Il rapporto annuale di Rsf: la Norvegia è la più virtuosa, l’Italia si conferma al 41° posto

Giornalismo, una corsa ad ostacoli in oltre 130 Paesi

La cartina 2021 di Reporter Senza Frontiere: in rosso le aree più rischiose per i giornalisti

ROMA – “Principale vaccino contro la disinformazione”, il giornalismo è al momento ostacolato in più di 130 Paesi, avverte Reporter Senza Frontiere (RSF) nel suo rapporto annuale, con la pandemia a condizionare negativamente l’accesso alle notizie.
Il 73% dei 180 Paesi valutati dalla ong è caratterizzato da situazioni ritenute “gravissime”, “difficili” o “problematiche” per la professione.
Se questa quota di territori dipinti in nero, rosso o arancione sulla mappa del mondo rimane stabile rispetto all’anno scorso, solo 12 Paesi su 180, ovvero il 7%, contro l’8% del 2020, mostrano una “buona situazione”. Una “zona bianca” che “non è mai stata così ristretta dal 2013”, secondo Rsf.
La pandemia sembra aver esacerbato la repressione nei Paesi più “imbavagliati” come l’Arabia Saudita (al 170° posto) o la Siria (173esima), secondo l’ong, e ha “provocato un enorme blocco degli accessi” alle fonti per i giornalisti, “solo in parte giustificato da precauzioni sanitarie”.
La più “virtuosa” resta la Norvegia, che mantiene il primo posto per il quinto anno consecutivo davanti a Finlandia e Svezia, tornata terza a scapito della Danimarca (al 4° posto, -1). La Germania esce dalla “zona bianca” (13esima, -2) “perché decine di giornalisti sono stati attaccati da manifestanti vicini a movimenti estremisti e cospiratori durante le manifestazioni contro le restrizioni anti Covid”.
L’Europa rimane la regione più sicura, ma si sono moltiplicate, secondo Rsf, le aggressioni e gli arresti abusivi, soprattutto in Francia (34esima) durante le manifestazioni contro il disegno di legge “sicurezza globale”.
L’Italia si conferma al 41° posto. Dall’altra parte dell’Atlantico, la situazione rimane “piuttosto buona” negli Stati Uniti (44esima, +1) “anche se l’ultimo anno di mandato di Donald Trump è stato caratterizzato da un numero record di aggressioni (quasi 400) e arresti di giornalisti (130).
La “zona rossa” accoglie il Brasile, “dove il presidente Bolsonaro ha fatto del dileggio ai giornalisti il suo tratto distintivo” e ci rimane la Russia (150esima, -1) che si è adoperata per “limitare la copertura” delle “manifestazioni dei sostenitori di Alexeï Navali”.
Infine, se rimane il continente “più violento” per i giornalisti, l’Africa ha registrato qualche miglioramento in Burundi (147°posto, +13), Sierra Leone (75°, +10) e Mali (99°, +9). (ansa)

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