È stato un grande uomo, rimane un valido esempio per il Sindacato dei giornalisti

Un anno senza Camillo Galba, un vuoto nella Fnsi

Camillo Galba

Camillo Galba

ROMA – È trascorso un anno dalla scomparsa di Camillo Galba, strappato alla vita da un male incurabile a soli 57 anni, nel volgere di poche settimane, il 25 agosto 2014. Un anno dalla sua morte e dai funerali che, il 27 agosto, nella sua Rivergaro, nella Valtrebbia piacentina, chiamarono a raccolta gli amici ed i colleghi che gli hanno voluto davvero bene riconoscendogli sempre l’animo gentile e il cuore nobile degli uomini migliori.
Giornalista professionista iscritto all’Ordine dell’Emilia Romagna, Camillo era vice caposervizio nella redazione Interni ed Esteri del quotidiano Libertà di Piacenza dal 1981 e componente della Giunta Esecutiva e del Dipartimento Sindacale della Fnsi, dopo aver ricoperto per due mandati gli incarichi di vicepresidente (dal 1998 al 2004) e di presidente (dal 2004 al 2011) dell’Associazione della Stampa Emilia Romagna.
“Un collega serio, attento e preparato, sia in campo professionale che sindacale – ho ricordato in occasione della sua morte –  ma soprattutto un punto di riferimento per quanti hanno sempre creduto nel valore della professione giornalistica e nella difesa, senza se e senza ma, dei più deboli e dei più bisognosi. Spesso critico (il 9 luglio 2014 aveva firmato il rinnovo del contratto nazionale Fieg-Fnsi per il quale aveva in precedenza sospeso il suo voto), ma mai pretestuoso, è stato l’amico che tutti avremmo voluto sempre avere accanto. Cortese, cordiale e riservato, sulle prime dava l’impressione di essere introverso, ma in realtà aveva l’animo gentile e il cuore nobile degli uomini migliori”.
Ad un anno dalla sua scomparsa si avverte un vuoto ancora più grande. In un momento come l’attuale, di profonda crisi di identità del giornalismo italiano, si sente, infatti, ancor più il bisogno di uomini come Camillo Galba, che ha sempre rappresentato la coscienza critica di una categoria che non può e non deve mai derogare ai principi fondamentali della nostra professione. La coscienza critica che costituisce il sale del sindacato, che non è fatto di burocrati, né di burattini con o senza fili. La crisi economica è devastante, tanti, troppi, colleghi perdono continuamente il lavoro e tanti di più lo sognano, ma non lo vedranno mai.
Camillo – lo ha ricordato il direttore della Libertà, Gaetano Rizzuto – era stimato e apprezzato sia dagli editori (la famiglia Prati-Ronconi), che gli hanno sempre riconosciuto correttezza e concretezza nell’affrontare i problemi del giornale, sia dai colleghi  dei quali è sempre stato strenuo difensore. Li rispettava a tal punto da preoccuparsi sempre, con largo anticipo, di organizzare al meglio le cose quando doveva assentarsi per partecipare alle attività sindacali a Roma.
È di questi colleghi che ha bisogno il sindacato. Non essendo stato segretario o presidente, il ritratto di Camillo Galba non andrà mai ad arricchire il corridoio del secondo piano di Corso Vittorio Emanuele II, a Roma. Personalmente, però, di quel ritratto, ma soprattutto di quell’esempio, non voglio fare a meno. Quel suo sorriso, franco e autorevole, dolce e pulito, mi ricorda che libertà e dignità non hanno prezzo e non ammettono eccezioni. E, soprattutto, che sindacato ed editori non sono nemici, ma alleati se perseguono l’interesse supremo della qualità dell’informazione, unico motivo valido a giustificare l’esistenza di entrambi.

Carlo Parisi

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