“Diventarono carne da cannone. Erano i nonni del nostro Sud”. Era la Grande Guerra

“Il sangue dei terroni”, l’ultimo libro di Del Boca

Il sangue dei terroniROMA – “Lavarono con il loro sangue le pietraie del Carso e i dirupi dell’Altopiano. Nel corso del conflitto più vasto e spaventoso della storia, diedero la vita per una patria che non avevano mai conosciuto se non con la maschera di un potere centrale lontano, arrogante e rapace”.
Lo racconta e lo spiega a chiare lettere nel suo ultimo libro “Il sangue dei terroni” (Piemme Editore, 216 pagine, 17,50 euro), appena uscito in libreria e in edicola, lo storico e giornalista Lorenzo Del Boca. Da buon piemontese, il presidente emerito dell’Ordine nazionale dei giornalisti ha, ancora una volta, la sagacia e l’onestà di guardare alla storia con occhi limpidi e mostrarci quello che spesso i libri di scuola – e molti altri, più tardi – non dicono.
Ogni anno si celebrano con enfasi insensata le ricorrenze della Prima Guerra Mondiale, ma da nessuna parte si sente dire che l’assoluta maggioranza delle vittime era gente del Sud. Un’intera generazione spazzata via.
Figli del Meridione, contadini poveri, braccianti, piccoli artigiani, quasi per metà analfabeti, giovani di vent’anni che furono strappati alle loro famiglie e alla loro terra e mandati a morire in lande remote, tra montagne da incubo e pianure riarse. Si sacrificarono per gli interessi di quelle élite economiche – è ben spiegato ne “Il sangue dei terroni”, la cui prefazione è affidata ad un altro giornalista esperto sudista, Pino Aprile  – che sfruttavano la loro terra, succhiandone le energie e rapinandone le risorse, e per il tornaconto di una nuova classe politica che li trattava con ferocia o disprezzo. Finirono a decine di migliaia nelle trincee, stretti nella morsa del fango e del gelo, sotto una pioggia perenne di bombe.
“Diventarono carne da cannone, – questo scrive Del Boca nel suo ultimo libro – numeri da inserire nelle statistiche dello Stato Maggiore, bandierine che i generali spostavano sulle mappe con noncuranza. Vennero massacrati sull’Isonzo e a Caporetto, combatterono con disperazione e con valore sul Piave, lanciati da ufficiali balordi o criminali contro un nemico che non conoscevano e che non avevano motivo di odiare. Conobbero la paura, la morte, l’eroismo. Erano i nostri nonni, i nonni del nostro Sud. L’esercito dei terroni”.

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