L’aggressività di Cina e Russia, le debolezze dell’Europa e la fragilità del nostro Paese

Maurizio Molinari: “L’Occidente in stato d’assedio”

Il direttore del quotidiano La Stampa, Maurizio Molinari, dialoga con Massimo Cavino

NOVARA – Che l’Occidente sia assediato è la tesi che il direttore del quotidiano La Stampa, Maurizio Molinari, ha sviluppato nel salone di rappresentanza dell’Arengo, al Broletto di Novara.“Da qualche tempo – argomenta – Russia e Cina tentano di cambiare i rapporti internazionali a loro vantaggio. Lo fanno utilizzando competenze tecnologiche formidabili e attraverso atteggiamenti aggressivi difficilmente contrastabili”.
L’intervento di Molinari è suggerito dai capitoli del suo ultimo libro per l’editrice “Nave di Teseo” e intitolato, per l’appunto, “assedio all’Occidente”. Nel sommario qualche puntuale riferimento a “leader, strategie e pericoli di una seconda guerra fredda”.
A Novara è stato ospitato dal “Circolo dei lettori” e il suo ragionamento si è dipanato in una dialogo con il preside del dipartimento di economia dell’Università Orientale del Piemonte Massimo Cavino.
“Con la caduta del muro di Berlino – sostiene Molinari – pensavamo di aver chiuso i conti con la storia.
Invece, siamo alle prese con dinamiche politiche ed economiche che fatichiamo a collocare in un contesto geopolitico ma i cui effetti sono estremamente pericolosi”.
Pechino e Mosca tentano di allargare il loro bacino d’influenza, chi (Xi Jinping) con maggiore propensione alla conquista economica chi (Putin) con attenzione più spiccatamente politica.
La loro iniziativa sta portando loro risultati ragguardevoli perché il mondo occidentale è estremamente fragile. L’Italia, in quel contesto, risulta, se possibile, anche maggiormente vulnerabile.

I Paesi del vecchio mondo stanno perdendo i valori sui quali erano stati fondati. Le sperequazioni economiche si fanno più evidenti provocando difficoltà in un ceto medio che garantiva la stabilità sociale.
Infine, le questioni legate all’immigrazione provocano incertezze e alimentano, addirittura, paure. Risultato? La sofferenza delle maggioranze si trasforma in protesta e, quando non si arriva a scendere in piazza (come in Francia, per esempio o in Catalogna) ci si prepara alle elezioni per dare addosso a chi ha governato.
I Parlamenti sembrano insufficienti e inadeguata la classe dirigente. Serpeggia il desiderio dell’uomo forte che stia da solo al comando.
Facile – o abbastanza facile – la diagnosi. Più complicato individuare la ricetta per risolvere la crisi. Lo stesso Molinari è in grado di individuare solamente una traccia di percorso ma senza tappe definite. “Intanto – precisa – il terreno su cui muoversi dovrà essere terribilmente nuovo. Non è possibile ragionare con le categorie politiche e giuridiche che abbiamo ereditato dall’Ottocento e coltivato nel Novecento.
La sfida consiste nell’elaborazione di un nuovo progetto economico che tenga conto dei cambiamenti climatici, delle necessità di un welfare con differenti paradigmi e dai bisogni che la nuova società impone”. Ogni problema si trasforma in un’autentica montagna da scalare.
Per esempio “la vita che si alluna provoca una maggiore richiesta di cure e di medicinali che nessuno stato è in grado di assicurare gratuitamente perché nessun bilancio dispone delle risorse indispensabili per pagare tutto”.
Dunque, che fare? La ricetta è totalmente teorica “elaborare il nuovo e farlo in fretta”. Perché, in effetti, di tempo ne è rimasto poco. (giornalistitalia.it)

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