti e professionisti dei media, ricordandoci il valore dell’integrità, della passione, e della curiosità nell’informazione e nella cultura».
Giovanni Minoli, dunque, non solo e non più “Cittadino onorario” di Napoli, ma anche testimonial della Rai di questi anni in ogni parte del mondo.
«La sua visione e il suo lavoro – conclude Roberto Sergio – rappresentano un punto di riferimento imprescindibile per chi crede nel potere trasformativo dei media e nell’importanza di un servizio pubblico che sia al tempo stesso informativo, formativo e inclusivo». (giornalistitalia.it)

Pino Nano

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