ROMA – Un confronto ad altissimo livello, intenso e ricco di spunti, il convegno su “Intelligenza Artificiale: come cambia l’informazione” organizzato, nella Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini”, dalla Figec Cisal in collaborazione con l’Ente Terzo InformaGiovani ETS e valido quale corso di formazione professionale per i giornalisti. Un tema non solo di grande attualità, ma dirompente per la professione giornalistica e per tutte le professioni intellettuali.
Al centro dell’iniziativa, moderata dalla giornalista pesarese Silvia Sacchi, l’impatto sempre più pervasivo dell’Intelligenza Artificiale nelle redazioni, nelle agenzie di stampa, nelle testate web e nei processi di produzione delle notizie. L’intelligenza artificiale, oggi più che mai, è infatti una realtà con cui bisogna convivere, governare e non subire, chiedendosi se l’IA rappresenti un sogno o un incubo per il giornalismo.
«Non dobbiamo avere paura – ha esordito la Sacchi – ma nemmeno illuderci: servono consapevolezza, strumenti e formazione. Vantaggi e criticità: è vero, questa tecnologia risolve molti problemi e velocizza numerose attività, ma allo stesso tempo può generare situazioni spiacevoli – o addirittura pericolose».
E lei, giornalista della Rai e prima ancora di Mediaset e Skytg24, dell’IA è stata vittima per via di un video fake sui vaccini nel quale invitava all’acquisto di un fantomatico farmaco miracoloso.
Introducendo i lavori, il segretario generale della Figec Cisal, Carlo Parisi, ha messo in guardia sul rischio concreto che le redazioni diventino vittime passive dell’automazione spinta. La sua lunga e articolata relazione ha toccato temi cruciali: la crisi strutturale dell’editoria, l’integrazione mancata tra digitale e cartaceo, la tentazione – sempre più forte – di sostituire i giornalisti con sistemi automatici capaci di generare contenuti apparentemente credibili ma privi di anima, di verità e di verifica.
Ricordando che la Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione, fondata il 28 luglio 2022 in un altro palazzo del Senato – la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani – ha da subito posto il tema dell’intelligenza artificiale al centro della sua agenda formativa, Parisi ha sottolineato che «sul tema Intelligenza Artificiale si parla spesso come se appartenesse al futuro, ignorando che invece è il nostro presente – e per certi aspetti e in certi contesti è già il passato. L’IA ha colto di sorpresa la professione giornalistica e l’intero settore editoriale, già in forte crisi strutturale. Non è un caso che circa il 90% delle aziende editoriali tradizionali sia sottoposto ad ammortizzatori sociali mentre quelle native digitali macinano utili e assumono giornalisti».
«L’obiettivo della Figec Cisal – ha spiegato Parisi – è sostenere, in questa fase di profonda trasformazione, il giornalismo professionale di qualità trovando strumenti per integrarlo anche con l’Intelligenza Artificiale, ma senza farsi sopraffare da essa. Se l’IA è utile e salvavita in settori come l’ambiente e la salute, il suo impatto sulle professioni intellettuali può essere devastante.
Ne è esempio l’esperienza raccontata da Giulio Rapetti, in arte Mogol, presidente onorario della Siae e consigliere per la cultura popolare del Ministero della Cultura. Mogol – ha raccontato Parisi – è iscritto alla Figec Cisal e mi ha confidato che, su richiesta del presidente della Siae, ha suggerito all’IA una semplice scena per una canzone: “Un ragazzo e una ragazza in riva al mare, al tramonto, mano nella mano, stile Mogol”.
Dopo pochi secondi, l’algoritmo ha generato un testo di cinque cartelle. “Stentavo a credere che non l’avessi scritto io”, mi ha detto.
Questo ci fa comprendere, con brutalità, la portata dell’impatto dell’IA. E tanto altro potrebbe raccontarci il “re dei fotoreporter”, Rino Barillari, consigliere nazionale della Figec Cisal, che oggi ci onora della sua presenza. “The King” può, infatti, testimoniare quanto l’IA abbia devastato il fotogiornalismo».
«Ecco perché – ha evidenziato il segretario generale della Figec Cisal – abbiamo accolto con favore l’idea di tenere questo incontro al Senato, grazie alla disponibilità del senatore Maurizio Gasparri, giornalista professionista e nostro iscritto. Abbiamo invitato anche esponenti di altri partiti, perché l’informazione non ha bandiere ma deve avere regole chiare e non si risolve certo con la provocazione di Elon Musk che ha ha proposto una moratoria sull’IA: impossibile.
