Continua il colpevole cono d’ombra dell’informazione nazionale sulla Calabria

La lotta alla ’ndrangheta serve all’Italia intera

Michele Albanese in una delle numerose manifestazioni organizzate dal Sindacato Giornalisti della Calabria e dalla Federazione Nazionale della Stampa in Calabria (a sinistra il procuratore Nicola Gratteri e mons. Salvatore Nunnari)

REGGIO CALABRIA – Il cono d’ombra dell’informazione nazionale sulla Calabria continua. Lo scontro in atto tra lo Stato e la più potente organizzazione criminale del mondo, la ‘ndrangheta, sembra interessare poche testate. Nelle pagine o nei siti dei giornali nazionali o delle tv nemmeno il fermo di centinaia di ‘ndranghetisti e altrettanti indagati da parte della Direzione Distrettuale Antimafia cattura l’attenzione che merita. Così come non ha catturato la considerazione che, invece, meritava la “rottura simbolica di Polsi” con la ‘ndrangheta, che ha scelto quel santuario come base logistica per i suoi summit.
Non si capisce che lo scontro più cruento nella lotta alla ‘ndrangheta, che ha ormai devastato l’Italia, si sta combattendo in Calabria che è diventata il terreno di battaglia più importante nella lotta alle mafie nel nostro Paese, dopo gli anni delle strategie stragiste siciliane. Quanto accade in Calabria non interessa a molti nel mondo dell’informazione italiana. Io non dimentico come in Sicilia i media nazionali contribuirono a ridimensionare il fenomeno dei macellai di Corleone, decidendo di aprire redazioni in quella regione per accompagnare la controffensiva dello Stato contro Cosa Nostra. In Calabria ciò non è mai avvenuto.
E invece la battaglia che si sta combattendo qui serve all’intero Paese. Oggi per vincere la partita contro la ‘ndrangheta, che è soprattutto culturale e sociale, prima ancora che repressiva, serve l’attenzione dell’informazione nazionale. Qui ci sono storie che devono essere conosciute da tutti gli italiani, storie di uomini e donne che con eroismo lottano ogni giorno sfidando i potenti boss. Non solo magistrati, carabinieri, poliziotti o finanzieri, ma tanti giovani impegnati in cooperative che si contrappongono allo strapotere della ‘ndrangheta, con le sue ben studiate mutazioni, le strategie, le alleanze con pezzi di politica, istituzioni, ambienti della massoneria deviata. Storie che, però, quasi sempre restano confinate o isolate all’interno del territorio calabrese. C’è un racconto o una narrazione da riprendere, costi quel che costi, perché la ‘ndrangheta ha sempre puntato sul silenzio per conquistare l’Italia e mezzo mondo. O lo si fa adesso con coraggio oppure si affievoliranno per sempre le speranze di un cambiamento. Parlare, narrare e soprattutto informare serve al Paese. (giornalistitalia.it)

Michele Albanese
Consigliere nazionale Fnsi delegato ai progetti di educazione alla legalità

 

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