A luglio il voto: circa 40 milioni di risparmi l’anno. Al Senato, invece, la Casellati frena

“Pacchia finita”, Fico taglia i vitalizi alla Camera

Roberto Fico

ROMA – Circa 40 milioni di risparmio per le casse della Camera dei deputati, una cifra che si aggira intorno ai 200 milioni per l’intera legislatura. È questo l’obiettivo della “sforbiciata” che il presidente della Camera, Roberto Fico, intende dare ai vitalizi degli ex deputati, che ad oggi ammontano a 1.405.
Un taglio che riguarda una platea di 1.338 vitalizi, che saranno ricalcolati secondo il metodo contributivo e che, quindi, subiranno una diminuzione dal 40 al 60% dell’importo finora percepito. Saranno invece “salvi” 67 ex deputati, il cui vitalizio non subirà alcun ritocco, ma per loro viene introdotto un tetto massimo. La ratio è che con il ricalcolo avrebbero incassato un assegno di importo maggiore e, quindi, viene messo un tetto limite che si calcola sulla base dell’ultimo vitalizio percepito al 31 ottobre 2018. Infine, vengono previsti due tetti minimi: il primo pari a 980 euro, il secondo pari a 1.470.
Se la riforma voluta da Fico e dai 5 stelle vedrà la luce senza modifiche, le nuove norme entreranno in vigore il 1 novembre del 2018. Questi, in sintesi, i contenuti principali del testo di delibera illustrato oggi da Fico all’Ufficio di Presidenza della Camera. Le proposte di modifica dovranno essere presentate entro giovedì prossimo, 5 luglio, mentre la discussione e le votazioni si svolgeranno dalla settimana successiva. L’obiettivo di Fico è di approvare la delibera entro la fine di luglio, quindi prima della pausa estiva. Ma la riforma riguarderà solo Montecitorio. Il Senato, infatti, non ha ancora provveduto a predisporre un testo.
La delibera presentata oggi da Fico mira a superare il regime dei vitalizi tutt’ora in essere per circa 2.600 ex parlamentari tra Camera e Senato, per una cifra che nel 2016 ha raggiunto i 193 milioni di euro, mentre nel 2017 è cresciuta, toccando quota 206,28 milioni di euro e la stima fatta dall’Inps è che nel 2018 dovrebbe crescere ancora, arrivando a toccare quota 206,94 milioni.
Nel 2012 Camera e Senato avevano provveduto a modificare il sistema pensionistico dei parlamentari sul modello contributivo, eliminando quindi per il futuro il regime dei vitalizi, rimasto in essere solo per gli ex parlamentari al momento dell’entrata in vigore della riforma.
Con la delibera illustrata oggi i 5 stelle puntano a riformare l’intero sistema pensionistico, ampliando la platea di intervento agli ex deputati. Si procede, appunto, con la rideterminazione secondo i principi del metodo di calcolo contributivo degli assegni vitalizi, delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata e dei trattamenti di reversibilità maturati sulla base della normativa vigente alla data del 31 dicembre 2011.
La rideterminazione, ha spiegato il presidente della Camera illustrando la delibera – per la cui elaborazione Fico si è avvalso della collaborazione di Inps e Istat – è effettuata moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del deputato alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata.
La base imponibile contributiva è determinata, secondo quanto previsto dalle disposizioni per i dipendenti pubblici, sulla base dell’ammontare dell’indennità parlamentare lorda definito dalla normativa vigente nel periodo di riferimento. La quota di contribuzione a carico del deputato è pari all’aliquota percentuale della base imponibile prevista dalla normativa di riferimento, ivi ricomprendendo l’aliquota della eventuale contribuzione ai fini del completamento volontario del quinquennio della legislatura e l’aliquota della eventuale contribuzione aggiuntiva ai fini del conseguimento del diritto al trattamento di reversibilità.
La quota di contribuzione a carico della Camera dei deputati è pari al prodotto tra l’aliquota percentuale a carico del deputato e il valore di 2,75. Il montante contributivo individuale, rivalutato sulla base dell’andamento del Pil in conformità a quanto previsto nell’ordinamento generale, viene trasformato in prestazione pensionistica applicando i coefficienti di trasformazione, determinati ad hoc dall’Inps relativi all’età anagrafica dei deputati alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata.
Per quanto riguarda i trattamenti di reversibilità, le quote previste dalla normativa vigente ai fini della liquidazione dei trattamenti di reversibilità sono rapportate al trattamento previdenziale spettante all’avente causa. Quanto ai limiti massimi e minimi del trattamento previdenziale, nella delibera si prevede che l’ammontare dei trattamenti previdenziali rideterminati non può, comunque, superare l’importo degli assegni vitalizi in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare di ciascun deputato.
Inoltre, l’ammontare dei nuovi vitalizi non può comunque essere inferiore all’importo del trattamento previdenziale maturato da un deputato che abbia svolto il mandato parlamentare nella sola XVII legislatura e che abbia maturato il diritto al compimento del 65° anno di età, corrispondente a 980 euro netti mensili. Nel caso in cui la rideterminazione del trattamento secondo la proposta di deliberazione sia superiore al 50% di quello in godimento, il limite minimo è aumentato a 1.470 euro. (agi)
Di diverso tenore la posizione del presidente del Senato, Elisabetta Casellati, che da Washington auspica “soluzioni condivise” sul taglio dei vitalizi agli ex parlamentari, dicendo di avere “qualche perplessità sul fatto di poter incidere sui diritti acquisiti”.
A giudizio della Casellati, il taglio dei vitalizi “significa incidere sullo status di persone che magari oggi possono avere anche un’età rilevante e che si trovano improvvisamente ad avere uno stipendio magari inferiore al reddito di cittadinanza”. (ansa)

Di Maio: “Dopo i vitalizi colpiremo le pensioni d’oro”

ROMA – “Finito coi vitalizi inizieremo con le pensioni d’oro che è lo stesso principio. Fissiamo il tetto dai 4mila ai 5mila euro, tutti quelli che prendono di più, fino 25mila-30mila euro al mese non la potranno prendere più tutti quei soldi”. Lo ha detto il ministro del Lavoro e dello Sviluppo, Luigi Di Maio nel corso di una diretta dopo il consiglio dei ministri (agi)

 

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