Sarebbe come chiedere una moratoria sul doping nello sport. Fermare la ricerca legale significa favorire quella illegale. Servono strumenti forti, anche se impopolari. Alcuni diranno “è censura”. No. È come per la diffamazione: viviamo in un Paese dove l’articolo 21 della Costituzione garantisce la libertà di espressione e di stampa, ma questo non significa licenza di diffamare. Non possiamo accettare che i “diffamatori seriali” abbiano campo libero. Il bilanciamento tra libertà e responsabilità è complesso, ma necessario. Noi giornalisti lo sappiamo bene: quante volte è stato “sbattuto il mostro in prima pagina”, rovinando vite, famiglie, aziende, salvo poi scoprire – vent’anni dopo – l’innocenza dell’interessato. Il sindacato deve partire da qui: dalla tutela della dignità umana e professionale dei giornalisti. Ma in un quadro di sostenibilità. Perché se le aziende editoriali chiudono, addio giornalismo di qualità. E se non possono permettersi di pagare i professionisti, si affideranno esclusivamente all’IA».
Il prof. Georg Gottlob, docente di Informatica all’Università della Calabria, dopo aver insegnato per 30 anni alla Oxford University, considerato in tutto il mondo uno dei guru dell’IA, ha quindi analizzato le dinamiche tecnologiche e sociali connesse allo sviluppo degli algoritmi sottolineando che «non si potrà più prescindere dall’IA nei processi industriali, formativi e comunicativi, ma serve un nuovo umanesimo per evitare che la macchina sostituisca completamente il pensiero critico umano».
Per il grande Gottlob c’è in questo tema una bivalenza che, come tale, va analizzata: da una parte i pro, dall’altra i contro, ma per un uomo di ricerca come lui «non si potrà più prescindere dall’Intelligenza Artificiale per gli anni che verranno». Nel senso che «moltissime cose saranno delegate all’Intelligenza Artificiale perché solo in questo modo – ripete lo scienziato viennese – sarà possibile ridurre tempi costi e fasi di programmazione del sistema industriale e sociale del futuro».
Insomma, tutto tranquillo? Certamente no perché già ora molti giornali, affidando parte del loro lavoro di creazione agli algoritmi, hanno ridotto di conseguenza le loro redazioni mandando a casa colleghi di vecchia tradizione giornalistica e riducendo gli stupendi dei pochi rimasti. Insomma, il rischio è di restare schiacciati dalla stessa IA.
Accade la stessa cosa in Rai? Le risposte che vengono da questa importante assise di formazione sono di due tipi. Da una parte il segretario generale di Unirai Figec Cisal, Francesco Palese, assicura che il sindacato «vigilerà affinché nessuna mortificazione o dimezzamento possa avvenire all’interno delle redazioni, delle testate e delle reti, in nome dell’IA, ovvero continueremo a difendere la libertà dei colleghi giornalisti e soprattutto la loro indipendenza, consapevoli che ci sono cose che l’IA non può fare meglio di noi».
Dall’altra Incoronata Boccia, vicedirettore del Tg1, che tiene la sua bella lezione magistrale sui rischi del sistema, raccontando con l’ausilio di slides e di filmati quanto è accaduto in questi ultimi mesi nella sua redazione, che produce il giornale in assoluto più visto in Europa, e quando diventi oggi indispensabile stare attenti ad ogni tipo di messaggio video o sonoro che arriva sui social o dai social arriva poi nelle redazioni.
Bravissima, Incoronata Boccia dimostra – dati alla mano – «quanto rischioso sia fidarsi o affidarsi all’Intelligenza artificiale e con quanta determinazione le redazioni devo sapersi difendere da questi rischi così oggettivi e incontestabili». In sala cala il silenzio quando Incoronata Boccia racconta la vicenda del filmato, assolutamente falso, della collega Valentina Bisti che, dallo studio centrale del Tg1, annuncia la morte del famoso medico genovese Matteo Bassetti. Notizia assolutamente falsa che è riuscita a fare il giro del mondo perché in un attimo l’IA ha reso perfettamente reale, credibile e autentica. «Sembrava tutto autentico – ha sottolineato Boccia – ma era tutto creato dall’IA. Questo ci dice quanto serve un controllo severo sulle fonti e sui contenuti».
