Il libro del giornalista piemontese è un atto d’amore verso i contadini della sua terra

Gianfranco Quaglia ci racconta la Gente di Riso

Gianfranco Quaglia a Novara

NOVARA – “Gente di riso” è il titolo del libro che Gianfranco Quaglia ha firmato e presentato a Novara, nel salone dell’Est Sesia, alla presenza di un pubblico interessato. La pubblicazione è edita da Decima Musa, inserita nella collana “Calliope” e in vendita a 16 euro. Centosettantacinque pagine e copertina in brossura. La prefazione è firmata da Bruno Gambarotta, icona del giornalismo subalpino per essere stato regista e sceneggiatore in Rai e autore di una quantità di pubblicazioni.
L’autore viene definito “cronista di razza” ma, forse, è un po’ riduttivo. Certo, Gianfranco Quaglia, piemontese di Novara, la sua vita professionale nel giornalismo, l’ha iniziata rincorrendo le notizie della quotidianità ma, cammin facendo, è approdato a La Stampa per ricoprire il ruolo di responsabile dei dorsi provinciali di Novara e Verbano-Cusio-Ossola: caposervizio e caporedattore.
La sua attenzione è sempre stata dedicata al mondo dell’agricoltura. Anche adesso, formalmente in pensione, è proprietario e direttore di un periodico on line – Agromagazine – che racconta il mondo del grano e della vite, della segale e dell’olio. Attualmente è il presidente del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte.
Le pagine del libro rappresentano un atto d’amore per i contadini di questo spicchio di terra – “mare a quadrettini” – fra le provincie di Novara, Vercelli e Pavia. Gente abituata da mille anni a stare piegata sulla terra per cavarne il necessario per mangiare. Secoli fa per la sopravvivenza individuale, da qualche decina di anni per una produzione industriale, lanciata alla conquistare il mondo.
L’inizio della storia è tenuto a battesimo da Leonardo da Vinci per, per primo, per conto del duca di Milano, ha immaginato una serie di lavori per irrigare queste zone. Poi Camillo Benso di Cavour che, la pianura padana occidentale, ha letteralmente scavato per ricavarne dei canali che, succhiando l’acqua dal fiume Sesia, potessero allagare le risaie. Ma, accanto a personaggi che la storia ha reso famosi, esiste una quantità di nomi e volti che non hanno segnato le epoche ma hanno bagnato di sudore le zolle di queste province. Il cavallante-capo che dava inizio ai lavori con lo schioccar della frusta; i prigionieri inglesi catturati durante il conflitto mondiale mandati ad aiutare i contadini; o le migliaia di mondine che arrivavano con le tradotte e che venivano pagate con mezzo chilo di riso per ogni giorno di lavoro.
A questa risaia è stato dedicato il film che ha avuto come protagonisti Vittorio Gassman e Silvana Mangano. Una storiaccia “amara” di ladri e truffatori, mescolati a onesti braccianti preoccupati soltanto di lavorare per dare da magiare ai figli.
Poi il periodo dei successi economici con chef disposti a trasformare l’antico piatto di riso con fagioli, lardo e foglie di verza – la paniscia – in una specialità gastronomica da propagandare nei cinque continenti.
E il futuro? Si stanno studiando incroci e varietà di chicchi per individuare i più resistenti e più dietetici.
Un tempo, la risaia era popolata di rane che venivano cacciate di notte, utilizzando le lampade di acetilene per disorientarle e consentirne la cattura. Adesso, i problemi vengono dalle zanzare ed esistono degli studi che propongono di combatterle non con agenti chimici, che sarebbero inquinanti, ma con pattuglie di pipistrelli. Il guano di questi animali (altro studio di laboratorio in corso) sarebbe un concime straordinario. (giornalistitalia.it)

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