Nonostante il rapporto conflittuale una proposta di legge a favore dei giornalisti

M5S: “Stop a carcere e querele temerarie”

ROMA – Nonostante il rapporto con il mondo dell’informazione non sia sempre stato idilliaco, i 5 stelle si schierano al fianco dei giornalisti contro la normativa vigente che prevede il carcere per la condanna per diffamazione. Non solo. I pentastellati mirano anche ad attenuare la portata delle norme vigenti in materia di risarcimento, sempre sul fronte diffamazione, anche per limitare la pratica delle cosiddette “querele temerarie”, ovvero l’accusa di diffamazione rivolta a un giornalista al solo scopo di intimidire.
Un tentativo analogo fu messo in atto nella scorsa legislatura, quando la Camera approvò una riforma della diffamazione, con l’eliminazione del carcere per i giornalisti, che però si arenò e finì in un binario morto. Ora i 5 stelle ci riprovano.

Mirella Liuzzi

È stata presentata a fine marzo e stampata lo scorso 3 luglio la proposta di legge a prima firma della deputata M5s Mirella Liuzzi, e sottoscritta anche dalla collega Francesca Businarolo, presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, la proposta di legge che mira alla depenalizzazione del reato di diffamazione.
“Insieme alla collega Liuzzi abbiamo avviato questo lavoro per depenalizzare il reato di diffamazione già nella scorsa legislatura quando, per incomprensibili motivi il Parlamento, dopo diverse navette tra Camera e Senato, non è riuscito a giungere al termine realizzando la tanto attesa riforma”, ricorda Businarolo.
“Il sistema dell’informazione in Italia ha molti problemi, a cominciare da quelli di carattere mondiale che riguardano la sfida delle nuove tecnologie, a quelli più nostrani, ad esempio l’insistenza al racconto dei fatti basato sui retroscena o sugli “eroismi”, ma a parte questo è indubbio che non si può tollerare il carcere per i giornalisti”, spiega all’Agi la pentastellata.
“Le querele sono spesso non uno strumento di tutela effettiva della propria reputazione, che è un diritto importante che il Codice penale assicura, ma piuttosto un mezzo di intimidazione: vengono usate, infatti, dai potenti o dai furbi. Per il giornalista che oltrepassa i limiti che è tenuto a rispettare (verità, continenza, interesse pubblico), c’è già la sanzione pecuniaria o la rettifica. Ma la pena detentiva è senz’altro qualcosa che va al di là delle garanzie di chi si sente diffamata: è uno strumento per intimidire e questo – conclude – è insopportabile”.

Francesca Businarolo

Composta di tre articoli, la proposta mira innanzitutto ad applicare le norme della legge sulla stampa del 1948 (“Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione”) anche “alle testate giornalistiche on line registrate, limitatamente ai contenuti prodotti, pubblicati, trasmessi o messi in rete dalle stesse redazioni, nonché alle testate giornalistiche radiotelevisive”, dando tre giorni di tempo alle testate on line per la pubblicazione della rettifica. Se non si provvede alla rettifica, la sanzione va da un minimo di “euro 8.000” a un massimo di “euro 16.000”.
Quanto al “Risarcimento del danno”, viene aggiunto un articolo alle legge del ’48 che dispone la prescrizione entro due anni: “Nella determinazione del danno derivante da diffamazione commessa con il mezzo della stampa o della radiotelevisione, il giudice tiene conto della diffusione quantitativa e della rilevanza nazionale o locale del mezzo di comunicazione usato per compiere il reato, della gravità dell’offesa, nonché dell’effetto riparatorio della pubblicazione e della diffusione della rettifica.
Nei casi previsti dalla presente legge, l’azione civile per il risarcimento del danno alla reputazione si prescrive in due anni dalla pubblicazione”. Viene, quindi, eliminata la “riparazione pecuniaria” (“la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato”, recita l’attuale normativa).
Pilastro della proposta di legge la depenalizzazione della diffamazione: l’attuale normativa dispone che “nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a lire 500.000”. La proposta M5s dispone, invece, una multa massima di 10mila euro e la pena accessoria della pubblicazione della sentenza. Viene, inoltre, modificato l’articolo 57 del codice penale.
Tra le novità, l’indicazione che “non si applica la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista e che il direttore responsabile “può delegare, con atto scritto avente data certa e accettato dal delegato, le funzioni di controllo a uno o più giornalisti professionisti idonei a svolgere le funzioni di vigilanza”.
Infine, per quel che riguarda le querele “temerarie”, la proposta di legge dispone: “Nell’ambito dei giudizi di risarcimento del danno per fatti illeciti connessi alla violazione dell’onore, della reputazione o dell’immagine, anche commerciale, il giudice, quando rigetta, anche parzialmente, la domanda risarcitoria, condanna l’attore, anche d’ufficio, a versare al convenuto o a ciascuno dei convenuti un importo non inferiore, nel caso di rigetto integrale della domanda, alla metà del danno richiesto e, nel caso di rigetto parziale, alla metà della differenza tra il danno eventualmente accertato e quello richiesto”.

Primo Di Nicola

Al Senato è stato Primo Di Nicola, giornalista e parlamentare M5s, a presentare un ddl sullo stesso argomento lo scorso autunno, citando i dati del ministero della Giustizia che mostrano come negli ultimi tre anni il 90% delle querele per diffamazione sono state archiviate prima del dibattimento.
La proposta mira a modificare l’art.96 del codice di procedura civile. Quando risulta la malafede o la colpa grave di chi ha sporto querela, il giudice non solo deve rigettare la domanda di risarcimento, ma anche condannare il querelante a pagare, oltre alle spese processuali, una somma che corrisponde alla metà dell’importo richiesto alla controparte.
Un ulteriore disegno di legge, sempre targato M5s, disciplina il segreto professionale: nel ddl si prevede la modifica dell’art. 200 del codice penale. Anche il Pd ha presentato una proposta di legge a firma Walter Verini e Andrea Romano contro le querele temerarie e la diffamazione a mezzo stampa. (agi)

 

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