Tra la pensione di anzianità della Gestione Principale e i redditi da lavoro autonomo

Inpgi, la Cassazione boccia il divieto di cumulo

ROMA – Sono diventate oggi ben sette le decisioni (delle quali sei univoche negli ultimi tre anni) della sezione Lavoro della Cassazione che hanno sinora disapplicato l’art. 15 del Regolamento dell’Inpgi del 24 luglio 1995 e successive modifiche che prevede la decurtazione della pensione di un giornalista nel caso in cui il titolare di una pensione di anzianità svolga attività lavorativa e percepisca redditi da lavoro (per il 2022 il “tetto”, cioè l’importo massimo delle collaborazioni consentite, non deve superare i 22 mila 907,04 euro l’anno). Si tratta, quindi, di un orientamento ormai decisamente consolidato da parte della Suprema Corte che ha, di fatto, uniformato la normativa Inpgi 1 a quella dell’Inps, che per legge consente la piena libertà di cumulo tra la pensione di anzianità e l’attività lavorativa senza alcuna limitazione.
Con l’ordinanza n. 20522, depositata in mattinata nella cancelleria del “Palazzaccio” di piazza Cavour, i supremi giudici hanno, infatti, dato continuità a quanto già affermato nelle loro precedenti pronunzie n. 1098 del 2012, n. 19573 del 2019, n. 20677 del 2020 (punto 8.2 a pag. 4 della motivazione), n. 21470 del 2020, n. 22170 del 2020 e n. 33144 del 2021.
È stata, così, definitivamente confermata la sentenza n. 458 emessa il 16 maggio 2016 dalla Corte d’Appello di Milano che aveva dichiarato la illegittimità delle trattenute effettuate dall’Inpgi 1 al giornalista Vittorio Borelli, titolare di pensione di anzianità che aveva percepito redditi di lavoro autonomo eccedenti i limiti ammessi dall’art. 15 del Regolamento Inpgi 1. Per la Cassazione, che ha integralmente accolto le tesi del professor Ugo Minneci e dell’avvocato Sabina Mantovani di Milano, il divieto di cumulo per i giornalisti in pensione è quindi del tutto illegittimo.

La sede Inpgi in via Nizza 35 a Roma

Innanzitutto la Suprema Corte ha bocciato la richiesta dell’Inpgi di trasmissione degli atti al Primo presidente affinché ne valutasse l’eventuale invio alle Sezioni Unite Civili perché nel 2016 gli “ermellini” con due decisioni (la n. 8067 e la n. 12671) avevano, invece, convalidato la normativa dell’Inpgi 1 sul divieto di cumulo.
Ma ormai tale contrasto è stato ampiamente superato tenendo anche conto del fatto che l’autonomia finanziaria dell’Inpgi, come ente previdenziale privatizzato, non è neppure integrale tenendo conto che con due leggine del 2009 lo Stato è venuto incontro all’Istituto con 20 milioni di euro annui posti a carico del bilancio dello Stato con conseguente facoltà dell’Istituto di «ottenere il rimborso degli oneri fiscalizzati, previa presentazione di idonea documentazione».
La Cassazione ha, poi, sottolineato che «a tale misura di sostegno finanziario va aggiunto il radicale intervento di cui all’art. 1 comma 103 della legge n. 234 del 30 dicembre 2021 con il quale, tra l’altro, «Al fine di garantire la tutela delle prestazioni previdenziali in favore dei giornalisti, con effetto dal 1° luglio 2022, la funzione previdenziale svolta dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani “Giovanni Amendola” (Inpgi), ai sensi dell’articolo 1 della legge 20 dicembre 1951 n. 1564 (è la cosiddetta “legge Rubinacci”, ndr) in regime sostitutivo delle corrispondenti forma di previdenza obbligatoria, è trasferita, limitatamente alla gestione sostitutiva, all’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) che succede nei relativi rapporti attivi e passivi…».

La Corte di Cassazione al “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma (Foto Giornalisti Italia)

Con singolare sincronismo l’ordinanza della Cassazione è stata depositata stamattina, cioè appena quattro giorni prima dell’incorporazione definitiva dell’Inpgi 1 nell’Inps
Chiosa finale: nell’occasione la Suprema Corte ha anche commesso un errore, determinato soprattutto dalla complessità della normativa vigente in Italia. Nella motivazione dell’ordinanza n. 20522 del 2022 ha, infatti, indicato solo la prima delle due leggine con cui del 2009 lo Stato è venuto incontro all’Istituto previdenziale di via Nizza con 10 milioni di euro annui ciascuna, cioé l’art. 19, comma 18-ter, lett. a), punto 2, del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito con legge n. 2 del 28 gennaio 2009.
I supremi giudici si sono, però, totalmente dimenticati dell’art. 41-bis della legge n. 14 del 27 febbraio 2009 con cui, appunto, lo Stato ha rimborsato ogni anno all’Inpgi 1 altri 10 milioni di euro a titolo di fiscalizzazione degli oneri sociali sui prepensionamenti dei giornalisti concessi in base alla legge sull’editoria n. 416 del 1981 ed autorizzati di volta in volta dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Per decenni, fino al 31 dicembre 2008, l’Inpgi 1 si é, invece, accollato per intero il rilevantissimo costo di centinaia di giornalisti prepensionati ancora in giovane età tra i 55 e i 60 anni di età e dipendenti da aziende in crisi, mentre dal 2009 non ha comunque mai ottenuto il rimborso dell’intero onere degli ammortizzatori sociali, compresi i contributi figurativi sui prepensionamenti. (giornalistitalia.it)

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