In Consiglio regionale intitolati ai due giornalisti gli uffici della sede di Reggio Calabria

Rai: omaggio a Pino Anfuso e Franco Bruno

Carlo Parisi, Daniele Macheda, Roberta Serdoz, Domenico Macrì, Filippo Mancuso e Riccardo Giacoia nell’ufficio del Presidente del Consiglio regionale della Calabria a Palazzo Campanella

REGGIO CALABRIA – Solenne cerimonia di ricordo e di commemorazione al Consiglio Regionale della Calabria, ieri a Reggio, per due giornalisti che non sono più tra di noi, ma che con il loro lavoro quotidiano hanno segnato e attraversato la vita e la storia della redazione giornalistica Rai della Calabria.

Pino Anfuso

Si tratta dei colleghi Franco Bruno e Pino Anfuso, morti ancora molto giovani, rispettivamente a 58 e 53 anni, mentre erano ancora in servizio. Due pilastri della Tgr Rai, soprattutto della redazione di Reggio Calabria, che per le loro diverse specificità hanno raccontato magistralmente bene un pezzo fondamentale della storia di questa regione: quasi 30 anni di cronache, di inchieste filmate, di dossier spinosissimi, di denunce pubbliche e di resoconti politici da una delle realtà periferiche più difficili e complesse del Paese.
Per il presidente del Consiglio Regionale, Filippo Mancuso, presente con il suo capo di gabinetto Domenico Macrì, «è un giorno solenne, perché qui oggi – afferma – vogliamo ricordare due testimoni del nostro tempo, due cronisti che hanno dedicato al giornalismo la loro vita sacrificando affetti e interessi personali».

Franco Bruno

Per un giorno in Consiglio Regionale, però, il vero padrone di casa è il capo della redazione giornalistica della Sede calabrese della Rai, Riccardo Giacoia. È partita, infatti, da lui la proposta di intitolare due spazi diversi, due stanze, ai due colleghi reggini, dopo che nei mesi scorsi il Consiglio Regionale aveva già ricordato un altro giovane collega giornalista, Pietro Bellantoni, ucciso a soli 42 anni dal cancro poco dopo la sua assunzione in Rai. «Tre diverse storie – spiega Riccardo Giacoia – tre diverse tragedie, tre diversi percorsi di vita, ma tutti e tre figli di questa grande azienda pubblica che è ancora la Rai. E a cui oggi tutti noi diciamo ancora una volta grazie per tutto quello che avete dato a questa terra e alla sua gente».
Commovente e appassionato il ricordo che, in Consiglio Regionale, fa dei colleghi scomparsi Roberta Serdoz, vice direttore della Testata Giornalistica Regionale della Rai, in rappresentanza del management aziendale:

Roberta Serdoz e Riccardo Giacoia con le famiglie di Franco Bruno e Pino Anfuso

«Colleghi che ho conosciuto, che ho avuto modo di apprezzare nell’esercizio delle loro funzioni e che ho, soprattutto, stimato e seguito per il rigore del loro impegno professionale e quotidiano al servizio dell’informazione regionale e nazionale».
«La memoria – sottolinea Roberta Serdoz – deve diventare un gesto collettivo di esempio per quello che è il giornalismo futuro, per i colleghi più giovani che non hanno avuto l’opportunità di conoscere Franco e Pino. A me è piaciuto ricordare Pino Anfuso come un narratore visivo».

Filippo Mancuso

«L’Ufficio di Presidenza – si legge nella delibera ufficiale del Consiglio Regionale della Calabria n. 30 del 13 Maggio 2025 – premesso che il Caporedattore Tgr Calabria Riccardo Giacoia, con nota acquisita al protocollo dell’Ente al n. 9306 del 6 maggio 2025, ha richiesto l’intitolazione di due sale presso i locali di Palazzo Campanella che ospitano l’ufficio Rai ai giornalisti Pino Anfuso e Franco Bruno; considerato che Pino Anfuso, giornalista e telecineoperatore della testata giornalistica Rai della Calabria, si è fatto apprezzare per capacità professionali e doti umane e si è distinto per la passione per la fotografia e le riprese televisive, raccontando abilmente attraverso le immagini uno spaccato della società calabrese; che Franco Bruno, giornalista reggino di indiscutibile talento professionale, si è distinto per l’amore e la passione con cui ha svolto la professione, in particolare quale inviato speciale della Rai, e per aver realizzato inchieste e cronache che rappresentano un patrimonio della storia e della cultura calabrese e meridionale;

