Francesca Fagnani porta la voce dei giovani detenuti sul palco dell’Ariston

Lo Stato sia più sexy dell’illegalità

Francesca Fagnani sul palco del Teatro Ariston

SANREMO (Imperia) – È breve, ma molto intenso e, a tratti, anche abbastanza duro il monologo che Francesca Fagnani ha portato sul palco del Teatro Ariston nella serata che l’ha vista nei panni di co-conduttrice, insieme ad Amadeus e Gianni Morandi, della 73ª edizione del Festival di Sanremo.
La giornalista romana, nota per la trasmissione televisiva “Belve” in onda su Rai 2, di cui è conduttrice ed autrice, programma divenuto famoso per i “faccia a faccia” con i grandi nomi dello spettacolo, della politica e della cronaca che, rispondendo alle domande dai toni chiari, precisi e spesso incalzanti usati dalla giornalista, si raccontano senza filtri, e conosciuta anche come opinionista di Quarta Repubblica e Non è L’Arena, ha scelto di dedicare il suo monologo pronunciato durante la seconda serata della kermesse, al tema delle problematiche dei giovani detenuti in Italia.
Un argomento, questo, certamente scottante e indubbiamente inusuale, soprattutto perché introdotto in una cornice come quella di Sanremo, ma che è sicuramente servito a far luce su una realtà molto spesso dimenticata, offrendo al pubblico un profondo momento di riflessione.
La Fagnani, che negli anni ha avuto modo di visitare numerose carceri poiché conduttrice de “Il Prezzo”, programma che aveva l’obiettivo di raccontare la situazione dei ragazzi finiti in carcere per reati legati alla criminalità organizzata, ha avuto, infatti, modo di constatare con i suoi stessi occhi le condizioni drammatiche in cui versano molti giovani detenuti delle carceri italiane.
Quello che la giornalista restituisce al telespettatore e ai presenti è in effetti un quadro cupo e desolante dello stato non solo fisico (in riferimento alle condizioni delle celle), ma anche quello psicologico, di smarrimento, in cui versano questi giovani. Per tale motivo ha deciso di farli parlare, di dar loro voce, portando le loro testimonianze su un palco così popolare come quello di Sanremo.

Istituto Penale Minorile di Nisida

«Hanno picchiato, hanno rubato, hanno ucciso, ma non conoscono il vero perché dei loro gesti», dichiara la giornalista che ha intervistato in particolare i giovani detenuti dell’Istituto Penale Minorile di Nisida, in Campania. «La scuola l’hanno abbandonata, ma nessuno li ha mai cercati e i genitori non c’è l’hanno fatta», continua la giornalista che, alla domanda rivolta ad alcuni di loro: “Cosa vorreste dire davanti ad una platea così importante come quella di Sanremo?”, si è sentita rispondere, «Vogliamo che la gente sappia che non siamo animali, non siamo bestie, non siamo killer per sempre, vogliamo che la gente ci conosca».
Ascoltando queste parole, la giornalista nota i loro sguardi pieni di rabbia, persi nel vuoto, a volte sfidanti, ma tutti con all’interno una richiesta di aiuto, anche se non sanno bene quale potrebbe essere e a chi chiederlo. Mentre, alla domanda che ha avuto modo di rivolgere ai detenuti adulti, su cosa avrebbero cambiato della loro vita, questi hanno risposto, quasi in maniera unanime: «Sarei andato a scuola!».
«Perché se nasci in quel quartiere, in quel palazzo, in quella famiglia, è solo tra i banchi di scuola che potrai vedere una vita alternativa a quella già scritta per te da altri», ha sottolineato la Fagnani, che a tal proposito rivolge un monito accorato allo Stato ad attivarsi per combattere la dispersione scolastica, soprattutto nelle zone più disagiate del nostro Paese, per poter garantire una vita alternativa a quella altrimenti già segnata da un ineluttabile destino.
«È una questione di democrazia e di eguaglianza su cui si fonda la nostra Repubblica», ha esclamato sottolineando che «la scuola dovrebbe garantire pari opportunità almeno ai più giovani e lo Stato dovrebbe essere più sexy dell’illegalità».
Proseguendo nella sua lucida analisi, la giornalista ha colto l’occasione per portare l’attenzione anche sul tema della rieducazione che il carcere dovrebbe sapere garantire a tutti coloro che vi entrano, affermando: «In Italia la prigione, salvo belle eccezioni, serve solo a punire il colpevole. Non serve né ad educare né a reinserire nella società. Se non faremo in modo che un giovane, quando esce dal carcere, sia migliore di come è entrato, sarà un fallimento per tutti».

Francesca Fagnani durante il monologo al Teatro Ariston di Sanremo

Per la Fagnani, infatti, chi esce dal carcere dopo aver scontato la sua pena, dovrebbe essere una persona migliore ed essere messo nelle condizioni, grazie agli strumenti di riabilitazione e rieducazione forniti a suo favore dallo Stato, di non tornare più a delinquere.
Tale necessità, come ha ribadito la giornalista a conclusione del suo discorso, non si fonderebbe solo su una questione di civiltà, umanità o rispetto dell’art. 27 della Costituzione, seppure tali principi siano comunque alla base del nostro sistema democratico, ma su una questione anche di opportunità: «Perché – come ha tenuto a sottolineare – conviene a tutti che quel rapinatore, quello spacciatore o quel ladro che sia, una volta uscito, cambi mestiere». (giornalistitalia.it)

Margherita Ambrogio

I commenti sono chiusi.