È il richiamo forte a un nuovo Umanesimo che Incoronata Boccia – come Gottlob – riconosce «necessario per evitare che la macchina si sostituisca completamente al lavoro dell’uomo».
A difesa di un uso responsabile dell’IA si è espresso il giornalista Andrea Bulgarelli, componente della Giunta esecutiva della Figec Cisal e promotore della “Carta di Trieste”, che ha ricordato come questo documento rappresenti un faro etico per chi lavora nell’informazione: «No al contenuto automatizzato spacciato per giornalismo – ha ammonito – sì alla trasparenza, al rispetto della privacy, del diritto d’autore e alla verifica rigorosa delle fonti».
«Attenzione. Andando avanti di questo passo – ha osservato Bulgarelli – bisognerà convincersi che una convivenza tra mondo del giornalismo e mondo degli algoritmi vada regolata sempre meglio e sempre di più. Non a caso, assieme all’associazione Studium Fidei presieduta da mons. Ettore Malnati, abbiamo dato vita, nel momento della nascita di Figec, alla Carta di Trieste sull’Intelligenza Artificiale, che altro non è che una sorta di vangelo moderno sul futuro delle nostre vite. Noi diciamo sì ad un uso attento dell’Intelligenza Artificiale, ma diciamo no quando qualcuno tenta di far passare il prodotto dell’IA come prodotto giornalistico libero e consapevole. Trasparenza, autorevolezza, competenza, libertà di pensiero, verifica delle fonti, rispetto del diritto d’autore e della privacy. Nessuno in futuro potrà più fare a meno di questi presupposti professionali per garantire un giornalismo di qualità, ed è quello che noi auspichiamo e vogliamo».
Sulla grande capacità operativa del sistema che genera Intelligenza Artificiale ha parlato a lungo il prof. Giuseppe Corasaniti, accademico di grande tradizione, che sul fronte della regolamentazione ha rilanciato: «Non tutti i mali vengono per nuocere, ma serve una disciplina rigorosa che salvaguardi il ruolo umano».
«Siamo un Paese arretrato – ha denunciato il grande esperto di etica e di informatica – e con l’Intelligenza Artificiale stiamo commettendo lo stesso errore che abbiamo fatto con l’informatica, tant’è che in Italia non abbiamo ancora completato la transizione digitale». In sintonia con Gottlob, Corasaniti ha sottolineato che «la chiave di tutto è il linguaggio, ovvero come funziona un modello di linguaggio. Si può, infatti, programmare una macchina traendo una serie di contenuti ulteriori usando dei software ma c’è un problema centrale: il concetto di dominio, che a livello informatico significa l’insieme di contenuti che hanno un significato proprio. Ma – si è chiesto Corasaniti – chi sono i titolari dei domini informativi? Gli ordini professionali, ovvero chi ha la possibilità di evitare gli abusi. Questa tecnologia, invece, ha spiazzato tutti. In Italia si discute ancora di regolamentazione quando bisognerebbe semplicemente attuare il Regolamento UE sull’IA n. 1689/2024. Il problema, insomma, è usare la tecnologia responsabilmente. L’Italia non rimanga indietro e tenenza, soprattutto, presente che l’IA traduce dall’inglese, quindi non va bene né per il giornalismo né per la giurisprudenza. Usare le tecnologie significa, soprattutto, usarle bene».
Un doveroso plauso è stato rivolto a Pierluigi Roesler Franz, figura storica del giornalismo italiano e membro della Giunta esecutiva della Figec Cisal, che ha esordito affermando: «La notizia è questa: domenica 2 giugno entra in vigore l’art. 19 del nuovo codice deontologico dei giornalisti: «Intelligenza Artificiale: Fermo restando l’uso consapevole delle nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale non può in alcun modo sostituire l’attività giornalistica.
Quando si avvale del contributo dell’intelligenza artificiale, la/il giornalista: a) ne rende esplicito l’utilizzo nella produzione e nella modifica di testi, immagini e sonori, di cui assume comunque la responsabilità e il controllo, specificando il tipo di contributo; b) verifica fonti e veridicità dei dati e delle informazioni utilizzati. In nessun caso il ricorso all’intelligenza artificiale può considerarsi esimente in tema di obblighi deontologici».
