Parisi: “Idee nuove, investimenti seri e tolleranza zero per salvare la professione”

Inpgi: 104 milioni di rosso, Macelloni “ottimista”

inpgiROMA – È di 104 milioni 84mila 29 euro (66milioni 147mila 492 in più rispetto alle previsioni) il risultato economico negativo dell’Inpgi previsto al 31 dicembre prossimo. Un buco derivante dal saldo negativo di oltre 151 milioni di euro per effetto del vistoso calo dei rapporti di lavoro e dell’aumento dei pensionati. A fronte di una spesa di 546milioni 182mila 500 euro, alla fine dell’anno i ricavi non dovrebbero superare i 394milioni 401mila 200 euro. Significativo il risultato della gestione patrimoniale, sul quale l’Istituto ha puntato per reperire liquidità, che registra un mancato introito di 43milioni 842mila 600 euro rispetto al previsto, che diventano 95milioni 347mila 863 se rapportati al Consuntivo 2016.
“Il 2017 – afferma il presidente Marina Macelloni – si conferma un anno fortemente critico per l’Inpgi. Il disavanzo previdenziale aumenta e la gestione del patrimonio non compensa lo squilibrio”. Nell’annunciare che “l’esercizio chiuderà, quindi con una perdita che prevediamo di circa 104 milioni”, Macelloni afferma che il risultato non ha “niente di imprevisto, purtroppo, ma la conferma di una crisi strutturale dell’editoria che ormai da un decennio non solo non accenna a diminuire ma se possibile si aggrava”. L’annuncio viene fatto ad una settimana dal Consiglio Generale chiamato, appunto, a ratificare, mercoledì prossimo, 8 novembre, le delibere del Consiglio d’amministrazione sui bilanci di assestamento e di previsione delle Gestioni Principali e Separata.
“Solo un numero – afferma la Macelloni – a sostegno di questa evoluzione negativa: nei primi sei mesi del 2017 abbiamo già registrato una perdita di 800 posti di lavoro dopo gli oltre 2.700 persi dal 2012. La perdita di occupazione negli ultimi cinque anni raggiunge così il 15% e i rapporti di lavoro attivi scendono a circa 15mila (erano quasi 18mila nel 2012). Tutto ciò, naturalmente, si riflette sulle entrate per contributi Ivs correnti (-3,81% rispetto al 2016) e sul forte incremento della spesa per pensioni IVS (+5,35% rispetto al 2016)”.

