Clamorosa e innovativa sentenza della Cassazione destinata a suscitare polemiche

La Cassazione mina gli Uffici Stampa pubblici

Pierluigi Roesler Franz e la Suprema Corte di Cassazione

ROMA – Clamorosa e innovativa sentenza della Cassazione destinata a suscitare discussioni e polemiche perché, in assenza di un’apposita normativa approvata dal Parlamento, rischia di penalizzare i giornalisti, iscritti all’Ordine, che lavorano negli uffici stampa pubblici.

La sezione lavoro della Suprema Corte, presieduta da Adriana Doronzo, accogliendo il ricorso del Comune di Roma Capitale, ha, infatti, annullato la precedente decisione della Corte d’appello di Roma confermativa di quella del tribunale che aveva, invece, dato pienamente ragione a 5 giornalisti dell’ufficio stampa dell’amministrazione capitolina, i quali rivendicavano il riconoscimento del loro diritto ad un diverso e più vantaggioso inquadramento aziendale con condanna della Pubblica Amministrazione a pagare rilevanti differenze retributive.
Nella motivazione della decisione n. 2885 del 2025, redatta dal consigliere Dario Cavallari, gli “ermellini” del “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma, dopo aver preso atto dell’attuale vuoto normativo esistente in tema di occupazione di giornalisti inquadrati negli uffici stampa pubblici, hanno fissato un nuovo principio giuridico valido in tutta Italia, secondo cui:

Adriana Doronzo

«L’ufficio stampa delle pubbliche amministrazioni disciplinato dalla legge n. 150 del 2000 e con riferimento al quale il legislatore ha richiesto il titolo dell’iscrizione all’albo professionale per i suoi addetti e previsto un’area speciale di contrattazione con la partecipazione delle organizzazioni sindacali dei giornalisti, ha natura giornalistica, ma è, altresì, un’articolazione organizzativa finalizzata allo svolgimento di una attività informativa istituzionale, che si inserisce nella linea gerarchica degli enti attraverso la mediazione di un coordinatore-capo ufficio stampa e il cui personale, se non già incardinato nell’ufficio prima dell’entrata in vigore della suddetta legge, è da ricondurre, anche mediante l’individuazione di profili professionali specifici in sede di contrattazione collettiva, alla posizione di addetto all’ufficio stampa pubblico, il quale, pur trovando nella previa necessaria iscrizione all’albo dei giornalisti un requisito fondante di professionalità, non può essere assimilato alla figura del giornalista di cui alla legge n. 69 del 1963, in quanto sottoposto a direttive e privo di quei tratti di spiccata autonomia nell’acquisizione delle notizie e nell’esercizio del diritto di critica che caratterizzano l’attività giornalistica». (gioirnalistitalia.it)

Pierluigi Roesler Franz

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