Dalle guerre di mafia alla guerra in Ucraina, il caro prezzo dei giornalisti in prima linea

Il sacrificio dei cronisti al servizio della verità

Il cronista e il fotoreporter del quotidiano Il Giornale di Calabria, Saverio Occhiuto e Ninì Battaglia, durante la guerra di mafia a Reggio Calabria che, tra il 1985 e il 1991, fece registrare circa mille morti

ROMA – Da Mauro De Mauro a Beppe Alfano, passando per Peppino Impastato, Giancarlo Siani, Mario Francese, Giuseppe Fava… Riflettevo sul numero di giornalisti uccisi durante questi tre mesi di guerra (siamo già a 8) e non so per quale automatismo mi sono riapparsi i volti di quelli uccisi dalla mafia nel nostro bel Paese.

Mario Francese

Ho provato a contarli e dal 1970 a oggi il numero è più o meno quello: 8-9 cronisti eliminati per fare tacere le loro macchine da scrivere, i loro resoconti scomodi in terre pervase dagli intrecci politico-mafiosi. Solo che in questo caso parliamo di un arco temporale infinitamente più grande dei 90 giorni di guerra che stiamo attraversando quotidianamente con sentimenti misti ad angoscia, rabbia, impotenza.
Quando la mafia sparava e uccideva era come oggi: noi giovani cronisti correvamo dal caro estinto con la penna calda e il taccuino già aperto, arrivando spesso sul posto prima della Croce rossa. E i sentimenti erano anche allora quelli di oggi: impotenza, rabbia, incomprensione di una logica di morte che vedeva la soluzione di qualsiasi conflitto passare, ineludibilmente, dall’uso delle armi. Una barbarie che ti fermava persino i battiti del cuore quando toccava a uno di noi.

La guerra in Ucraina

Certo, se ti porti in prima linea per “raccontare”, certi rischi devi metterli nel conto. E tra una guerra di mafia e una di invasione, messa a segno con i blindati e i missili ipersonici, l’unica differenza la fa appunto la dimensione della scena. Ma alla base di tutto gli ingredienti sono gli stessi: l’uso della forza per prendersi qualcosa che non è tuo e non puoi avere per le vie “diplomatiche”. Chi prova a raccontarla così si ritrova fra i tracciati dei proiettili. Della mafia o di un ventenne russo, convinto dal Cremlino di andare a fare una scampagnata con il suo lancia granate in spalla, poco importa. (giornalistitalia.it)

Saverio Occhiuto

Un commento

  1. Maddalena Lambertucci

    Hai ragione, la differenza tra guerra di mafia e guerra di eserciti è nelle dimensioni, ma il nemico è sempre la libera parola. Purtroppo chi la esercita anche a rischio della vita viene spesso dimenticato. Grazie per ricordarcelo.

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