Riccardo Giacoia, caporedattore della Tgr Rai Calabria e promotore dell’iniziativa

che nel mese di maggio ricorre l’anniversario della morte di entrambi i giornalisti; dato atto che il Presidente del Consiglio regionale ha informato i Presidenti dei Gruppi consiliari della predetta richiesta e, di concerto con gli stessi, ha stabilito di accogliere la proposta d’intitolazione de qua; saranno intitolati due spazi dell’Ufficio Rai a Palazzo Campanella alla memoria dei giornalisti Franco Bruno e Pino Anfuso. La decisione è stata assunta dall’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa calabrese e dai vertici regionali e nazionali della Tgr Rai».
In sala per la festa generale ci sono i familiari di Franco Bruno (la moglie Franca con i figli Antonio e Titti e il nipotino) e di Pino Anfuso (la moglie Marisa Barbaro e le figlie Antonella e Federica), ci sono i colleghi della Rai andati in pensione, Lello Malito, Orazio Cipriani, Giovanni Scarinci, Tonino Raffa, c’è il collega in servizio Mario Meliadò, ci sono i vertici del sindacato, Carlo Parisi, segretario generale della Figec Cisal, e Daniele Macheda, segretario dell’Usigrai, ci sono amici comuni di Franco e Pino che con loro hanno condiviso intere stagioni di racconti e di esperienze giornalistiche. Tra essi: Pippo Praticò, Franco Cufari, Carlo Macrì e naturalmente il portavoce del Consiglio regionale della Calabria, Romano Pitaro. Fisicamente assente per motivi di lavoro, Giusy Utano, che ha lavorato fianco a fianco con Pino Anfuso, ha voluto essere presente con un grazioso omaggio floreale che ha ulteriormente ingentilito la chiusura della cerimonia.

L’intervento di Roberta Serdoz, vice direttore della Tgr Rai

Daniele Macheda ricorda il suo rapporto viscerale e personale soprattutto con Pino Anfuso: «Abbiamo partecipato allo stesso concorso per cineoperatore in Rai, ma lui è arrivato primo perché era più bravo di me, e le nostre vite per molto tempo sono state parallele. Sono qui anche per testimoniare questo mio grande amore per i miei compagni di lavoro e di vita».

Riccardo Giacoia e Roberta Serdoz con i familiari dei due giornalisti scomparsi

L’intervento conclusivo è di Carlo Parisi che, nel rendere «onore e merito a Riccardo Giacoia e alla Rai per questa iniziativa», ne sottolinea «l’importanza per tenere vivo il ricordo di due grandi professionisti in un Paese che, purtroppo spesso, non riconosce valore e merito e cancella la memoria.

Un Paese – sottolinea Parisi – che ha nella Rai, soprattutto nella Testata Giornalistica Regionale, l’unica garanzia di Servizio Pubblico sul territorio, fondamentale soprattutto in realtà nelle quali il privato è spesso pesantemente gravato da interessi tutt’altro che finalizzati a garantire un’informazione libera, completa, corretta e rispettosa del pluralismo».
Il direttore di Giornalisti Italia ricorda, quindi, i due colleghi evidenziando di averli conosciuti personalmente entrambi: «Franco Bruno nella Sala Stampa del Comune di Reggio Calabria quando, alle prime armi, ho iniziato a scrivere per Il Giornale di Calabria. Con Pippo Praticò e Orazio Cipriani, qui presenti, ascoltavamo i suoi racconti sulla Rivolta del 1970, la ’ndrangheta, i sequestri, il malaffare sfociato nella Tangentopoli reggina e soprattutto i retroscena di tante pagine importanti della politica. Un signore del giornalismo.

Raffaele Malito e Orazio Cipriani

Pino Anfuso, quasi mio coetaneo, invece, è stato l’amico al quale chiedere consiglio per la risoluzione dei problemi tecnici più difficili. Era un mago della fotografia, delle riprese e del montaggio, come bene ha ricordato Riccardo Giacoia, che in pochi istanti, addirittura in auto, riusciva a montare un servizio e renderlo pronto per la messa in onda. Ma Pino era soprattutto un gigante buono dall’eterno sorriso».

