Editore, direttore e Cdr accusano di falso il Sindacato che, invece, reitera la denuncia

La Presse, la querelle con la Fnsi finirà in tribunale

La PresseTORINO – “Leggo con stupore un comunicato della Fnsi e di tre associazioni regionali del sindacato giornalisti (Piemonte, Lombardia e Roma) nel quale senza neppure sentire la necessità di una preventiva verifica diretta con me o con il Cdr si lanciano accuse senza fondamento alla redazione, al direttore e alla proprietà di LaPresse”. Antonio Di Rosa, direttore dell’agenzia di stampa accusata di “palese violazione delle regole contrattuali che l’azienda ha cercato di sanare con un’inaccettabile intesa sindacale aziendale” sfida “chiunque a dimostrare che siano stati stipulati accordi collettivi aziendali ovvero, per quanto mi riguarda, che siano state poste in essere discriminazioni professionali. Nessuno ne ha mai segnalate al Cdr che non è mai venuto da me per chiedere spiegazioni”.
“Nessuno – afferma Di Rosa – si è mai lamentato con me di essere discriminato. C’è una intera redazione che lo può testimoniare. Vista la gravità di quanto affermato, se qualcuno insistesse nel fare affermazioni così gravi ne dovrà rispondere in tribunale. Non lascerò passare una parola, una sola, che metta in discussione la mia onestà e correttezza professionale”.
Dal canto suo, il Cdr di LaPresse rileva “con dispiacere” la nota “leggendola da altre agenzie, non avendola infatti mai ricevuta” e afferma di “non aver mai ricevuto alcuna segnalazione da parte dei colleghi in merito a ricatti e comportamenti discriminatori, che, qualora si fossero verificati, avrebbe con forza respinto. In merito all’accordo citato nel comunicato – aggiunge il Cdr – ricordiamo che è stato firmato individualmente da tutti i redattori eccetto uno. Riteniamo quindi lesivo della dignità del Cdr che la Fnsi abbia tratto conclusioni senza averci consultato”.
Anche l’editore parla di “un’iniziativa molto grave, sia perché è totalmente infondata, sia perché – in palese violazione di tutte le regole – è stato emanato senza alcuna preventiva informazione e condivisione dello stesso con il direttore e con il comitato di redazione. Dato quest’ultimo che, prima di ogni altro, dimostra che l’iniziativa non è stata motivata, come invece vorrebbe farsi apparire, da esigenze di tutela dei giornalisti della nostra agenzia, ma da tutt’altre e non meglio chiarite finalità”.
L’editore di La Presse sostiene che il 30 maggio scorso “la Fnsi ha inoltrato alla Fieg una richiesta di apertura di un tavolo sindacale facendo riferimento a un inesistente accordo aziendale «con il quale si fronteggia la crisi aziendale con la riduzione di alcuni istituti economici contrattuali». La società ha risposto alla Fieg il 13 giugno chiarendo che “la società non è in crisi e che, come palesato con la documentazione prodotta, non è stato raggiunto alcun accordo collettivo aziendale, bensì un insieme di accordi singolarmente sottoscritti dai giornalisti a titolo individuale. Accordi, raggiunti con n. 51 giornalisti art. 1 su n. 52 giornalisti in forza, che prevedono un aumento retributivo, nella forma di un superminimo mensile ad personam assorbibile, di euro 100,00 lordi mensili a tutti i redattori. Un aumento che, rinnovando precedenti intese relative alle maggiorazioni di cui agli articoli 10 e 19 del CNLG che erano state «congelate», è venuto incontro ai giornalisti riconoscendo – nell’ambito di una forfettizzazione delle relative maggiorazioni – un aumento e, al contempo, rinnovando l’impegno dell’editore al mantenimento dei livelli occupazionali”.
L’editore di La Presse, quindi, comunica, tra l’altro, di aver “dato mandato ai propri legali di assumere tutte le più opportune iniziative in tutte le sedi competenti”, ritenendo grave che “la Fnsi si sia, inoltre, spinta ad affermare che «C’è motivo di ritenere che tale accordo non sia scaturito da una libera contrattazione tra azienda e Comitato di redazione, ma da un ricatto messo in atto in confronto dei lavoratori». “Niente di più falso, considerato – incalza La Presse – che la proposta dell’editore è stata direttamente formulata ai giornalisti, previa la necessaria condivisione con il direttore e il Comitato di redazione, tramite quest’ultimo. La Fnsi, non paga di quanto precede e ben conoscendo che 51 giornalisti su 52 hanno siglato accordi individuali con l’editore, afferma nuovamente il falso quando dice “è ancora più grave il fatto che i lavoratori che si sono rifiutati di sottoscrivere l’accordo sono stati vittime di comportamenti professionalmente discriminatori”.
“Nessun comportamento discriminatorio – conclude l’Editore de La Presse – è stato posto in essere nei confronti di chicchessia. Vista la palese falsità delle notizie diffuse con il comunicato sindacale di ieri, gli autori si assumeranno in tutte le sedi competenti le loro responsabilità”.
Immediata la replica della Fnsi. “Se con l’annuncio di iniziative giudiziarie l’editore dell’agenzia di stampa LaPresse pensa di intimidire o mettere paura al sindacato dei giornalisti – afferma la Federazione della Stampa – si sbaglia e avrà modo di accorgersene presto. L’annunciata querela per diffamazione ci darà, infatti, l’opportunità di dimostrare in un’aula di giustizia la fondatezza dei rilievi mossi nei confronti di un editore che, come si evince dai toni e dal contenuto, a tratti esilaranti, del comunicato diffuso, ha una concezione dell’impresa editoriale degna di quella di un padrone delle ferriere”.
“È inequivocabile, oltre che facilmente dimostrabile, quanto sostenuto dal sindacato, ossia – afferma la Fnsi – che l’editore de LaPresse ha costretto i propri giornalisti ad accettare trattamenti peggiorativi rispetto a quelli riconosciuti dal contratto nazionale di lavoro. È dovere del sindacato denunciare questa situazione e chiedere l’intervento delle istituzioni pubbliche, considerato che l’editore in questione usufruisce dei benefici di una convenzione con il governo”.
La Federazione nazionale della stampa italiana conclude ammonendo: “l’editore, che ha sempre rifiutato il confronto con il sindacato, sarà chiamato a rispondere del proprio atteggiamento nelle competenti sedi giudiziarie, nelle quali sarà denunciato per comportamento antisindacale”.

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