Nell’ambito dell’operazione “Kiterion II” condotta dalla Dda ed eseguita dai Carabinieri

’Ndrangheta: arrestata la giornalista Grazia Veloce

Grazia Veloce

Grazia Veloce

CATANZARO – C’è anche una giornalista tra i 16 arrestati dai carabinieri nell’ambito dell’operazione “Kiterion II”, scaturita dall’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro nei confronti di “una struttura di ‘ndrangheta di amplissima estensione territoriale”, che aveva esteso la propria influenza sulle province di Crotone, Cosenza (basso Ionio cosentino), Catanzaro, Vibo Valentia (alto tirrenico), contando anche su propaggini a Roma, in Emilia Romagna e in Lombardia.
È Grazia Veloce, 72 anni, residente a Pomezia, cronista parlamentare fino alla metà degli anni Novanta. È stata posta agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per aver utilizzato le sue relazioni personali in ambienti ecclesiastici romani e in ordini di cavalierato per assicurare rapporti dei vertici del sodalizio criminoso con questi ambienti altolocati. La giornalista si sarebbe rivolta ad un prelato della Diocesi romana (che non è indagato) per consentire il trasferimento in un carcere calabrese del genero del boss Nicolino Grande Aracri, Giovanni Abramo, detenuto a Sulmona per l’omicidio di Antonio Dragone. Trasferimento, comunque, non effettuato.
Nella nottata del 4 gennaio, oltre 100 Carabinieri dei Comandi Provinciali di Crotone e Catanzaro, hanno eseguito una serie di misure cautelati  a Catanzaro, Roma e Cutro, la cittadina in provincia di Crotone considerata l’epicentro dell’attività del gruppo malavitoso, caratterizzato da una rigida impostazione piramidale.
Le indagini sfociate negli arresti rappresentano un ulteriore approfondimento di quelle che, già il 28 gennaio 2015, diedero vita a 36 fermi, e hanno permesso di attribuire agli affiliati la responsabilità, a vario titolo, di una serie di reati quali associazione di tipo mafioso, omicidio, ricettazione, estorsioni, usura, rapina e violazioni in materia di armi.
Tra gli arrestati anche l’avvocato crotonese Rocco Corda accusato di associazione mafiosa perché si sarebbe occupato di intermediazioni finanziarie per conto della cosca ed avrebbe partecipato a vertici di ‘ndrangheta. Non accolte, invece, dal Gip le richieste di arresto per il fratello di Nicolino, Domenico, anch’esso avvocato, e per Lucia Stranieri, sorella dell’avvocato romano Benedetto Giovanni Stranieri, sottoposto a fermo un anno fa. L’accusa si riferisce ad un interessamento dei Grande Aracri per un ricorso in Cassazione contro una condanna di Abramo.
La Corte, nel marzo 2013 aveva annullato la sentenza impugnata per nuovo esame d’appello e Abramo era stato scarcerato. Nel corso della conferenza stampa, il procuratore aggiunto di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, ha parlato di “intercettazioni inquietanti” che “non hanno fatto emergere elementi per ritenere che ci sia stato effettivamente un intervento sulla Corte di Cassazione”, pertanto le parole dei legali potrebbero essere frutto “millanteria”.
Agli arresti domiciliari anche Esterino Peta, mentre in carcere sono finiti Antonio Grande Aracri, fratello di Nicolino, Rocco Corda, Salvatore Scarpino e Giuseppe Altilia. Altre dieci ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state notificate a persone già detenute per altre cause:  Nicolino Grande Aracri, Angelo Greco, Gennaro Mellea, Francesco Lamanna, Alfonso Diletto, Vito Martino, Romolo Villirillo, i cugini Pasquale e Michele Diletto e Giuseppe Celi.
Nel gennaio dello scorso anno, in occasione della Maxi Operazione Aemilia, il procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, parlando del ruolo della giornalista Grazia Veloce (all’epoca non ancora indagata) aveva detto che “attraverso alcuni professionisti, la cosca di Cutro dimostra di avere entrature nei vertici giudiziari ed ecclesiastici a Roma”. Nel provvedimento, infatti, si faceva riferimento “ad un monsignore contattato per fare ottenere al genero del presunto boss Nicolino Grande Aracri, Giovanni Abramo, detenuto per omicidio, il trasferimento in un carcere calabrese. Trasferimento poi non effettuato”.
A fare da tramite tra la famiglia Grande Aracri ed il monsignore Maurizio Costantini, della Diocesi di Roma, secondo quanto riportato nel decreto di fermo di oltre mille pagine firmato dal procuratore aggiunto di Catanzaro Giovanni Bombardieri, e dai pm della Dda Vincenzo Capomolla e Domenico Guarascio, sarebbe stata una «giornalista residente a Roma», Grazia Veloce «di fatto ben conosciuta negli ambienti del Vaticano» e «asseritamente molto vicina a personalità di rilievo del Vaticano e della politica italiana».
La donna – scrissero i pm – «si è preoccupata in più occasioni delle sorti giudiziarie di Nicolino Grande Aracri e del genero Giovanni Abramo, presentando loro come luminare in giurisprudenza tale Benedetto Giovanni Stranieri», avvocato originario del leccese residente a Roma che figura tra le persone sottoposte a fermo con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
«La piena consapevolezza da parte di Veloce Grazia di agire in favore di un sodalizio criminale di tipo mafioso – era scritto nel decreto di fermo della Dda catanzarese – emerge chiaramente dai contenuti di molte conversazioni di cui la stessa è protagonista e che saranno sviluppate in altra sede non risultando destinataria del presente provvedimento. In questa sede il ruolo di Veloce Grazia assume estremo rilievo in quanto, in ragione dei suoi rapporti con istituzioni massoniche e cavalierati vari, pure strettamente collegati con ambienti del Vaticano, presenta a Nicolino Grande Aracri ed ai suoi sodali Benedetto Stranieri quale “avvocato” capace di risolvere alcuni problemi giudiziari che riguardano in quel momento una delle posizioni di vertice della cosca ed in particolare il genero dello stesso Nicolino Grande Aracri, Abramo Giovanni, soggetto, peraltro in quel momento detenuto ed in cui favore la stessa Veloce attiva tutti i suoi contatti in Vaticano per il suo trasferimento in altro Istituto carcerario». (giornalistitalia.it)

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