Roberta Serdoz, Franca Bruno, Marisa Barbaro Anfuso e Carlo Parisi

Il segretario generale della Figec Cisal racconta, poi, alcuni aneddoti che solo in pochi conoscono: «Pino Anfuso lavorava come cineoperatore a Telereggio e l’avevo conosciuto grazie a due amici d’infanzia: il mio compagno di classe alle elementari Biagio Ingenito, che adesso lavora alla Tgr Rai di Trieste, e Daniele Macheda, vicino di casa e mio compagno di giochi con i suoi fratelli Paolo (qui presente) e Demetrio.

Riccardo Giacoia, Roberta Serdoz e Carlo Parisi

Con noi tanti altri amici del quartiere Sbarre che, tutti i giorni, venivano a giocare a casa mia, soprattutto in terrazza e in cantina. A volte litigavamo, ma alla fine una risata e un abbraccio seppellivano ogni disaccordo, perché i rapporti umani non devono mai cedere il passo agli interessi di parte».
Chi avrebbe mai immaginato che il segretario generale della Figec Cisal (che ha costituito il dipartimento Unirai) e il segretario dell’Usigrai avessero trascorso la loro infanzia nella stessa cantina mentre all’esterno infuocava la Rivolta dei Boia chi molla! Ma alla fine queste cerimonie sono importanti e belle anche per questo, perché anche i “guerrieri” per un attimo “depongono le armi” per onorare la memoria dei cari amici e colleghi che non ci sono più e l’amicizia che ognuno di noi ha costruito, coltivato e cementato sul suo posto di lavoro. È questo il bello della vita. (giornalistitalia.it)

Pino Nano

Pino Anfuso: un mastino che riusciva a fare tutto da solo

Pino Anfuso

Con Pino Anfuso ho lavorato moltissimo sulla cronaca. Come professionista mi affascinava molto. Pino era il classico mastino di razza, un giornalista che poteva tranquillamente lavorare da solo, pieno d’intuito e di coraggio, uno di quei telecinereporter che non si fermano mai davanti a niente. A lui dovevi solo spiegare cosa volevi portare a casa, cosa ti serviva, quali immagini servivano al tuo servizio, al resto ci pensava lui, anche nelle situazioni più difficili e più a rischio.
L’ultima volta che siamo stati a cena insieme – c’eravamo tutti alla festa di Gregorio quella sera – mi ha regalato una fotografia che conservo gelosamente, e che trasformerei molto volentieri nella copertina di questo mio diario di bordo. È una foto a colori che Pino mi scattò qualche anno fa a Staiti, un paesino interno della Locride.

Federica e Alessandra Anfuso scoprono la targa in memoria del padre Pino

Eravamo finiti lì per una diretta televisiva, Staiti è un paese dove non c’era il medico condotto e da dove l’ospedale più vicino distava settanta chilometri. Dovevamo raccontare questa storia. Bene, la foto mi ritrae con il microfono in mano e un asino che mi sta accanto: è come se in pratica io mi fossi fermato per intervistare quell’asino.

Marisa Barbaro

Non credo possa esserci immagine più simbolica di questa per raccontare la vita di un cronista in Calabria. Ma c’è un’altra cosa che non potrò mai dimenticare: fu la “caccia comune” che demmo ad una balena che si era arenata nel bacino del porto di Gioia Tauro lasciando in balia del mare le sue balenottere.
A bordo di un elicottero della Polizia di Stato, ed in compagnia di una effervescente veterinaria del Museo del Mare di Genova, cercammo di riprendere quella balena in difficoltà. Passammo ore ed ore appollaiati su quel trabiccolo dell’aria. Pino, ricordo, stava seduto sul portellone laterale, con la telecamera legata al collo e le gambe penzoloni fuori dalla carlinga. Per giorni e giorni pregammo, tifammo, sperammo che quel cetaceo ce la facesse. Alla fine, per fortuna, riuscì a farcela, riprese il largo, e forse riuscì anche a ritrovare le sue cucciole.

