De Tomaso (“Credibili da 133 anni”) cede il timone a Partipilo (“Risvegliare le coscienze”)

La Gazzetta del Mezzogiorno, la storia continua

La nuova redazione della Gazzetta del Mezzogiorno

BARI – Garantire la continuità dell’antica testata – nata nel 1887 come Corriere delle Puglie – una delle poche ben strutturate nel Mezzogiorno continentale, quotidiano di riferimento delle comunità e dei territori di Puglia e Basilicata. Questo l’imperativo che emerge dall’editoriale di commiato di Giuseppe De Tomaso, che ha guidato il giornale negli ultimi, travagliatissimi 13 anni, fino a ieri, ed in quello programmatico del nuovo direttore, Michele Partipilo, sul numero oggi in edicola.

Michele Partipilo

“Risvegliare le coscienze del Mezzogiorno”, si propone già nel titolo Partipilo: “non basta dare voce al territorio, occorre fare di più: creare consapevolezza delle difficoltà e delle opportunità per ricostruire una comunità coesa, all’altezza di obiettivi importanti e capace di catalizzare le energie migliori per realizzare un futuro sereno per tutti, non solo per se stessi”. Non basta denunciare scandali, delitti, corruzione; non basta dare notizie, ormai appannaggio di altri strumenti più rapidi, ricorda il nuovo direttore della Gazzetta del Mezzogiorno: i giornali a stampa “possono però competere su altri e fondamentali fronti come quello della spiegazione dei fatti, dell’approfondimento, della verifica e della proposta”.
Nell’annunciare una ancora indefinita sinergia col web (dove già la Gazzetta è forte di un ampio lettorato) e con radio e televisione, mezzi di comunicazione di cui lo storico quotidiano si era dotato per poi abbandonarli per scelte editoriali sballate, Partipilo evidenzia che “è la prima volta dopo molti anni che il giornale torna ad essere gestito con criteri imprenditoriali, con budget e traguardi chiari”, anche se in una situazione di generalizzata crisi economica, aggravata dalla pandemia. Il traguardo? “Far rinascere due regioni, e non solo un giornale”.
De Tomaso, nel suo saluto ai lettori (ed ai colleghi), nel ricordare la lezione di Aldo Moro, “un leader che, è noto, aveva un rapporto particolare con il quotidiano della sua terra” (ricambiato: lo diciamo noi, per inciso: la Gazzetta, diretta allora da Oronzo Valentini, fu l’unico quotidiano italiano, insieme con l’Avanti!, organo ufficiale del Psi, ad auspicare che si intavolassero trattative con i terroristi che avevano rapito Moro; Valentini pagò anche questa coraggiosa presa di posizione), sull’inclusione come misura del tasso di civiltà di una realtà umana, e nel sunteggiare in pochissime righe la durissima crisi che, a partire dal settembre 2018, sembrava marciare verso una ineluttabile chiusura del giornale (scongiurata, ricorda De Tomaso, dall’intervento del gruppo Ladisa), ribadisce che la credibilità della Gazzetta “è più forte di ogni rovescio, e di ogni pandemia”. “La Gazzetta e i suoi lettori hanno dato vita, giorno dopo giorno, in 133 anni, a una vera e propria comunità umana e intellettuale, a difesa dell’interesse generale solitamente assediato dagli interessi particolari”.

Giuseppe De Tomaso

In chiusura del suo saluto, De Tomaso ha anche rivolto a sindacato ed Ordine dei giornalisti un appello perché stimolino il legislatore a rivedere alcune norme che riguardano la “responsabilità oggettiva” del direttore (l’omesso controllo), penale e civile, tenendo conto che, fra carta e web, un giornale di medie dimensioni “arriva a pubblicare 160-170 pagine quotidiane”. Un problema generale, che va ben oltre la dimensione locale.
Quanto alla sfida che ha di fronte il nuovo direttore, non è da poco: fra web ed edicole (ed altri canali distributivi, che inseguiti dagli editori non hanno poi mai realmente prodotto incrementi diffusionali) deve recuperare quote di mercato e di lettorato (le due cose non coincidono: specie al Sud, per esempio, un’unica copia di giornale cartaceo, anche per l’esistenza di famiglie numerose, ha un elevato numero di lettori; per non dire dei lettori “a sbafo” nei bar o dal barbiere). E deve farlo in un momento sfavorevole, perché la crisi economica acuisce la percezione del giornale come di un consumo voluttuario, non necessario, in epoca di “informazione” diffusa, che è però scarsamente elaborata e vagliata; un vaglio, quello della mediazione giornalistica, che vale la pena di essere pagato ma che troppi reputano invece inutile.
Non solo: dovrà far fronte all’impresa ciclopica di realizzare un giornale di qualità, ricco di storie e di approfondimenti, di verifiche, di spiegazione ed interpretazione dei fatti, ma anche di studio e di proposte, che assicuri copertura mediatica alle numerose, differenti comunità di Puglia e Basilicata, con forze ridotte. Una decina di redattori (i più “anziani” anagraficamente ma anche professionalmente) sono in uscita, negli intendimenti editoriali (prepensionamenti). Fra di loro firme eccellenti ed autentiche memorie storiche di un giornale che negli ultimi venti/venticinque anni è stato periodicamente deprivato dall’insipienza (per non dire altro) dei suoi editori e dei loro quantomeno inadeguati funzionari editoriali di capitale umano e professionale, senza mai reinvestire, di quei cospicui risparmi, neanche un euro nella professionalità giornalistica.

Giuseppe Mazzarino

Una redazione con numeri ridotti, ma comunque di buona qualità, dove ai colleghi con più esperienza si sono aggiunte tre/quattr’anni fa nuove, validissime energie (tra queste mi piace segnalare il caso di due giovani professioniste, ultime assunzioni, in parziale sostituzione dei prepensionati dell’epoca, prima del sequestro delle azioni di Mario Ciancio, provenienti dal master in Giornalismo dell’Università di Bari, unico del Mezzogiorno non solo continentale fuori dalla Campania, e fra i pochissimi di tutto il Centro-Sud, Roma inclusa), e con una valida rete di collaboratori e corrispondenti, altro punto di forza del giornale.
A questo proposito, va ricordato che fra gli ultimi atti degli amministratori giudiziari, un anno fa, ci fu la messa in cassa integrazione a zero ore, finalizzata al licenziamento, di tutti i collaboratori fissi ex articolo 2 del contratto giornalistico e di tutti i corrispondenti contrattualizzati ex articolo 12 del medesimo contratto. Pochi, in numeri assoluti. Ma non irrilevanti nella confezione del giornale, e meno ancora da un punto di vista di equità sociale. Una sfida per l’editore, che intanto dovrà affrontare il passaggio cruciale di luglio, quando la testata, presa in gestione per un anno, sarà definitivamente messa in vendita. (giornalistitalia.it)

Giuseppe Mazzarino

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