Marina Macelloni

Marina Macelloni

Ma quali dinamiche abbiamo visto nel 2017 fino a questo momento? “Prosegue – afferma il presidente dell’Inpgi – il processo di ristrutturazione delle aziende editoriali che si concretizza prevalentemente nell’espulsione aggressiva di giornalisti dalle redazioni senza che a questo venga accompagnato un percorso di sviluppo sia pure a costi più sostenibili. La pensione è diventata il nuovo grande ammortizzatore sociale. Finita l’epoca dei contratti di solidarietà, in calo rispetto agli scorsi anni, il vero risparmio sui costi del personale si fa mandando in prepensionamento o in pensione i colleghi che si dimostrano ben felici di uscire da redazioni dove si lavora male. Colleghi che hanno potuto approfittare di clausole di salvaguardia che avevamo immaginato per arginare il flusso in uscita e che invece sono state utilizzate per accelerare il processo”.
“La riforma dell’editoria – aggiunge la Macelloni – ha concluso il suo iter parlamentare consegnandoci altri 161 prepensionamenti che arriveranno a compimento nei prossimi mesi. Proprio questa riforma, che abbiamo giudicato con ottimismo, si è rivelata un’occasione persa: poteva essere il contenitore per condividere tutti insieme un percorso di rilancio di un settore industriale e culturale strategico per il Paese e non è stato così”.
“In questo contesto – sostiene il presidente dell’Inpgi – il Consiglio di amministrazione ha fatto la sua parte. Ha varato un’autoriforma durissima che inciderà sui trattamenti delle future generazioni e contemporaneamente non rinuncia a chiedere a chi è già andato in pensione con regole più favorevoli un contributo straordinario di solidarietà. Una misura che siamo pronti a difendere anche nelle aule dei tribunali. La riforma è stata integralmente approvata dai Ministeri vigilanti e nei prossimi anni sicuramente porterà benefici ai conti dell’istituto. Le spese di gestione sono sotto controllo e l’attività amministrativa è orientata quotidianamente al massimo sforzo di efficienza”.
“Ma – è l’appello di Marina Macelloni – non possiamo essere lasciati da soli. Ora tocca a tutti gli altri attori del sistema fare la propria parte con altrettanto senso di responsabilità. Alla politica, presente e futura, si chiede di riflettere sulla rilevanza per il futuro democratico di questo Paese di una stampa vitale e di qualità. Non si difende l’articolo 21 della Costituzione facendo scrivere i giornali ad un algoritmo e non si formano cittadini consapevoli demandando l’informazione a giornalisti precari e sottopagati”.
Alle parti sociali, Fieg e Fnsi, il presidente dell’Inpgi chiede “uno sforzo per sedersi intorno a un tavolo e immaginare un futuro di rilancio per l’editoria e un contratto di lavoro inclusivo che risponda pienamente ai cambiamenti radicali che il nostro settore ha sperimentato. Le porte dell’Inpgi sono aperte e siamo in grado di mettere a disposizione tavoli e professionalità in qualsiasi momento. All’Ordine dei giornalisti, appena rinnovato nei suoi organismi, si chiede di prendere finalmente atto che le forme di attività giornalistica non sono più quelle del 1963 e che sempre di più comunicazione e informazione sono due mondi che si sovrappongono e si parlano”.
“Nonostante lo scenario critico fin qui descritto – conclude la Macelloni – resto ottimista. Ci sono le condizioni per mantenere l’Inpgi autonomo e rafforzarlo. A patto di remare tutti dalla stessa parte”.

Carlo Parisi

Carlo Parisi

“Quel che è certo – afferma, dal canto suo, Carlo Parisi, presidente della Commissione Contributi e Vigilanza dell’Inpgi e segretario generale aggiunto Fnsi – è che non c’è più tempo da perdere. Occorre setacciare tutti i settori del lavoro giornalistico per non consentire zone franche di contribuzione e di evasione; occorre condurre all’interno dei contratti di lavoro giornalistico tutte quelle attività – soprattutto quelle relative alla rete – ancora considerate borderline; occorre privilegiare le aziende sane e serie e chiudere quelle pirata; occorre, insomma, pretendere investimenti e agevolazioni a favore di chi quotidianamente produce informazione seria, credibile e non farlocca. Chi, invece, si intestardisce a credere che la professione sia ancora quella residua – purtroppo non crediamo per molto – in alcune realtà editoriali del secolo scorso, rischia non solo di risvegliarsi molto presto e bruscamente dal sogno, ma di mettere seriamente a repentaglio il futuro della professione e il destino di migliaia di giornalisti. Veri”.  (giornalistitalia.it)

Un commento

  1. Dario Ceccarelli

    Un certo tipo di informazione, con al centro il quotidiano cartaceo e anche quello online, sta arrivando al capolinea. Perché non ci sono più ricavi e mancano le risorse per investire. Mancano anche le idee, il coraggio, una “visione” per cambiare rotta prima di sbattere contro il nostro iceberg.
    Lo sappiamo tutti che così non si va da nessuna parte. La stessa Inpgi cosa può fare se i giornalisti attivi diminuiscono sempre più velocemente?
    Buona volontà a parte, da soli si può far poco. Ci vuole un grande progetto, una vera riforma dell’editoria che partendo dalla nuova realtà rilanci un settore fondamentale per l’equilibrio democratico del Paese. Posso dirlo? Da questa classe politica, mi aspetto poco.

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