Alessandra e Federica Anfuso

Tutto meravigliosamente bene fino a quando, nel maggio 2015, non leggo sulle agenzie di stampa che anche lui se ne è andato via per sempre. Dopo un incidente avvenuto a Genova, era stato ricoverato nell’ospedale San Martino. Tornato poi in Calabria per la convalescenza, Pino era stato male di nuovo e venne ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Reggio Calabria. Dove morì purtroppo tre giorni dopo. Forse un’embolia polmonare. Oggi in Rai, a Roma, c’è sua figlia Alessandra, che è diventata punto di riferimento della direzione marketing. «È una ferita ancora molto aperta», ricorda la moglie Marisa Barbaro che aggiunge: «Stiamo cercando giustizia». (giornalistitalia.it)

Franco Bruno: un inviato depositario di mille segreti

Franco Bruno

Quando sono arrivato in Rai, assunto al posto di Carmelo Malara, morto giovanissimo, era la mattina del 24 maggio 1982. Franco Bruno era già stato assunto due anni prima, con l’avvio della Terza Rete. E quando per la prima volta io e Gregorio Corigliano entrammo nel palazzo Rai di Via Montesanto a Cosenza per la tradizionale visita medica prima dell’assunzione, perché va detto che siamo stati assunti insieme lo stesso giorno e convocati dall’allora caporedattore Franco Falvo alla stessa ora di quella mattina, Franco Bruno in quel palazzo era già uno dei protagonisti del giornalismo radiotelevisivo calabrese.
Erano i primi anni ‘80, anni in cui la redazione della Terza Rete era appena nata.

Franco Bruno

Appena entrati trovammo come compagni di lavoro oltre Franco Bruno, Franco Falvo, Mimmo Nunnari, Emanuele Giacoia, Vincenzo D’Atri, Elio Fata, Enzo Arcuri, Lello Malito, Tonino Raffa, Oloferne Carpino, Michele Gioia, Tonino Arena, Ugo Rendace, Pino Greco, Cesare Passalacqua, Claudio Poggi, Giancarlo Geri, Giovanni Scarinci, Cecè Pitrelli, vado a memoria e spero di non aver dimenticato nessuno.

Antonio e Titti Bruno scoprono la targa in memoria del padre Franco

Direttore di Sede era Sandro Passino. Più tardi arrivarono Maria Rosaria Gianni, Andrea Musmeci, Santino Trimboli, Pasqualino Pandullo, Gennaro Cosentino, Fabio Nicolò, Giampiero De Maria, Annarosa Macri, Anna Maria Terremoto, Alfonso Samengo, e poi ancora Livia Blasi, da Napoli Corrado Fidora e Francesca Ghidini, da Roma Isabella Mezza, fino alla generazione ultimissima che ha poi sostituito tutti noi vecchi.

Antonio Bruno

A Reggio c’erano anche Franco Cipriani, poi arriverà al suo posto il figlio Orazio, Pino Anfuso, a Catanzaro c’era Renato Mantelli, e a Locri Tonino Condò. Da allora, con Franco abbiamo percorso insieme un lungo tratto di strada, lui eterno inviato speciale della Rai calabrese, e vero depositario dei mille segreti della città di Reggio Calabria, dove viveva, e da dove puntualmente ogni giorno mandava a noi in redazione i suoi pezzi. Che erano per la verità di un equilibrio senza pari, costruiti a tavolino con la cura dei migliori cronisti del tempo, sempre “pensati”, mai approssimativi, o peggio ancora superficiali, puntuali dall’inizio alla fine, rigorosamente documentati, inattaccabili e letteralmente perfetti.
Sorrideva, ammiccava, condivideva con un semplice cenno del capo, ma guai a provare o sperare di cavargli qualcosa di riservato dalla sua bocca. Era quasi una mummia.

Titti Bruno

Sul piano professionale, senza dubbio, un grande inviato. Indimenticabili le dirette che fece per noi in punta di piedi dalla Certosa di Serra San Bruno per l’arrivo nell’eremo di Papa Giovanni Paolo II. Un racconto che nessun vaticanista navigato avrebbe mai saputo fare meglio e che lui tracciò con un garbo tale e un senso del pudore verso il mondo della clausura e dello stesso Papa polacco da farne un pezzo di storia.
Di Franco Bruno il figlio Antonio ricorda «la classe, l’aplomb e quel giornalismo non gridato che caratterizzava la sua professionalità. Di mio padre mi porterò sempre dietro, soprattutto, la sua dedizione al codice deontologico». Mentre la figlia Titti ama ricordare «la sua ironia e l’aplomb inglese… perché tante volte non si sapeva dove finiva lo scherzo e iniziava la realtà»  (giornalistitalia.it)

Pino Nano

 

Un commento

  1. Alberto Cafarelli

    Solo questo💖💖

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