Nel suo intervento, Pierluigi Roesler Franz ha offerto una riflessione lucida e articolata sui pericoli e sui benefici che l’intelligenza artificiale rappresenta per il giornalismo contemporaneo, ribadendo i principi fondamentali di autonomia, responsabilità e vigilanza che devono guidare ogni evoluzione tecnologica nel nostro mestiere. Applausi a scena aperta per lui quando ha sottolineato l’importanza dell’«intelligenza artigianale» ricordando che, nel 2011, ritrovò in una cantina dell’Inpgi una lapide commemorativa di 83 giornalisti uccisi nella I Guerra Mondiale.
Ebbene, sette anni dopo il numero dei giornalisti salì a 267 e ci si è arrivati esclusivamente grazie all’uso dell’«intelligenza artigianale», ovvero alla ricerca dei nomi attraverso i documenti scritti a mano che, pur presenti nei siti internet, l’IA non conosce perché non riesce a leggere.
A me, Pino Nano, consigliere nazionale Figec Cisal, è toccato il compito inverso, quello cioè di «rappresentare le “ragioni della difesa” in un processo contro l’IA, e con l’aiuto di alcune slides ho provato a dimostrare quanto il suo uso, di cui io mi considero solo un semplice sperimentatore artigianale, possa alleggerire e favorire il nostro lavoro quotidiano di cronisti».
Insomma, sì all’uso “artigianale” dell’IA come strumento di supporto per il cronista, ma «attenzione a non diventare complici di un sistema che ci vuole fuori gioco».
Emozionante e profondo l’intervento di mons. Attilio Nostro, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, che ha fatto riecheggiare le parole di Papa Francesco nella Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: «L’IA può essere utile, ma attenzione al deepfake. Anche io ne sono stato vittima». Il monito è chiaro: «Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi o nutrire di libertà il proprio cuore», scandisce citando la nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana “Antiqua et nova”, elaborata dal Dicastero per la dottrina della fede e dal dicastero per la cultura e l’educazione della Santa Sede.
Mons. Nostro, teologo di altissimo carisma all’interno della Chiesa moderna, ha sottolineato che «l’uso dell’IA potrà contribuire positivamente nel campo della comunicazione se non annullerà il ruolo del giornalismo sul campo, ma al contrario lo affiancherà; se valorizzerà le professionalità della comunicazione, responsabilizzando ogni comunicatore; se restituirà ad ogni essere umano il ruolo di soggetto, con capacità critica, della comunicazione stessa».
Indimenticabili le parole di Papa Francesco in quel 12 maggio 2024: «Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore, senza il quale non si cresce nella sapienza».
Presenti, tra gli altri, i componenti della Giunta esecutiva Stefano Biolchini, Enzo Colimoro, Pierantonio Lutrelli e Giuseppe Mazzarino e i consiglieri nazionali Demetrio Crucitti, Maria Pia Farinella e Santo Strati, il corso ha, insomma, confermato quanto il sindacato Figec Cisal stia interpretando con forza e lungimiranza il cambiamento in atto, offrendo strumenti concreti di comprensione e formazione per affrontare, con intelligenza – e non solo artificiale – il domani dell’informazione.
Nel trarre le conclusioni, il presidente della Figec Cisal, Lorenzo Del Boca, per tre mandati consecutivi presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, ha infatti sottolineato l’attenzione e il religioso silenzio con cui sono stati seguiti i lavori dall’inizio alla fine:
«Questo conferma forse l’interesse per una materia che è ormai dentro ognuno di noi.
Ma guai a fidarsi dell’IA, che se da una parte apporterà i suoi grandi benefici, dall’altra, soprattutto nel nostro mondo, che è il mondo del giornalismo e della comunicazione produrrà guasti e danni incalcolabili e forse anche irreparabili. Guai a pensare che una macchina possa sostituirsi alle passioni e ai sentimenti che sono patrimonio unico del nostro essere uomini, e sarebbe un errore madornale pensare che la macchina possa fare tutto da sola. Il che vuol dire “stare in guardia” e fare di tutto perché la nostra dignità professionale non venga distrutta dagli algoritmi».
Insomma, ha concluso Del Boca, «guai a pensare che una macchina possa sostituire la passione e i sentimenti che rendono unico il nostro mestiere. Il giornalismo va difeso nella sua dignità, nella sua umanità, nella sua insostituibilità». (giornalistitalia.it)
Pino Nano
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