Americano di 51 anni fino al 2015 ha collaborato con il New York Times. È il 46° del 2022

Ucraina, ucciso il giornalista Brent Renaud

Brent Renaud

IRPIN (Ucraina) – Aveva compiuto 51 anni un mese fa, Brent Renaud, il videogiornalista del New York Times ucciso a colpi d’arma da fuoco oggi a Irpin, alle porte di Kiev. Stava filmando i profughi in fuga quando è stato sorpreso da colpi di arma da fuoco ad un checkpoint. Colpito al collo, è morto all’istante.
Insieme al fratello Craig, anche lui regista indipendente, produsse tra gli altri “Surviving Haiti’s Earthquake: Children”, vincitore del duPont-Columbia Award 2012, premiato insieme al progetto multimediale del New York Times “A Year at War” come un esempio di narrazione artistica e interattiva vissuta online.

Brent Renaud

Brent ha passato gli ultimi venti anni a produrre film e programmi televisivi con il fratello. Erano noti per aver raccontato storie di umanità nei punti caldi del mondo: non solo il terremoto di Haiti, anche Iraq, Afghanistan, i disordini politici in Egitto e in Libia, la lotta per Mosul, l’estremismo in Africa, la violenza dei cartelli in Messico e la crisi dei giovani rifugiati in America Centrale.
Brent Renaud non era in missione in Ucraina per il New York Times, scrive Cliff Levy, vice “managing editor” del quotidiano americano, nonché ex capo dell’ufficio di corrispondenza di Mosca.
«Brent era un fotografo e videomaker di talento che per anni ha collaborato con noi, ma non era in missione in Ucraina per il New York Times. Il Nyt è profondamente rattristato nell’apprendere della morte di un giornalista americano in Ucraina, Brent Renaud», aggiunge Levy precisando che «l’ultima collaborazione di Renaud con il Nyt risale al 2015: «Aveva oggi con se – spiega – un badge del New York Times che gli era stato dato per un lavoro molti anni fa».
Nel video pubblicato sui canali Telegram e dal quale si può vedere il corpo a terra del corrispondente del New York Times, un poliziotto spiega che «appena in Romanivka, alla rotonda di  Irpin, è stata attaccata da fuoco russo l’auto della stampa americana. Il giornalista Brent Anthony Renaud è morto, colpito da un proiettile alla nuca,  altri due colleghi sono rimasti feriti e sono stati portati  all’ospedale Ochmatdyt».
«Una zona di conflitto è sempre pericolosa. E Irpin, dove sono stato ieri, è la zona più calda nei  pressi di Kiev», racconta all’Adnkronos il fotoreporter Fabio Bucciarelli, che dalla capitale ucraina sta raccontando il conflitto per Rai 3, Il Fatto Quotidiano, La Repubblica e il giornale tedesco Zeit.

Fabio Bucciarelli

Bucciarelli in passato ha collaborato con il New York Times, come aveva fatto Brent Renaud. «Non lo conoscevo», dice il fotoreporter italiano, che ieri è stato a documentare la situazione proprio a Irpin: «È a 25 chilometri dal centro di Kiev. E anche se negli ultimi 5/6 giorni i militari ucraini hanno tenuto le posizioni, l’esercito russo si sta muovendo e si sta diffondendo a macchia d’olio», spiega Bucciarelli, riferendo di «scene pazzesche, di guerra».
Sono, così, 46 i giornalisti assassinati nel 2021 in tutto il mondo mentre svolgevano il loro lavoro. Il dato emerge dal rapporto annuale di Reporters sans frontières (Rsf). Rsf evidenzia  come nel 2021 sia stato ucciso un giornalista quasi ogni settimana, con il Messico che ha avuto il triste record del numero maggiore di reporter assassinati, in tutto sette.
Dei 46 giornalisti assassinati, tra i quali 4 donne, 18 sono stati uccisi in zone di conflitto, 16 mentre lavoravano e altri 30 sono stati presi di mira in quanto giornalisti. Tra le donne uccise le tre afghane, Shahnaz Rufi, Saadia Sadat e Mursal Vahidi, uccise in un attacco rivendicato dallo Stato Islamico. L’associazione lanciava poi l’allarme sull’uccisione dei giornalisti in Paesi che non sono in guerra, anche in Paesi dell’Unione Europea, come il giornalista televisivo greco Giorgios Karaivaz, che indagava sulla corruzione in seno alla polizia, e il giornalista olandese Peter de Vries, ucciso in un agguato la scorsa estate. (adnkronos)

 

 

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