Preoccupa il caso di Cheng Lei, australiana di origini cinesi, accusata di spionaggio

In carcere al buio la giornalista della tv cinese Cgtn

Cheng Lei

CANBERRA (Australia) – È agli arresti con l’accusa di spionaggio la giornalista e conduttrice australiana di origini cinesi del canale in lingua inglese della tv pubblica cinese Cgtn, Cheng Lei, prelevata dalla polizia a Pechino il 13 agosto dello scorso anno.
La conferma è arrivata dal ministero degli Esteri di Pechino a sei mesi dalla notizia dell’arresto di Cheng Lei, dopo che il ministro degli Esteri australiano, Marise Payne, aveva fatto sapere che Cheng è stata formalmente arrestata il 5 febbraio con «il sospetto di aver divulgato illegalmente all’estero segreti di Stato».
Il caso sarà gestito «nel rispetto della legge», ha detto un portavoce della diplomazia cinese.
Rappresentanti dell’ambasciata australiana – ha riferito Payne – hanno incontrato per sei volte Cheng in carcere, l’ultima volta a gennaio.
L’Australia «ha espresso serie preoccupazioni riguardo la detenzione di Cheng», anche per quanto concerne le condizioni di detenzione.
Secondo la Abc, Cheng – 45anni, mamma single di due bambini – è stata tenuta in una cella senza luce naturale. «Le sue condizioni peggiorano», ha detto alla Abc la nipote, Louisa Wen.
Le relazioni tra Cina e Australia sono “complicate” da quando nel 2018 Canberra ha chiuso le porte del 5G a Huawei. Il 4 febbraio, un giorno prima dell’arresto formale di Cheng Lei, l’Australia aveva sollecitato un’inchiesta delle Nazioni Unite sulle denunce di abusi dei diritti umani nella regione cinese dello Xinjiang, abitata dalla minoranza degli uiguri, suscitando le ire di Pechino come quando lo scorso anno chiese un’inchiesta internazionale sulle origini della pandemia di coronavirus ricevendo in risposta dazi sulle merci australiane.
A settembre due corrispondenti australiani sono stati costretti a lasciare la Cina. Prima ancora, a marzo 2020, nel mezzo della “guerra dell’informazione” con gli Usa il governo cinese aveva annunciato di fatto l’espulsione di giornalisti americani di New York Times, Washington Post e Wall Street Journal come rappresaglia per le misure adottate dall’Amministrazione Trump con le limitazioni ai visti per i media ufficiali cinesi che operano negli Usa. E lo scorso dicembre è stata fermata una reporter cinese che lavorava per Bloomberg News, Haze Fan, anche lei sospettata di reati legati alla sicurezza nazionale. (adnkronos)

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