ROMA – “Io mi vergogno un po’ nel leggere questa lettera A del I comma dell’articolo 3. C’è una ignoranza totale della lingua italiana, che è già di per sé una violenza e in più è un modo per vanificare anche il carattere di criterio direttivo per la delega”. Il costituzionalista Stefano Rodotà stronca senza appello la cosiddetta “legge bavaglio”, contenuta nel Ddl del Governo Renzi, chiedendo uno stralcio in materia di intercettazioni. E lo fa nella sede della Federazione della Stampa, a Roma, che oggi ha lanciato la mobilitazione contro il Ddl e la petizione on line “No bavaglio” della quale è primo firmatario.
“Modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle captazioni che diano una precisa scansione procedimentale per la selezione di materiale intercettativo”: questa, ha osservato Rodotà, “sembra una caricatura di chi vuole prendere in giro il linguaggio del legislatore, ma è quello che sta scritto qui. Dietro questo scrivere in un modo poco comprensibile c’è, alla fine, una specie di delega in bianco che viene data a chi, poi, queste parole le utilizzerà come meglio crede. Questo tipo di delega – ha tagliato corto il costituzionalista – può consentire qualunque tipo di manovra nel momento in cui si va avanti, proprio perché sostanzialmente dietro il cattivo italiano, anzi l’italiano inesistente c’è il bianco della delega”.
“È profondamente sbagliato, grave e pericoloso che si ricorra allo strumento della delega su una materia, come il diritto all’informazione, che ha un rilievo costituzionale”, gli ha fatto eco il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, il quale ha proposto di “tenere alta la guardia” e coinvolgere gli altri sindacati europei dei giornalisti perché anche la Ue e il Parlamento europeo intervengano “contro la proposta di legge bavaglio” sulla stampa contenuta nel Ddl in materia di intercettazioni.
La Fnsi ha, dunque, dato oggi il via alla mobilitazione dei giornalisti contro il provvedimento del Governo Renzi ed alla petizione on line che ha comprimi firmatari Stefano Rodotà ed i giornalisti Marino Bisso, Arturo Di Corinto e Giovanni Maria Riccio.
A giudizio di Lorusso, la legge “metterebbe l’Italia sullo stesso piano di altri Paesi vittime del bavaglio, per non dire di quanto avviene in Turchia, Iran e Russia”. Da Roma “può partire un’azione che coinvolga tutti i sindacati dei giornalisti europei, così da essere promotori di iniziative in sede Ue e di Parlamento europeo”.
Stefano Rodotà, a sua volta, ha sottolineato la “gravità” del provvedimento che finisce con l’essere “un intervento sui dritti fondamentali attraverso la delega al Governo, così come già avvenuto per i controlli a distanza e la privacy”.
Per Rodotà “è una linea di tendenza quella di espropriare il Parlamento dall’esercizio di diritti fondamentali. È una linea che si sta consolidando ad ogni livello istituzionale e che coinvolge anche la Presidenza della Repubblica; c’è, insomma, una messa in discussione della prima parte della Costituzione italiana”.
A giudizio di Rodotà, procedendo con le deleghe al Governo “viene sottratta all’opinione pubblica la possibilità di esercitare il controllo su quanto si discute in aula, e questo è un passaggio istituzionalmente grave”. Inoltre, “i rischi sono legati al fatto che questo tipo di delega può essere applicato a tutto”.
Rodotà ha ricordato che “disponiamo già di una disciplina adeguata” alla materia della tutela dalla diffusione delle notizie che possono arrecare danno alla persona di cui si parla, “non c’è quindi alcun vuoto da colmare, ma in realtà si vuole comprimere il diritto-dovere di informare”. Si tratta di “una forzatura del sistema costituzionale mettendo mano alla prima parte, quella dei diritti e dei doveri”.
Rodotà ha, quindi, ricordato la mobilitazione per le limitazioni imposte in Ungheria, sollecitando un ampliamento di quelle iniziative di protesta portandole a Bruxelles, “dove c’è molta responsabilità in merito a quanto accade”. Serve un’iniziativa a tutela dell’informazione ed anche – visto che se ne parla in questi giorni – per risvegliare gli anticorpi”.
Nella Sala Azzurra della Fnsi, a Roma, oltre Lorusso e Rodotà, erano presenti il segretario generale aggiunto della Fnsi, Carlo Parisi, il direttore della Fnsi, Giancarlo Tartaglia, il presidente nazionale dell’Unci, Alessandro Galimberti, il presidente ed il segretario del Sindacato Cronisti Romani, Fabio Morabito e Romano Bartoloni, il presidente nazionale del Gus, Gino Falleri, il segretario dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, Silvia Resta, il consigliere d’amministrazione del’Inpgi, Silvia Garambois, il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani, il segretario dell’Associazione Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo ed il portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti.